“Il Giubileo che oggi si conclude non è stato una parentesi ecclesiale, né una sospensione dalla vita reale, ma un tempo favorevole nel quale il Signore ha educato il nostro sguardo a riconoscere le ferite senza rassegnazione e i segni della speranza anche quando sono fragili”. Lo ha affermato sabato sera il vescovo di Castellaneta, mons. Sabino Iannuzzi, presiedendo nella chiesa parrocchiale del Cuore Immacolato di Maria la celebrazione eucaristica con cui si è concluso a livello diocesano l’Anno santo. Riprendendo il motto biblico “Spes non confundit”, il presule ha ricordato che la speranza cristiana non è evasione, ma “forza che permette di abitare la realtà senza esserne schiacciati”.
Nella cornice liturgica della festa della Santa Famiglia, il vescovo ha indicato in Giuseppe, uomo giusto e silenzioso, l’icona del “pellegrino di speranza”: “Non colui che comprende tutto, ma chi – ha spiegato – si alza nella notte e compie il passo possibile, affidandosi alla Parola di Dio”. Una speranza, ha sottolineato, che si traduce in responsabilità concreta, soprattutto nella custodia della vita fragile, nella cura delle relazioni familiari e sociali, nell’attenzione ai poveri, agli anziani, ai malati e a quanti sono privati della libertà. Mons. Iannuzzi si è soffermato anche sul tema della pace, intesa non come sentimento astratto ma come scelta quotidiana di riconciliazione, di linguaggi disarmati e di relazioni sanate: “Il Giubileo ci consegna una pace da costruire ogni giorno, nel perdono che costa, nella pazienza che sa attendere, nel dialogo che rifiuta la violenza delle parole”. Nel concludere l’omelia, il vescovo ha affidato alla Chiesa diocesana una consegna chiara: tornare a Nazaret, luogo della fedeltà quotidiana, perché “l’evento giubilare diventi stile di vita”. “Il Giubileo termina – ha ammonito – ma la strada continua: custodire la speranza nella vita ordinaria, camminando insieme come popolo di Dio”.