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Papa Francesco: “Il futuro delle nostre società è un futuro a colori”

I "nazionalismi chiusi e aggressivi" e "l'individualismo radicale", specialmente in tempo di pandemia, frantumano il "noi", scrive Papa Francesco nel Messaggio per la Giornata mondiale del migrante e del rifugiato, in cui lancia un appello per una Chiesa "sempre più inclusiva", capace di abbattere muri e costruire ponti. Per sognare insieme "un futuro a colori"

(Foto Vatican Media/SIR)

“I fedeli cattolici sono chiamati a impegnarsi, ciascuno a partire dalla comunità in cui vive, affinché la Chiesa diventi sempre più inclusiva” e il nostro futuro sia davvero, quale dovrebbe essere, “un futuro a colori”. È l’appello del Papa, nel Messaggio per la 107ª Giornata mondiale del migrante e del rifugiato, che sarà celebrata domenica 26 settembre, sul tema: “Verso un noi sempre più grande”. “Dovunque si trovi, ogni battezzato è a pieno diritto membro della comunità ecclesiale locale, membro dell’unica Chiesa, abitante nell’unica casa, componente dell’unica famiglia”, il monito di Francesco.

“Oggi la Chiesa è chiamata a uscire per le strade delle periferie esistenziali per curare chi è ferito e cercare chi è smarrito, senza pregiudizi o paure, senza proselitismo, ma pronta ad allargare la sua tenda per accogliere tutti”, l’indicazione di rotta: “Tra gli abitanti delle periferie troveremo tanti migranti e rifugiati, sfollati e vittime di tratta, ai quali il Signore vuole sia manifestato il suo amore e annunciata la sua salvezza”.

In questa prospettiva, “i flussi migratori contemporanei costituiscono una nuova frontiera missionaria, un’occasione privilegiata di annunciare Gesù Cristo e il suo Vangelo senza muoversi dal proprio ambiente, di testimoniare concretamente la fede cristiana nella carità e nel profondo rispetto per altre espressioni religiose. L’incontro con migranti e rifugiati di altre confessioni e religioni è un terreno fecondo per lo sviluppo di un dialogo ecumenico e interreligioso sincero e arricchente”.

“Nei momenti di maggiore crisi, come ora per la pandemia, i nazionalismi chiusi e aggressivi e l’individualismo radicale sgretolano o dividono il noi, tanto nel mondo quanto all’interno della Chiesa”,

il grido d’allarme contenuto all’inizio del messaggio: “Il tempo presente ci mostra che il noi voluto da Dio è rotto e frammentato, ferito e sfigurato. E il prezzo più alto lo pagano coloro che più facilmente possono diventare gli altri: gli stranieri, i migranti, gli emarginati, che abitano le periferie esistenziali”. In realtà, ribadisce il Papa,

“siamo tutti sulla stessa barca e siamo chiamati a impegnarci perché non ci siano più muri che ci separano, non ci siano più gli altri, ma solo un noi, grande come l’intera umanità”.

Di qui il “duplice appello a camminare insieme verso a un noi sempre più grande”, rivolto “anzitutto ai fedeli cattolici e poi a tutti gli uomini e le donne del mondo”. Per i membri della Chiesa Cattolica, precisa Francesco, tale appello si traduce in un impegno ad “essere sempre più fedeli al loro essere cattolici”, ad “abbracciare tutti per fare comunione nella diversità, armonizzando le differenze senza mai imporre una uniformità che spersonalizza”.

“Il futuro delle nostre società è un futuro a colori,

arricchito dalla diversità e dalle relazioni interculturali”, la tesi del Papa: “Per questo dobbiamo imparare oggi a vivere insieme, in armonia e pace”. “A tutti gli uomini e le donne del mondo – si legge nel messaggio –  va il mio appello a camminare insieme verso un noi sempre più grande, a ricomporre la famiglia umana, per costruire assieme il nostro futuro di giustizia e di pace, assicurando che nessuno rimanga escluso”. L’immagine scelta è quella del giorno del “battesimo” della Chiesa a Pentecoste: “È l’ideale della nuova Gerusalemme – commenta Francesco – dove tutti i popoli si ritrovano uniti, in pace e concordia, celebrando la bontà di Dio e le meraviglie del creato”. “Ma per raggiungere questo ideale – puntualizza il Papa – dobbiamo impegnarci tutti per abbattere i muri che ci separano e costruire ponti che favoriscano la cultura dell’incontro, consapevoli dell’intima interconnessione che esiste tra noi”. In questa prospettiva, “le migrazioni contemporanee ci offrono l’opportunità di superare le nostre paure per lasciarci arricchire dalla diversità del dono di ciascuno. Allora, se lo vogliamo, possiamo trasformare le frontiere in luoghi privilegiati di incontro, dove può fiorire il miracolo di un noi sempre più grande”.

“Conservare e rendere ancora più bella la sua creazione”,

l’altro invito del messaggio. “Realizzare uno sviluppo più sostenibile, equilibrato e inclusivo”, sostiene Francesco, è “un impegno che non fa distinzione tra autoctoni e stranieri, tra residenti e ospiti”, affinché nessuno sia escluso dai benefici della creazione. “Siamo chiamati a sognare insieme”, conclude il Papa citando ancora una volta la profezia di Gioele: “Non dobbiamo aver paura di sognare e di farlo insieme come un’unica umanità, come compagni dello stesso viaggio, come figli e figlie di questa stessa terra che è la nostra casa comune, tutti sorelle e fratelli”.

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