Scintilla di speranza

La "scintilla di speranza" - così definita da papa Leone XIV - sprizzata grazie all'inizio dell'accordo in Palestina attende di accendersi e ampliare i suoi effetti per creare davvero una pace durevole. Ma il cammino sarà lungo...

La “scintilla di speranza” – così definita da papa Leone XIV – sprizzata grazie all’inizio dell’accordo in Palestina attende di accendersi e ampliare i suoi effetti per creare davvero una pace durevole. Ma il cammino sarà lungo… Intanto, bisogna riconoscere l’efficacia tempestiva dell’intervento a gamba tesa del presidente degli Stati Uniti sia nei riguardi dei terroristi di Hamas che verso l’amico Netanyahu, cercando e trovando vasta collaborazione tra i Paesi arabi. Anche se la firma in Egitto è stata contornata da un trionfalismo fin troppo ottimista, dati i numerosi punti del “piano” ancora da affrontare (in questi giorni riprende il dialogo tra i contendenti attraverso gli abili e pazienti mediatori; ma, ahimè, mancano ancora troppe salme!…), sta di fatto che, per il momento, il cessate il fuoco regge e tutti sembrano tirare finalmente un respiro di sollievo, oltre all’esultanza del momento, comune ad ambedue le “parti”, in quella zona martoriata. Non proprio tutti, a dire il vero, poiché i combattenti di Hamas hanno già ripreso le armi (che a quanto pare ben difficilmente abbandoneranno…) per regolare subito i conti con i numerosi nemici interni. Un gran problema anche quello della pacificazione tra gli stessi palestinesi, oltre a quello di una “conciliazione” tra palestinesi e israeliani, pressoché impossibile in tempi brevi, dato il radicamento – potremmo dire “innervamento” – dell’organizzazione terroristica principale in tutta la popolazione, tanto da faticare a distinguere, ad ogni livello, chi l’appoggia e chi le si oppone o se ne distanzia; senza dire dell’acredine maturata nel cuore della gente contro chi – complici certo i terroristi – li ha bombardati e affamati senza pietà per due anni (superando “non soltanto criteri di proporzionalità, ma anche i confini di umanità”, come ha sottolineato il presidente Mattarella martedì nell’incontro con il papa). Trump, con le sue tergiversazioni e con il suo metodo spesso incomprensibile, ha ottenuto dei risultati importanti. Certamente non si può definire “isolazionista”, ma, come qualcuno ha precisato, il suo è piuttosto un atteggiamento ispirato ad un “opportunismo realista”. Sa bene anche lui, comunque, che, se potrà magari un giorno ottenere il Nobel per la pace, come aspira da sempre, gli sarà difficile però meritare il Paradiso – come ha affermato con una battuta non proprio ingenua: del resto, i suoi obiettivi sono sempre stati piuttosto “materiali” (affari compresi, anche in Medioriente) più che “spirituali”; ma gli auguriamo di arrivare anche oltre: potrebbe essere utile per lui e per tutti… Alla cerimonia grandiosa della “firma” a Sharm el-Sheikh, tra gli invitati c’era anche Giorgia Meloni, un segnale certamente significativo sul ruolo attribuito all’Italia (a parte i complimenti fuori luogo del presidente americano sulla bellezza della leader italiana…). Chissà se le opposizioni hanno apprezzato questo coinvolgimento o se se ne sono rammaricate: lo spirito di partito (o di fazione) a volte prevale anche sull’amor di patria. Non possiamo parlare di Palestina senza accennare anche all’Ucraina, dove si continua a combattere, distruggere, uccidere. Questo dovrebbe essere il capitolo che il presidente americano ha da leggere meglio e da approfondire. Mentre lo zar prosegue, incomprensibilmente impunemente, con la sua campagna di distruzione e di morte e Zelensky cerca un difficile equilibrio tra blandire, sollecitare e sfidare in primis the Donald ma anche gli altri “alleati” che sembrano appoggiarlo spesso solo a parole, l’opinione pubblica si è già piuttosto raffreddata, in una sorta di assuefazione alle notizie sempre più tragiche che arrivano dal cuore dell’Europa ferita come non mai da questo conflitto e purtroppo anche divisa a causa delle quinte colonne (Ungheria e Slovacchia, ma non solo) che tramano contro decisioni importanti per premere ulteriormente sull’orso russo perché molli la presa. Si avvicina l’inverno e il disegno di Putin è fin troppo scoperto: costringere al freddo e al buio tutta l’Ucraina perché la gente ceda e faccia cedere i suoi capi. Kiev sta accentuando le risposte, sperando anche nei nuovi missili americani a lunga gittata (che però tardano ad arrivare) colpendo basi e fonti energetiche che supportano l’armata rossa. Ma la logica delle armi, per quanto potenti e sofisticate (l’Ucraina è diventata maestra ormai sulla fabbricazione e sull’uso dei droni), non potrà risolvere né questa, né altre situazioni di conflitto. C’è un suggerimento di papa Leone ispirato alle parole stesse di Gesù, che – per quanto lasci perplessi sulla reale possibilità di realizzazione – potrebbe aprire prospettive diverse per tutti: “Metti via la spada”. Chissà quando si riuscirà, tutti insieme! Questa però potrebbe essere davvero la strada per il Paradiso anche per Trump e perfino per Putin…

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