Diocesi: Commissione pastorale sociale di Adria-Rovigo su chiusura Progetto Sai, “la buona politica non parla alla pancia dei cittadini ma favorisce l’integrazione”

“La buona politica non parla alla pancia dei cittadini, non alimenta le paure ma progetta interventi ed azioni volte a favorire l’integrazione. La buona politica non demolisce progetti ed azioni d’ integrazione che ben funzionano e che danno lavoro anche a diversi polesani”. È quanto scrive in un comunicato diffuso oggi la Commissione della diocesi di Adria-Rovigo per la pastorale sociale e del lavoro, in merito alla decisione presa dalla Giunta comunale di Rovigo di uscire dal progetto Sai, attivo in città da oltre vent’anni. La Giunta ha revocato la delibera con la quale si rinnovava, ampliandolo con un accordo con i Comuni di Adria e Badia Polesine, il Sai, il Sistema di accoglienza e integrazione per richiedenti asilo e rifugiati, che pur con una diversa denominazione andava avanti dal 2001. Attualmente le persone seguite dal progetto erano 30, 25 ospitate a Rovigo e 5 ad Adria, e la nuova delibera intendeva portare a 60 il numero complessivo anche per fronteggiare l’incremento dei flussi dall’Ucraina.
“A partire dall’imprescindibile, pieno rispetto delle regole da parte di tutti e di ciascuno – scrive la Commissione diocesana -, crediamo che una città sicura sia quella in cui nessuno è costretto a bivaccare di notte o di giorno in ragione di fragilità dalle mille declinazioni (psicologiche, relazionali, economiche etc), in cui nelle aree di aggregazione giovanile, accanto alle forze dell’ordine, ci sono, a supporto dei giovani, educatori di strada formati a intercettare e mediare i conflitti reali o potenziali”. “Una città è sicura quando, guardando il giovane straniero che ci passa accanto, vediamo in lui il lavoratore che permette alla nostra economia di progredire e non un potenziale delinquente”. Da qui un appello alla “politica”: “La buona politica ha un udito raffinato e la capacità di tornare sui propri passi quando questi non sono a misura dello sviluppo della comunità che è chiamata a servire”.

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