“Questo Giubileo consegna alla storia l’immagine della Chiesa cattolica come una madre buona che ha fede in Dio e guarda al mondo con compassione e speranza”. Lo ha affermato ieri nell’omelia della messa di chiusura del Giubileo ordinario mons. Giorgio Ferretti, arcivescovo metropolita di Foggia-Bovino. Ha fatto dunque riferimento alla “Chiesa di questa terra, raffigurata oggi da questa cattedrale metropolitana, piena di sacerdoti e popolo di Dio, professanti la medesima fede, zelanti della medesima carità, associati nella medesima comunione di preghiera, e – ciò ch’è meraviglioso – tutti desiderosi d’una cosa sola, di offrire se stessi, come Cristo nostro Maestro e Signore, per la vita della Chiesa e per la salvezza del mondo”. “Che cosa, dunque, l’Anno santo sia stato, che cosa abbia operato sarebbe il tema naturale di questa finale meditazione. Ma io vorrei soffermarmi solo su alcuni punti principali. Innanzitutto – ha detto il vescovo – sento che abbiamo vissuto una rinnovata unità della Chiesa attorno a Cristo Signore e Salvatore degli uomini. Lo abbiamo dimostrato anche noi della Chiesa di Foggia Bovino nel nostro pellegrinaggio a Roma. Eravamo tanti, uniti, allegri. Abbiamo attraversato la porta santa pregando per la pace nel mondo, per la nostra Chiesa e per Papa Francesco, che malato ha guidato la barca della Chiesa fino al suo ultimo respiro. […] In quest’anno ci siamo sentiti uniti tra noi e solidali con la nostra terra e con i suoi abitanti. Solidali con i poveri, i migranti, chi vive per strada, chi è anziano, malato, carcerato. Abbiamo allargato le braccia della nostra accoglienza e siamo usciti per strada la sera, siamo andati nei ghetti dei migranti che sono la vergogna della nostra provincia. Abbiamo aperto le porte delle nostre parrocchie e realtà ecclesiali all’accoglienza”.
“Ci siamo sentiti solidali con gli uomini di questa terra e la sua storia. Abbiamo pregato e operato perché ci fosse più solidarietà, lavoro, acqua per l’agricoltura, legalità. Crediamo in questa porzione di Italia dove il Signore ci ha posto; la amiamo, non la vogliamo lasciare. Qui vogliamo vivere, vogliamo lavorare per promuoverla, svilupparla, vogliamo che prosperi nella giustizia. Qui ci sentiamo fratelli con ogni uomo, ogni donna, in particolare sentiamo ogni giovane, nostro figlio”. “Noi vogliamo farci prossimi di ogni uomo, di ogni donna. Come il buon Samaritano, con compassione, vogliamo chinarci sulle ferite che tutti hanno nel cuore o nel corpo e con l’unguento dell’amicizia, sanare, con la parola del Vangelo curare, salvare”. “Ora guardiamo avanti, al tempo che viene, senza timore, saldi nella fede, certi nella speranza, fratelli di tutti nella carità”.