Storiche feste nazionali e libere democrazie

Il mese di luglio celebra le rivoluzioni americana e francese, simboli di libertà e democrazia. Ma oggi l’Occidente vive una crisi interna, segnata da stanchezza verso la partecipazione democratica e derive autoritarie. Serve riscoprire i principi universali e cristiani di giustizia, fraternità e libertà che fondarono quelle rivoluzioni.

Questo mese di luglio è caratterizzato, tra l’altro, da due date importanti nelle quali due grandi democrazie moderne d’occidente celebrano la loro “festa nazionale”. Il 4 luglio scorso negli Stati Uniti d’America l'”Independence Day”, il “Giorno dell’Indipendenza” (purtroppo funestato dalla tragedia del Texas), in ricordo della firma, anzi della approvazione e pubblicazione, della Dichiarazione d’indipendenza dal Regno di Gran Bretagna nel 1776, frutto della “rivoluzione americana”; il prossimo 14, a soli dieci giorni di distanza, la festa nazionale francese in ricordo dell’emblematica “Presa della Bastiglia” nel 1789, evento culminante della “rivoluzione francese”. Si è soliti far risalire a questi due eventi l’inizio di una nuova era di libertà e di democrazia, che ha segnato non solo il mondo occidentale ma ispirato un po’ tutti i popoli aspiranti all’indipendenza, da una parte, o alla piena libertà dall’altra. A dire il vero, le due grandi nazioni – quella americana, agli inizi, molto in embrione con soli 13 stati e poi via via in evoluzione fino al raggiungimento dei 50 nel 1959, quando le Hawaii furono ammesse come 50º stato (non parliamo dell’assurda pretesa trumpiana odierna del 51°, il ben autonomo Canada!), e quella francese soggetta a non poche traversie, cadute clamorose e riprese orgogliose – hanno origini, sviluppi e storie diversissime. Ma le accomuna la ricerca di libertà e potremmo aggiungervi anche gli ideali comuni di uguaglianza e fraternità, ufficializzati formalmente nella trilogia “rivoluzionaria” che, millantandone la fonte nell’Illuminismo, in realtà si rifaceva agli ideali pienamente cristiani di cui, volente o nolente, era impregnata l’Europa. La data storica francese – celebrata come “festa nazionale” – è segnata da inaudite violenze e spietate esecuzioni; ma se ne decanta ovviamente l’aspirazione libertaria, insita in quei moti di popolo, contro l'”ancien régime”. Quella americana segna l’esito di una “separazione legale” delle colonie d’oltreoceano dal dominio inglese attraverso la redazione congressuale di un documento che non ammetteva repliche e che avrebbe dettato il futuro di quei popoli, che sarebbero diventati un unico e ben solido popolo, per quanto variegato, pur tra tensioni e ingiustizie non piccole verso i nativi o tra bianchi e neri o verso gli stuoli di immigrati. Anche la Francia ebbe a che fare con vicende drammatiche interne e con tragiche tensioni coloniali, in contraddizione con i suoi stessi principi “rivoluzionari”, tensioni e conflitti che in parte perdurano o comunque si prolungano negli strascichi postcoloniali di ripulsa e di rifiuto del suo dominio o della sua tutela e nelle incongruenze di un’accoglienza interna indiscriminata. Ma indubbiamente queste due grandi nazioni restano ispiratrici dei grandi valori, appunto di libertà e democrazia, che caratterizzano il “nostro” mondo occidentale – insieme, si dovrebbe aggiungere, alla nazione inglese, che, guidata da “teste coronate”, ha avuto ed ha molto da insegnare in giro per il mondo (a cui ha dettato persino la sua lingua come “universale”), essa pure però bacata da un mega-colonialismo che ai nostri occhi oggi apparirebbe ingiustificabile. Ebbene, oggi assistiamo a una crisi evidente di questo “nostro” mondo e di quelli che riteniamo i suoi “valori”: che per altro non sono sempre ben definiti e identificabili, tanto che a volte appaiono addirittura contraddittori, come quando si contrappongono diritti individuali e bene comune, tutela della vita o “diritto” alla morte, ecc.. E la crisi proviene proprio dall’interno di questo mondo occidentale, poiché assistiamo ad una sorta di diffuso rifiuto dei principi democratici su cui si fondano le strutture statuali o le organizzazioni sovranazionali. Si percepisce una certa stanchezza nei riguardi dello stesso esercizio delle libertà democratiche e della partecipazione attiva alla vita sociale e comunitaria, con emergenti nostalgie verso poteri autoritari che, con la loro rapidità ed efficacia, sembrano aver più successo rispetto alle lentezze imposte dalle pratiche democratiche; mentre passano sotto silenzio o vengono messe tra parentesi le evidenti pratiche demagogiche, oppressive, illiberali e dittatoriali che caratterizzano a loro volta quei regimi. Come se ne potrà uscire? Sarebbe necessaria una presa di coscienza autentica da parte di ciascuno, come anche da parte di gruppi e della società nel suo insieme, riscoprendo la vera identità e le esigenze intrinseche e universali che stavano alla base di quelle grandi “rivoluzioni” di fine Settecento, ma ancor prima della grande “rivoluzione” cristiana, che – al di là di ogni riduzionismo – reca ancora in sé (come anche il mondo si accorge guardando al papa) tutta la vitalità che proviene da principi fondamentali quali amore, giustizia, fratellanza, uguaglianza, perdono, ricerca della verità, libertà interiore ed esteriore…

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