This content is available in English

Papa all’udienza: “Non tolleriamo qualsiasi tipo di razzismo”

Dedicata alla figura di Abramo l'udienza del Papa, trasmessa in diretta streaming dalla biblioteca del Palazzo apostolico. Al termine, la preghiera per la morte di George Floyd e l'appello contro il razzismo e la violenza

(Foto Vatican Media/SIR)

“Non possiamo tollerare né chiudere gli occhi su qualsiasi tipo di razzismo o di esclusione e pretendere di difendere la sacralità di ogni vita umana”. E’ il monito di Papa Francesco al termine dell’udienza di oggi, in cui si rivolto ai “cari fratelli e sorelle degli Stati Uniti” pregando per la morte di George Floyd, l’afroamericano ucciso dalla polizia a Minneapolis. “Nello stesso tempo – ha proseguito – dobbiamo riconoscere che la violenza delle ultime notti è autodistruttiva e autolesionista”. Abramo è “il perfetto uomo di Dio”, l’esordio della catechesi trasmessa in diretta streaming dalla biblioteca del Palazzo apostolico e dedicata al primo patriarca, presente nelle grandi tradizioni spirituali ebraica, cristiana e islamica. Abramo, ha spiegato Francesco, è “l’uomo della Parola”, che agisce fidandosi di una promessa, di “una voce che lo sprona a sradicarsi dalla sua patria, dalle radici della sua famiglia, per andare verso un futuro nuovo, diverso”. “Ci vuole coraggio”, ma Abramo “si fida della parola di Dio”, e con questa sua partenza nasce un nuovo modo di concepire la relazione con Dio.

Con Abramo, “la vita del credente comincia a concepirsi come vocazione, cioè chiamata, come luogo dove si realizza una promessa; ed egli si muove nel mondo non tanto sotto il peso di un enigma, ma con la forza di quella promessa, che un giorno si realizzerà”. “E Abramo credette alla promessa di Dio, e andò ‘senza sapere dove andava’”,  commenta il Papa citando a braccio la Lettera agli ebrei: “ma si fidò”.

“Nella vita di Abramo la fede si fa storia”, anzi “Abramo con la sua vita, il suo esempio ci insegna questo cammino, questa strada nella quale la fede si fa storia”.

“Dio non è più visto solo nei fenomeni cosmici, come un Dio lontano, che può incutere terrore”: il Dio di Abramo diventa “il mio Dio, il Dio della mia storia personale, che guida i miei passi, che non mi abbandona; il Dio dei miei giorni, il compagno delle mie avventure; il Dio Provvidenza”. “Io mi domando e vi domando”, la domanda fuori testo: “Noi abbiamo questa esperienza di Dio, il mio Dio, il Dio che mi accompagna, il Dio della mia storia personale, il Dio che guida i miei passi, il Dio che non mi abbandona, il Dio dei miei giorni? Abbiamo questa esperienza? Pensiamoci in po’”.

Il nostro Dio “non è il Dio astratto o il Dio cosmico: è il Dio di una persona, il Dio di una chiamata, il Dio di Abramo, di Isacco, di Giacobbe, il Dio che è certezza, che è sentimento, che è gioia”. Questa esperienza di Abramo viene testimoniata anche da uno dei testi più originali della storia della spiritualità: il Memoriale di Blaise Pascal, che comincia così: “Dio di Abramo, Dio di Isacco, Dio di Giacobbe, non dei filosofi e dei sapienti. Certezza, certezza. Sentimento. Gioia. Pace. Dio di Gesù Cristo”. “Questo memoriale, scritto su una piccola pergamena, e trovato dopo la sua morte cucito all’interno di un vestito del filosofo, esprime non una riflessione intellettuale che un uomo sapiente come lui può concepire su Dio, ma esprime il senso vivo, sperimentato, della sua presenza”, osserva il Papa: “Pascal annota perfino il momento preciso in cui sentì quella realtà, avendola finalmente incontrata: la sera del 23 novembre 1654”.

Il Dio di Abramo è “un Dio sorprendente”, ma fedele alla promessa di Dio “fino alla prova suprema”, quella in cui Dio gli chiede di sacrificare il suo unico figlio: “Qui Abramo vive la fede come un dramma, come un camminare a tentoni nella notte, sotto un cielo questa volta privo di stelle. E tante volte succede anche a noi di camminare nel buio, ma con la fede”.

“Impariamo da Abramo a pregare con fede”, la consegna finale: “ascoltare, camminare, dialogare fino a discutere”. “Non abbiamo paura di discutere con Dio”, l’invito: anche arrabbiarsi con Dio “é una forma di preghiera, perché solo un figlio è capace di arrabbiarsi con il papà e poi rincontrarlo. Impariamo ad essere sempre disposti ad accogliere la parola di Dio e a metterla in pratica. Impariamo a parlare con Dio come un figlio con il suo papà: ascoltarlo, rispondere, discutere, ma trasparente, come un figlio col papà. Così ci insegna Abramo a pregare”.

Altri articoli in Chiesa

Chiesa