Striscia di Gaza: Pizzaballa, “Qui abbiamo le nostre radici e qui resteremo”

Le prime ore del card. Pizzaballa, patriarca latino di Gerusalemme, raccontate dal parroco della parrocchia della Sacra Famiglia di Gaza, padre Romanelli. Il cardinale resterà nella Striscia fino a domani, domenica 21 dicembre, per celebrare il Natale con la piccola parrocchia dove sono ospitati oltre 400 rifugiati

(Foto Latin Patriarchate)

Il card. Pierbattista Pizzaballa, patriarca latino di Gerusalemme, è arrivato ieri a Gaza, dove rimarrà fino a domani, 21 dicembre, per celebrare il Natale con la piccola parrocchia della Sacra Famiglia, guidata dal parroco, padre Gabriel Romanelli, che attualmente ospita oltre 400 rifugiati cristiani. In un video, girato ieri, padre Romanelli racconta l’accoglienza al patriarca e le sue prime ore con i fedeli. Il patriarca è accompagnato dal Vicario generale patriarcale, mons. William Shomali, da padre Marcelo Gallardo, Segretario Generale dell’Assemblea degli Ordinari di Terra Santa, e da padre David Meli, Cancelliere del Patriarcato. Con loro anche due religiose venute ad aiutare la parrocchia.

(Foto Latin Patriarchate)

Aiuti umanitari essenziali. “È stato molto difficile entrare – esordisce padre Romanelli – a causa del traffico e delle formalità burocratiche. Le strade sono in pessime condizioni ma abbiamo visto molti tir fermi in strada. Un buon segno perché significa che stavano aspettando di portare merci”. Tuttavia, precisa il parroco, “la maggior parte di quei beni sono destinati ai commercianti, per la vendita. Non sono, cioè, aiuti umanitari. Dobbiamo continuare a pregare, affinché gli aiuti umanitari arrivino. Al mercato si vedono più prodotti alcuni prezzi sono scesi, ma la maggior parte delle persone non ha i mezzi per comprarli. Pertanto, gli aiuti umanitari sono essenziali per la stragrande maggioranza dei 2.300.000 abitanti”.

“Ricostruiremo le case”.  Nel video padre Romanelli racconta un’“accoglienza splendida al patriarca da parte di tutti i gruppi parrocchiali, dei sacerdoti, delle suore, dei bambini, dei malati, degli anziani, dei membri del Comitato di emergenza, dei rifugiati e della scuola. C’erano tutti gli studenti, sia cristiani che musulmani, con i loro insegnanti anche musulmani e tutti erano molto felici. È stata la prima festa che la scuola ha potuto organizzare dopo oltre due anni di guerra”. I primi momenti in parrocchia il card. Pizzaballa li ha trascorsi in chiesa, in preghiera, davanti al Santissimo, per poi dedicarsi ai saluti e ad assistere a canti e balli tradizionali preparati dai più giovani. Le sue prime parole sono state: “Ricostruiremo le case, le scuole, le nostre vite.

Qui abbiamo le nostre radici e qui resteremo.

Qui, a Gaza, vogliamo essere un punto di riferimento stabile e solido. In questo mare di distruzione vogliamo essere coloro a cui guardare per comprendere che cosa significa ricostruire”.

(Foto Lpj.org)

La visita ai greco-ortodossi. Un appuntamento importante della prima giornata a Gaza del patriarca è stata la visita alla vicina parrocchia greco-ortodossa di San Porfirio, anch’essa rifugio per tanti rifugiati cristiani, e l’incontro con il patriarca Alessio e il parroco, padre Silas. Subito dopo il card. Pizzaballa si è recato in ospedale a salutare una donna della comunità cristiana, Esther, madre di una famiglia molto numerosa e nonna, da poco operata. La messa serale, racconta ancora padre Romanelli, “è stata celebrata da mons. Shomali e offerta in ricordo di Nahida Khalil Anton e della figlia Samar Kamal Anton, uccise da cecchini israeliani due anni fa. Abbiamo distribuito del pane benedetto che qui chiamiamo ‘pane delle lacrime’ che serve a consolare i familiari dei defunti. La fine della giornata è scivolata via tra incontri, dialoghi con i rifugiati e rifugiate che hanno consegnato nelle mani del patriarca Pizzaballa le loro preoccupazioni e il loro dolore”.

Il desiderio di tutti i gazawi continua a essere la pace: “alla fine della messa studenti cristiani e musulmani, insieme al patriarca, hanno fatto volare due colombe in segno di pace. Cristo viene a portarci la pace – conclude padre Romanelli -. Impegniamoci a diffondere questo messaggio potendo contare sull’intercessione della Madonna”.

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