Custodi o predatori?

Nel 1989 il 1° settembre è stato proclamato Giornata per la salvaguardia del Creato, su proposta del patriarca ecumenico Dimitrios I. Papa Francesco ha lasciato in eredità il tema “Semi di pace e di speranza”, rilanciato da papa Leone XIV. Il nesso tra guerra e devastazione ambientale resta al centro del messaggio ecumenico.

Che il 1° settembre sia stato proclamato nel 1989 Giornata per la salvaguardia del Creato e sia anche una tragica data della storia che iniziò, con l’invasione della Polonia da parte delle truppe di Hitler nel 1939, la 2ª guerra mondiale è solo una coincidenza; ma certamente molto significativa e ammonitrice. Fu, infatti, il patriarca ecumenico di Costantinopoli Dimitrios I a lanciare per primo la proposta di una Giornata dedicata espressamente alla riflessione, alla preghiera e all’impegno per salvaguardare il Creato cogliendo l’occasione, nello stesso primo giorno di settembre, dell’inizio dell’anno ecclesiastico ortodosso che evoca e celebra appunto l’evento della Creazione. Con piena adesione poi il Consiglio Ecumenico delle Chiese cristiane ha prolungato l’intenzione proponendo il “Tempo del Creato” per circa un mese, fino al 4 ottobre ricorrenza di S. Francesco d’Assisi, tra i più grandi amanti e cantori della natura. Il tema della “salvaguardia del Creato”, insieme a quelli della pace e della giustizia, fu al centro di vari incontri ecumenici fra le Chiese cristiane, cui partecipò sempre con convinzione anche la Chiesa cattolica. E, data importante non solo per noi, nel 2015, dieci anni fa, il pontefice che aveva scelto per nome proprio quello del santo di Assisi pubblicò l’enciclica “Laudato si'”, fondamentale, non solo per i credenti, nella prospettiva di un’ecologia integrale. Papa Francesco volle lasciarci in eredità il tema di quest’anno “Semi di pace e di speranza” in sintonia con l’anno giubilare, raccolto da papa Leone XIV che ha elaborato e inviato il 30 giugno scorso a tutti i credenti e a tutti gli uomini il suo messaggio di pace e di speranza. Di fatto, il modo più consono per “salvaguardare”, anzi “custodire” il Creato, questa grande casa in cui abitiamo, è quello di vivere in pace costruendola ogni giorno, nel rispetto integrale della natura e delle persone; mentre il modo peggiore per distruggere il Creato, la Terra, ma anche l’aria, l’acqua, l’atmosfera, il cosmo nel suo insieme e l’umanità che vi abita, è appunto la guerra: quella tremenda consuetudine che non sembra interrompersi, da sempre, nei rapporti tra gli uomini e tra i popoli con l’illusione di accaparrare per sé nuove terre e nuovi beni, incorrendo invece nella tragica realtà di distruggerli per gli altri e, alla fine, anche per sé e per tutti. E’ quello che constatiamo, per l’ennesima volta, in questi nostri anni, segnati da una lunga guerra fratricida nel cuore dell’Europa, che pure aveva conosciuto lunghi decenni di “pausa” fruttuosa; come pure da quella rinnovata guerra nella Terra che fu di Gesù e che purtroppo da molti secoli, e ora da svariati decenni ormai, sembra non conoscere vere “pause”. Ma è quello che constatiamo nelle altre decine di conflitti che insanguinano i popoli e distruggono città e regioni, creando il deserto dove prima pulsava la vita dell’umanità e del Creato. Il primo, urgente e indifferibile impegno per salvaguardare il Creato è, dunque, proprio quello di pregare e operare per una vera pace nella giustizia. Si va concludendo un’estate in cui abbiamo sperato – o ci siamo illusi – che qualcosa potesse cambiare almeno in quelle due guerre che più ci assillano, in Ucraina e in Palestina. Chiudevo l’ultimo editoriale, nell’ultimo numero di agosto, con l’augurio che questa stagione fosse “fruttuosa di speranza e di serenità, e foriera di pace per il mondo intero”; e sembrava che ciò stesse per avvenire in qualche modo. Qualche guerra nel mondo ha conosciuto qualche stop e qualche pausa; ma quelle più brucianti continuano a imperversare per la protervia dei capi che le guidano, sordi ad ogni richiamo dei popoli e della loro coscienza. Addirittura a Gaza si fa strada il progetto di un’occupazione totale o persino quello di trasformare la Striscia in un grande “resort di lusso” scacciandone gli abitanti. Ed in Ucraina le incursioni sulle città e sui civili, anziché affievolirsi quale pur debole segnale di embrionale volontà di pace, si infittiscono! Suscita, per altro, sempre sconcerto il fatto che si moltiplicano in Occidente le manifestazioni “ProPal”, raccogliendo l’adesione di folle sempre maggiori, ma tra l’incapacità, l’ignavia o la complicità dei governanti; mentre nessuna piazza si riempie di proteste contro l’aggressione brutale e permanente dello “zar” nei riguardi di un popolo martoriato, tra la presa di posizione ferma degli stati europei e l’incertezza ondivaga (e la complicità con l’amico del Cremlino) del presidente americano. Ora Putin, spalleggiandosi tra Cina e India, nel suo dialogo di martedì con il presidente slovacco Robert Fico ribadisce la sua narrazione scaricando le colpe sull’Occidente, ma sembra aprire a concessioni sulla “sicurezza” dell’Ucraina e sulla sua eventuale adesione all’Ue (ma non sia mai alla Nato!). Intanto centinaia di migliaia di uomini vengono mandati al macello per pochi kmq di terra da ghermire e mettere in saccoccia in vista di ipotetici negoziati il più vantaggiosi possibile. Territori e uomini massacrati, qui e altrove, dalla violenza e dall’avidità dell’uomo, che dimentica il compito assegnatogli da Dio, appunto quello della custodia

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