“Al centro del vostro ministero ci sono i fratelli e le sorelle: il loro bene spirituale, la loro fame di speranza, il loro bisogno di ascolto e di vicinanza”. Così il Papa, nel suo discorso rivolto al clero della Corsica prima dell’Angelus nella cattedrale di Santa Maria Assunta ad Ajaccio, ha sintetizzato la vocazione dei consacrati ad avere cura degli altri. “Trovare, nel contesto di oggi, le vie pastorali più efficaci per l’evangelizzazione”, l’altro invito di Francesco, che ma messo in guardia dalle “lamentazioni”: “Non abbiate paura di cambiare, di rivedere i vecchi schemi, di rinnovare i linguaggi della fede, imparando allo stesso tempo che la missione non è questione di strategie umane”. Avere cura degli altri, per il Papa, significa avere cura “di chi attende la Parola di Gesù, di chi si è allontanato da lui, di coloro che hanno bisogno di orientamento o di consolazione per le loro sofferenze. Prendersi cura di tutti, nella formazione e soprattutto nell’incontro. Incontrare le persone, là dove vivono e lavorano, in ogni circostanza”. “E’ brutto trovare un prete dal cuore amareggiato”, ha aggiunto a braccio: “Per favore, fermatevi davanti alle lamentele, alle invidie, l’invidia è un vizio giallo”. Sì invece “al senso dell’umorismo, alla semplicità evangelica”. “Mi viene in mente- ha raccontato – in mente un santo prete giovane, morto di cancro qualche tempo fa, che diceva: ‘Tante volte ho voglia di chiedere la finestra con mattoni, perché la gente viene a qualsiasi ora’. Il prete col cuore aperto a tutti, senza fare distinzioni. Perdonate tutto, perdonate sempre: non torturare la gente nel confessionale. Io mai non ho dato l’assoluzione. Non dimenticatevi di piangere”.