Card. Reina: “comincia un tempo nuovo per la nostra diocesi”

Il card. Reina ha chiuso la Porta Santa della Basilica di San Giovanni in Laterano. Al centro dell'omelia, l'appello a far diventare presenza l'assenza, "in un mondo che ha perso la speranza".

Roma, 27 dicembre 2025. Il card. Baldo Reina procede alla chiusura della Porta Santa di San Giovanni in Laterano.

“Possiamo professare la nostra fede senza preoccuparci di quanti, per i pesi che devono portare, per il dolore che patiscono, per le ingiustizie che subiscono, non riescono a vedere altro che una tomba vuota, il segno più acuto dell’ assenza?”. A chiederselo è stato il card. Baldo Reina, vicario generale del Papa per la diocesi di Roma, nell’omelia della messa per la chiusura della Porta Santa della Basilica di San Giovanni in Laterano, madre e capo di tutte le chiese. In comunione con quanto avviene nelle diocesi di tutto il mondo, come stabilito da Papa Francesco nella Bolla di indizione del Giubileo della speranza, “Spes non confundit”, la celebrazione di chiusura dell’anno giubilare della diocesi del Papa è proseguita con la messa. Presenti, oltre ai cardinali, ai vescovi, al clero romano e a centinaia di fedeli, anche le autorità cittadine, tra cui il sindaco di Roma, Roberto Gualtieri, e il prefetto Lamberto Giannini. Il rito odierno anticipa quello della chiusura della Porta Santa della Basilica di San Pietro, che sarà presieduta da Leone XIV il 6 gennaio prossimo e segnerà la conclusione ufficiale dell’anno giubilare, che ha visto confluire nella Capitale oltre 32 milioni di pellegrini e turisti.

La sorpresa della tomba vuota. Al centro dell’omelia, la domanda che unisce la corsa di Maria di Magdala e di Pietro: “La tomba è vuota, dove cercarlo?”. “Non è stata forse questa la domanda dei tantissimi pellegrini venuti nostra città durante l’Anno Santo?”, ha osservato il cardinale: “Non è questa la domanda di tanti che vorrebbero incontrare Gesù nella loro vita: Dove cercare il Signore?”. La sorpresa, per tutti, è quella di trovare il Figlio di Dio in una posizione “marginale”, “in una stalla”. “Cosa significa questa sorpresa per la nostra diocesi?”, la domanda di Reina. “Io stesso – la risposta – mi sento custode della possibilità che questa sorpresa trovi spazio nel nostro annunciare il Vangelo, trovi dimora nelle nostre comunità, trovi corpo nel nostro essere ministri della misericordia di Dio, trovi il suo inveramento in una città in cui molti hanno perso la speranza”.

Far diventare presenza le assenze. Di qui la denuncia di una serie di assenze di cui farsi carico, facendole diventare al contrario presenze: “L’assenza di solidarietà nel divario tra periferia e centro; l’assenza di attenzione alle miserie economiche ed esistenziali; l’assenza di fraternità in cui ci rassegniamo anche nel presbiterio a rimanere soli o a lasciarci da soli; l’assenza in cui le famiglie si disperdono, i legami si infragiliscono, le generazioni si oppongono, le dipendenze diventano catene; l’assenza a volte di giustizia, che non risponde all’altissima vocazione della politica di rimuovere gli ostacoli perché ognuno possa trovare uguale opportunità per realizzarsi, dare forma propri sogni, dare sostanza propria dignità con lavoro e giusti salari, avere una casa, essere difeso e curato nelle proprie fragilità; l’assenza di visione e pensiero in tempi in cui le passioni si sono intristite, i giudizi diventano sommari, le informazioni hanno  perso il contatto la ricerca della verità e la cultura non ha più maestri credibili;

l’assenza di pace, in un mondo in cui prevale la logica del più forte; l’assenza di profezia, che rischia di rendere muto Dio”.

Missionari della trasfigurazione. “Dobbiamo essere missionari della trasfigurazione in tutti i luoghi sociali ed esistenziali”, la consegna finale: “Dobbiamo, in nome dell’amicizia, poter trasfigurare le nostre relazioni, liberare il volto nascosto del nostro Salvatore che nella sua morte ha vinto la morte”, ha spiegato Reina, secondo il quale “è questa la speranza che ha mosso tantissimi pellegrini che hanno lasciato sulle nostre strade le impronte dei passi gravati dai pesi che premevano nel loro cuore. Hanno attraversato la Porta Santa per trovare colui che stavano cercando.

La porta della nostra cattedrale ha impresse le carezze di tutti quelli che sono passati a cercare misericordia, a volte con tante lacrime, portando il peso delle loro sofferenze e delle persone che portavano nel cuore”. “Noi che ci professiamo credenti siamo nella genealogia di quelli che hanno udito, visto, toccato il Verbo della vita”,

ha ricordato il cardinale: “Quello che abbiamo udito, visto e toccato lo dovremmo annunciare manifestando la presenza nell’assenza, contrastando ogni inerzia perché si possa incontrare il Signore. Un annuncio che alle parole unisce il gesto, coinvolge tutti i sensi trasfigurando la nostra città”.

Un tempo nuovo per la diocesi. Infine il bilancio dell’anno giubilare, che “ci lascia un sentimento diffuso della prossimità del Dio delle sorprese”. “E se ora chiudiamo la Porta – ha assicurato il vicario del Papa prolungando il messaggio di speranza che ha caratterizzato questo Giubileo ordinario – sappiamo che

il Risorto passa attraverso le porte chiuse e non si stanca bussare alle nostre porte, per offrirci e trovare misericordia.

Perché anche lui la cerca. Infatti ci ha detto dell’ultima sorpresa, che sarà quando alla fine saremo giudicati sull’amore, sulla misericordia, sul bicchiere d’acqua a a chi ha sete, sul boccone di pane a chi ha fame, sulla vicinanza a chi è in carcere o malato, sul vestire chi è nudo, sull’accogliere chi è straniero o profugo. Facendolo al più piccolo dei nostri fratelli, lo avremo fatto a lui. Quanta speranza c’è in questo Riconoscerci fratelli tuti, includendo anche coloro che riteniamo nemici”.

“Comincia un tempo nuovo per la nostra diocesi”,

ha concluso il porporato: “Uniamo le nostre preghiere e le nostre forze risorse per essere luogo che rivela la presenza del Signore, che testimonia la sua prossimità divenendo prossimi gli uni agli altri, senza dimenticarci di nessuno, proprio di nessuno, come fa il Buon pastore”. “Il Santo Padre, il 19 settembre scorso, all’apertura dell’anno pastorale ci ha richiamati con forza alla responsabilità”, ha ricordato Reina rilanciando il suo appello: “Ci aiuti San Giovanni evangelista nella profezia di una storia nuova possibile, in cui tutto è capovolto”.

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