Giubileo 2025: mons. Nerbini (Prato), “portiamo l’annuncio della speranza cristiana nelle Rsa, negli hospice, in carcere e a chi vive nella solitudine e ai margini”

(Foto diocesi di Prato)

“Oggi si chiude l’Anno Santo ma certamente non ha termine l’annuncio della speranza cristiana; anzi, abbiamo compreso meglio che l’uomo non può vivere di solo pane, né di sole speranze intraterrene. Carissimi, nella misura in cui ci siamo nutriti della speranza che viene da Cristo, siamo chiamati ad accenderla dove per più motivi questa si è spenta”. Lo ha affermato ieri il vescovo di Prato, mons. Giovanni Nerbini, nell’omelia pronunciata durante la celebrazione eucaristica che ha presieduto in cattedrale per la chiusura del Giubileo in diocesi.
Il presule ha elencato alcuni ambienti, da lui visitati durante l’Anno giubilare, nei quali occorre continuare a essere presenti “con dolcezza, rispetto e retta coscienza”: si tratta delle Rsa e degli hospice, del carcere (“dove agli errori gravi compiuti nella vita si aggiunge l’umiliazione di una condizione frustrante, mortificata dalle condizioni ambientali che ostacolano ogni possibile riscatto della persona”). Occorre continuare a portare speranza “agli uomini e alle donne della porta accanto che nella solitudine non colgono più il valore e il senso della propria esistenza” e ai giovani “che ci fanno vedere di avere bisogno di una speranza diversa, quando appaiono inquieti, scontenti, e lanciano messaggi disperati attraverso gesti di autolesionismo”.
La conclusione del Giubileo è stata celebrata nella domenica della festa della Sacra Famiglia; per questo mons. Nerbini ha rivolto un pensiero “a quelle famiglie e a quei popoli messi ai margini di una società nella quale c’è solo spazio per quanti hanno mezzi per garantirsi una esistenza accettabile”. A questo proposito il vescovo ha fatto riferimento “ai campi profughi disseminati nel mondo che più volte vediamo in tv, dove si vive in condizioni drammatiche e sub umane. Non accada mai – ha osservato – di farci complici del rifiuto delle famiglie che scappano da situazioni impossibili e cercano, anche nel nostro Paese, una sistemazione dignitosa”.

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