Europa fragile e in declino nella strategia Usa di Trump. Possieri: “Serve un’anima politica per reagire”

La nuova strategia di sicurezza nazionale degli Stati Uniti descrive un’Europa debole, segnata da declino economico, pressione migratoria e crisi identitaria. Andrea Possieri analizza le implicazioni culturali e politiche di questa visione americana, sottolineando la necessità di un’anima politica per rilanciare sovranità, responsabilità e ruolo globale del continente

(Foto ANSA/SIR)

La nuova National Security Strategy degli Stati Uniti descrive l’Europa come un continente esposto a declino economico, pressione migratoria e rischi di “erosione civile”. Il documento sollecita gli Stati europei a rafforzare sovranità, identità e responsabilità strategica in un quadro instabile. Andrea Possieri, docente di storia contemporanea all’Università degli Studi di Perugia, analizza le implicazioni politiche e culturali di questa lettura americana per il futuro del continente e per il rapporto transatlantico.

(Foto SIR)

Nel documento statunitense di strategia nazionale emerge una lettura severa dell’Europa, fino a evocare il rischio di una “cancellazione della civiltà europea”. Che cosa indica questa espressione e quale idea di Europa trasmette il nuovo corso americano?
Quelle parole hanno suscitato sconcerto ma sono l’evoluzione di quanto affermato da James D. Vance a Monaco nel 2025. Più che una rottura con l’Europa, emerge una critica durissima all’Unione europea. Il riferimento ai valori è una presa di distanza dall’Europa tecnocratica e dall’egemonia progressista nel discorso pubblico.

Si auspica il ritorno a un’Europa delle patrie, a dispetto dell’Europa di Bruxelles.

Quali elementi nuovi introduce la NSS rispetto a queste critiche già note?
L’idea non è nuova, ma oggi assume due forme inedite: viene formalizzata in un documento politico statunitense con tratti nazional-sovranisti, centrato su sicurezza, identità culturale e un forte culto della leadership; inoltre, in nome della stabilità tra Europa e Russia, si accompagna a una sostanziale legittimazione dell’operato di Putin in Ucraina. A quella terra serve pace, ma una pace giusta.

Il documento contrappone un’Europa delle patrie all’integrazione sovranazionale. Che idea di Unione europea emerge?
L’NSS mostra sfiducia verso l’integrazione europea sviluppatasi dagli anni Novanta. L’accento sulla sovranità nazionale suggerisce una preferenza per un’Europa composta da Stati forti e meno per un’unione politica. È un’impostazione che ridimensiona il ruolo dell’Unione europea nei processi decisionali e mette in discussione la sovranità condivisa.

La National Security Strategy 2025

Il documento propone una visione centrata sulla sovranità nazionale, sulla sicurezza dei confini e sul rafforzamento industriale. L’Europa è descritta come vulnerabile sul piano economico e demografico, con il rischio di “erosione civile”. La strategia chiede agli Stati europei maggiore responsabilità nella sicurezza e indica come priorità una rapida stabilizzazione del conflitto ucraino. Forte attenzione anche alla competizione con la Cina e alla protezione delle filiere strategiche.

L’impianto “America First” ridisegna i rapporti transatlantici. La tradizione del cattolicesimo democratico può offrire criteri utili?
Quella stagione è stata feconda per l’Italia e per l’Europa, pur non essendo riproponibile. Molte intuizioni restano attuali. De Gasperi richiamava la “Patria Europa” come argine agli eccessi nazionalistici.

Le difficoltà che impedirono una vera Europa politica negli anni Cinquanta si ripresentano oggi.

Nonostante lo sconcerto per le parole americane e l’allarme provocato dalla Russia, non emergono forti capacità politico-culturali per un’autonomia strategica europea. Conservo però una speranza nelle generazioni cresciute dopo il 1989, più libere dalle pastoie ideologiche del Novecento: giovani pragmatici che possono contribuire a un nuovo patto fondato su solidarietà, dialogo e reciproco rispetto, come ricordava Montini.

Trump parla di migranti come “erosione civile”. Come si concilia questa narrazione con la visione cristiana dell’ospitalità?
Non si concilia. Il mondo cattolico ha sempre unito dignità umana, accoglienza e legalità. Oggi, invece, l’atteggiamento verso i migranti è spesso condizionato da visioni ideologiche o emotive e da scarsa conoscenza del fenomeno. Il discorso pubblico è segnato da due fattori: da un lato,

la critica dell’immigrazione è diventata una risorsa simbolica a fini elettorali, leggendo i flussi come minaccia all’ordine pubblico e all’identità etnica;

dall’altro, politiche migratorie poco efficaci hanno generato problemi nelle periferie, alimentando insicurezza e ostilità. Il nodo del futuro sarà l’integrazione, dunque la cittadinanza.

Se il rapporto transatlantico si indebolisse, quali spazi resterebbero all’Europa come mediatrice globale?
Per proporre una “terza via”, l’Europa deve essere un attore politico a tutti gli effetti. L’integrazione economico-istituzionale non è più sufficiente. Servirebbe un sussulto d’anima, altrimenti si rischia l’irrilevanza. Questo momento potrebbe favorire una nuova proposta politica, ma è necessaria una volontà dal basso che lavori, per esempio, a un’Assemblea costituente dell’Europa. Le difficoltà sono molte, ma il mutamento nasce solo dalla politica. L’unico modo per reagire al declino è prendere l’iniziativa, recuperando il progetto dei padri fondatori per un’Europa unita e solidale, modellata non dalla paura ma dalla responsabilità.

Altri articoli in Mondo

Mondo