“Si tratta di una questione molto grave e che dovrà essere valutata anche alla luce dei prossimi sviluppi. Certamente arrestare il sindaco di Istanbul rappresenta un gesto politico molto grave ancorché tutto questo sia avvenuto per decisione della Magistratura che dovrà spiegare meglio in che cosa consistono queste accuse”. Così Carlo Marsili, già ambasciatore di Italia in Turchia dal 2004 al 2010 e attualmente presidente dell’associazione “Italia – Turchia”, commenta l’arresto del sindaco di Istanbul e rappresentante di punta del partito di opposizione Chp, Ekrem Imamoglu, che ha scatenato un’ondata di proteste di piazza in diverse città turche con arresti di manifestanti da parte della polizia. Imamoglu, in un messaggio ai suoi sostenitori, parla di “accuse immorali e prive di fondamenta” e di “prove fabbricate ad arte per imbastire l’inchiesta e che mirano a colpire la mia reputazione e credibilità. Quanto sta accadendo nuoce all’immagine della Turchia sul piano internazionale, toglie alla gente la fiducia nella giustizia e colpisce l’economia”.

(Foto AFP/SIR)
“Ciò che sappiamo – spiega Marsili che è anche presidente onorario dell’Unione dei Consoli Onorari e Senior Fellow del Think tank “Nodo di Gordio” – è che del duplice ramo di accuse fatte contro il sindaco Imamoglu, uno riguarda una serie di attività di corruzione che avrebbero coinvolto il sindaco ed altri esponenti del suo partito, compresi tre sindaci di quartieri di Istanbul, anch’essi arrestati. L’altro ramo riguardava l’accusa di fiancheggiamento al terrorismo che però è caduta. Accusa di fiancheggiamento in quanto Imamoglu ha ricevuto, nelle ultime elezioni amministrative che l’hanno visto vincitore a Istanbul, i voti di grandissima parte dell’elettorato curdo e soprattutto il sostegno, anche se non esplicitamente aperto, del Partito democratico dei popoli di ispirazione curda. Un partito presente in Parlamento e che ha tutto il diritto di sostenere chi vuole”.
Ieri Imamoglu ha ottenuto, alle elezioni primarie del Chp, l’investitura come candidato alla presidenza alle elezioni del 2028. Vista l’affluenza enorme alle urne, si può parlare di risposta all’arresto?
Le elezioni primarie che non si erano mai verificate in Turchia hanno visto un’affluenza straordinaria alle urne di circa 15 milioni di persone, praticamente più di un quarto dell’intero elettorato, che hanno confermato la loro fiducia in Imamoglu. Al momento la situazione è in qualche modo sospesa. Da un lato continuano le manifestazioni di protesta, dall’altro la Magistratura reitera le accuse al sindaco.
Alla luce di quanto accade si può parlare di rischio di deriva autocratica, di Turchia al bivio?
Il problema della Turchia è che è sempre al bivio ed è sempre ai confini tra democrazia e autocrazia. Il giorno delle elezioni in Turchia è un giorno di libertà. Io ho assistito a numerose elezioni nel Paese posso assicurare che avvengono liberamente. Ciò non significa che ci sia tutta una serie di strette che noi, dal punto di vista di una democrazia evoluta come può essere la nostra, consideriamo autoritarie e che consistono nell’avere, da parte del governo, un’enorme prevalenza negli organi di informazione come stampa e tv, per non dire un controllo molto stringente degli organismi pubblici e delle Istituzioni. Quindi l’opposizione deve lavorare sempre in maniera molto cauta. Però poi il giorno delle elezioni è un giorno libero. Dire adesso come si svilupperanno le cose nel Paese non è facile. La Turchia non è un Paese dove si fanno le rivoluzioni pubbliche. Ci sono stati colpi di Stato ma la violenza continuativa io non la non la prevedo in tutto questo. Ritengo che la questione delle accuse andrà avanti e che quindi si arriverà a un processo e vedremo come verrà orientato.
C’è un altro aspetto di cui si parla poco. Mi riferisco alla decisione del Senato accademico di Istanbul, assunta il 18 marzo, il giorno prima dell’arresto, di annullare il diploma di laurea del sindaco a causa di presunte irregolarità. Un dato apparentemente privo di significato ma che invece potrebbe avere un enorme peso politico. Quale?
Sì. Il Senato ha riscontrato una serie di inesattezze. Se ne è accorto dopo un lungo periodo di tempo ma è un dato di fatto. È qualcosa di grave ed è molto importante perché per la legge turca non ci si può candidare alla Presidenza della Repubblica senza un titolo di laurea. Ora, se questa decisione del Senato accademico non venisse ribaltata non ci sarebbe nemmeno più bisogno di una condanna di Imamoglu per impedirgli di presentarsi alle prossime elezioni presidenziali del 2028. Come si vede c’è un concentrato di ‘attività’ contro un candidato che fino a questo momento era ritenuto l’unico in grado di poter battere Erdogan alle prossime elezioni ma che molto probabilmente si terranno prima. A questo punto però le cose si potrebbero anche rivoltarsi contro Erdogan: voglio dire che se anche Imamoglu fosse costretto, per tutte queste vicende che lo vedono coinvolto, a non presentarsi, potrebbero esserci altri candidati in grado di batterlo ugualmente, penso all’attuale leader del partito di opposizione Chp, Ozgur Ozel, oppure al sindaco di Ankara, Mansour Yavas, anche lui del Chp.

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Erdogan è al potere da 22 anni e, secondo vari analisti, starebbe cercando un modo per aggirare il limite dei tre mandati e ricandidarsi così per un quarto nel 2028, modificando la Costituzione. Ma in caso di voto anticipato potrebbe ricandidarsi?
Secondo la Costituzione presidenziale turca attualmente in vigore, il Presidente è sottoposto al limite dei tre mandati. Erdogan non potrebbe ripresentarsi nel 2028. Però, sempre secondo la costituzione turca, se ci fossero le elezioni anticipate potrebbe farlo. Quindi tutti ritengono che voglia anticipare le elezioni. Per fare questo la strada maestra potrebbe essere quella di un voto parlamentare dove però occorre una certa maggioranza qualificata. Per modificare la Costituzione occorre una maggioranza ancora più ampia. Erdogan, in questo momento, non è in grado di modificare la Costituzione con i voti che ha in Parlamento. Però l’anticipo delle elezioni potrebbe essere possibile.
Che impatto ha avuto l’arresto di Imamoglu sul piano economico considerando che l’economia turca è già traballante?
Con tutte queste manifestazioni di piazza la lira turca ha perso molto potere e sul piano economico la situazione si aggrava. Per molte famiglie in Turchia è diventato difficile se non impossibile talvolta arrivare alla fine del mese. Il popolo turco è molto resistenze, non si lamenta e va avanti senza particolari problemi. Tuttavia, è difficile dire fino a quando potrà essere sostenibile una situazione di questo genere. Rimediare non sarà facile.
Queste tensioni, che stanno provocando una forte instabilità interna in Turchia, arrivano in un momento complesso sul piano internazionale. La Turchia è un Paese ‘diplomaticamente’ presente in conflitti in corso, come quello tra Russia e Ucraina e in aree tormentate come il Medio Oriente. Inoltre, vanta il secondo esercito permanente più grande della Nato di cui fa parte…
Questa situazione, comunque andrà avanti, sta creando una fortissima instabilità all’interno del paese. Di contro una Turchia ‘stabile’ sul fronte interno avrebbe riflessi molto significativi soprattutto nell’attuale situazione internazionale che è densa di nubi dappertutto. Penso alla guerra russo-ucraina, al conflitto in Medio Oriente e alle fibrillazioni in seno alla Nato. In questo contesto la Turchia potrebbe svolgere un ruolo di grande rilievo. Ma va anche ricordato che la Turchia è sempre stata divisa in due: tra chi è pro e contro Erdogan. Una divisione come possiamo trovarne anche negli Stati Uniti e in altri paesi, ma che in Turchia è profondamente sentita. Non c’è dialogo tra le parti, di nessun tipo, e questo significa che la Turchia è destinata a una perenne forma di instabilità. Naturalmente è una stabilità controllata e che ha avuto poche risultanze negative sul piano internazionale, anzi. La politica estera della Turchia in questi ultimi anni è stata relativamente equilibrata. Il problema è che questa instabilità rischia di diventare sempre più forte e questo è un vero peccato.

