Contro la pandemia responsabilità e sobrietà

Ce lo avevano detto durante l’estate quando a qualcuno la pandemia sembrava quasi superata: “Stiamo attenti, con l’arrivo dell’autunno, il virus riprenderà a girare”. E così è stato. I numeri dei contagi sono in salita ovunque nel mondo. Il 12 ottobre negli Usa se ne sono contati 45.791, in Spagna 27.856, in Gran Bretagna 13.972, in Russia 13.592, in Francia 8.505, in Brasile 8.429, in Germania 4.803. In Italia 4.619. Un mese prima, il 12 settembre nel nostro Paese erano 1.501. Ma non basta avere il numero dei contagi giornalieri per capire cosa sta accadendo.

foto SIR/Marco Calvarese

Ce lo avevano detto durante l’estate quando a qualcuno la pandemia sembrava quasi superata: “Stiamo attenti, con l’arrivo dell’autunno, il virus riprenderà a girare”. E così è stato. I numeri dei contagi sono in salita ovunque nel mondo. Il 12 ottobre negli Usa se ne sono contati 45.791, in Spagna 27.856, in Gran Bretagna 13.972, in Russia 13.592, in Francia 8.505, in Brasile 8.429, in Germania 4.803. In Italia 4.619. Un mese prima, il 12 settembre nel nostro Paese erano 1.501. Ma non basta avere il numero dei contagi giornalieri per capire cosa sta accadendo. Anzi questi numeri da soli dicono poco e possono addirittura essere fuorvianti. Per questo è bene essere consapevoli delle cifre che si stanno leggendo. E’ fondamentale per difendersi dalla infodemia, ovvero la circolazione di una quantità eccessiva di informazioni spesso non vagliate che disorientano più che aiutare a comprendere.
I numeri a cui ci siamo riferiti confermano che il virus sta correndo, ma non ci dicono quanto grave è la situazione. Il totale dei contagi va, infatti, rapportato alla popolazione (1.000 nuovi casi in Svizzera o negli Stati Uniti non hanno lo stesso peso) e poi bisogna considerare quanti sono i ricoverati e quanti di questi sono nelle terapie intensive. Il crescere del numero dei contagi preoccupa soprattutto per questo, perché può mettere sotto stress il sistema sanitario fino al punto di rischiare il collasso, come era avvenuto nei mesi di marzo e aprile.
Anche da questo punto di vista la seconda ondata è diversa dalla prima e ottobre non dovrebbe (il condizionale è comunque d’obbligo) essere uguale allo scorso marzo.
Oggi sotto il profilo scientifico si sanno molte più cose di sette mesi fa. Il coronavirus ha perso virulenza. Dal punto di vista sanitario siamo più pronti di ieri. Le strutture, a partire dalle terapie intensive, sono state rafforzate. Oggi si fanno molti più esami che consentono di individuare i positivi per tempo evitando così, in molti casi, il ricorso al ricovero. Il 12 ottobre, in Italia, i ricoverati con sintomi, a fronte dei ricordati 4.619 positivi, sono stati 302, 32 in terapia intensiva (per un totale di 452), 3.355 in isolamento domiciliare. Il 12 marzo i positivi al virus erano invece 12.839 di cui 6.650 ricoverati, in terapia intensiva 1.153, mentre 5.036 erano in isolamento domiciliare.
La situazione, come si vede, è molto diversa e appare sotto controllo. Almeno per ora. Ma non ci possiamo permettere che il virus scappi di mano e ci sia un secondo lockdown.
Per questo il Dpcm firmato il 13 ottobre dal Presidente del Consiglio Giuseppe Conte e dal Ministro della Salute Roberto Speranza ha il significato di un forte invito alla responsabilità personale e alla prudenza per tutelare sé stessi e gli altri. Sia chiaro: fare festa è uno dei modi sacrosanti per dire che la vita è bella, che è piacevole stare con gli altri, che le giornate possono anche avere dei momenti di leggerezza. In questo senso la restrizione alle feste private e alla movida, il contingentamento ai festeggiamenti per matrimoni o battesimi è qualcosa di innaturale che si giustifica solo con una situazione straordinaria che richiede un surplus di responsabilità. Dalla prima ondata abbiamo imparato quanto importante sia sentirsi comunità, parte di uno stesso destino e abbiamo visto che noi italiani sappiamo essere affidabili. Lo sforzo quindi di portare le mascherine al chiuso e all’aperto ci costa, ma ha senso in questa prospettiva.
Sappiamo che abbiamo di fronte ancora dei mesi di fatica. Insieme ce la possiamo fare. Ai politici ci permettiamo di chiedere una cosa: un po’ di sobrietà. Qualche conferenza stampa in meno e uno sforzo in più perché possiamo superare questa prova con una maggiore coesione nazionale, anche della politica.

(*) direttore “La voce dei Berici” (Vicenza)

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