La “Lista di Zuppi”: come la lista di Schindler, ma per chi non tornerà più

Non è stato un gesto di parte. È stato un atto universale. Una denuncia rivolta a tutti: basta uccidere bambini. Basta renderli invisibili. L’elenco di nomi letto dal presidente della Cei tra i ruderi della chiesa di Casaglia, a Monte Sole di Marzabotto, ci sbatte in faccia l’altra verità: perdere una vita è come perdere l’intera umanità. Perderne migliaia significa precipitare in un buio che somiglia troppo a quello che pensavamo di aver lasciato nel secolo scorso

(Foto ANSA/SIR)

C’è un silenzio che non è assenza di suono, ma presenza assordante di memoria e dolore.
Tra i ruderi della chiesa di Casaglia, a Monte Sole di Marzabotto, non è arrivato il brusio di una cerimonia, ma il peso. Il peso della storia e quello del presente. Qui, nel 1944, la furia nazifascista massacrò tanti civili tra cui molti bambini. E qui il cardinale Matteo Maria Zuppi ha compiuto un gesto destinato a restare inciso nella memoria di questo Paese: ha letto una lista.

Non una lista qualunque. 12.227 nomi di bambini uccisi. Palestinesi e israeliani. Di questi, 12.211 palestinesi sterminati nei bombardamenti su Gaza. Nome dopo nome, voce ferma, per ore. Perché non uno doveva mancare.

Impossibile non pensare alla lista di Schindler: lì i nomi servivano a salvare vite. Qui servono a impedirne la cancellazione. Schindler scriveva per strappare alla morte; Zuppi legge per strappare all’oblio. Due gesti distanti ottant’anni, uniti da un’idea: un nome è una persona, e ogni persona è un mondo.
Zuppi ha detto: “Se non ci fermiamo nemmeno davanti a loro…”. Loro: i bambini. L’ultimo confine dell’umanità. Se non ci arrestiamo davanti ai corpi piccoli e immobili, davanti a madri che stringono i figli senza respiro, vuol dire che siamo già oltre il limite della civiltà.
In quella chiesa, ogni nome è stato un pugno allo stomaco. Non statistiche, non “danni collaterali”. Solo nomi. Ognuno pronunciato intero, con la dignità che la violenza ha cercato di negare.

Non è stato un gesto di parte. È stato un atto universale.

Una denuncia rivolta a tutti: basta uccidere bambini. Basta renderli invisibili.
Schindler ci insegnò che salvare una vita è salvare il mondo intero. La “Lista di Zuppi” ci sbatte in faccia l’altra verità: perderne una è come perdere l’intera umanità. Perderne migliaia significa precipitare in un buio che somiglia troppo a quello che pensavamo di aver lasciato nel secolo scorso.
In un’epoca che brucia le notizie in pochi secondi, fermarsi per ore a leggere nomi è un atto di resistenza. Resistenza alla dimenticanza, all’assuefazione, alla normalizzazione dell’orrore.
A Monte Sole, per un giorno, i bambini del 1944 e quelli di oggi hanno condiviso lo stesso spazio sacro. E il loro silenzio, amplificato dalla voce di un cardinale, ci ha lasciato una domanda che non possiamo ignorare: quando impareremo a fermarci?
Forse, quel giorno, li sentiremo tornare: nei giochi dei nostri figli, nei sorrisi che non tremano più, nel rumore leggero di un mondo che, finalmente, avrà scelto di proteggere ogni bambino. Li ritroveremo nei cortili assolati e nelle strade sicure, nei libri di scuola che parleranno di pace e non di guerre. Li riconosceremo nelle risate senza paura, nei sogni raccontati a voce alta, nelle mani sporche di terra e non di sangue. E capiremo, allora, che pronunciare i loro nomi non era solo ricordarli, ma prepararci a un tempo in cui nessun altro nome dovrà essere letto in silenzio davanti a un altare.

 

(*) preside della Facoltà di Scienze politiche, Sociologia, Comunicazione della Sapienza – Università di Roma

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