Donald Trump non sembra essere una persona dal sorriso facile. Dall’insediamento alla Casa Bianca avvenuto a gennaio (e nei mesi precedenti la situazione non era molto diversa) l’uomo più potente della Terra è quasi sempre stato ritratto nelle occasioni ufficiali con un’espressione seriosa, se non ingrugnita, arrabbiata. Sia che l’occasione fosse la firma di ordini presidenziali esecutivi sia che fosse l’incontro con qualche dignitario in visita.
Probabilmente, Trump non pensa di avere molti validi motivi per sorridere. Peraltro, tanti capi di Stato e di governo proprio grazie a lui e alle sue decisioni oggi hanno ancor meno stimoli al sorriso. Eppure si sforzano di mantenerlo comunque sulle labbra quando esercitano le proprie funzioni pubbliche.
Nei rapporti interpersonali il sorriso (quello vero, che coinvolge anche lo sguardo), accompagnato dalla gentilezza, è uno dei migliori strumenti per stemperare le tensioni, per sdrammatizzare, per aprirsi al dialogo.
Vale a ogni livello: dal confronto politico agli incontri nei nostri ambienti quotidiani. Provare per credere. Forse non è sbagliato diffidare di chi non sorride.
(*) direttore “La Vita casalese”

