Giubileo del volontariato: tra i bambini della baraccopoli di Vrygrond per “muovere il bene”. La storia di Benedetta e di Efg.

Vrygrond è una baraccopoli di Città del Capo, in Sud Africa, abitata quasi esclusivamente da cittadini ‘non-bianchi’. È qui, tra degrado e sporcizia, che Educate For Good, progetto nato nel 2016 per iniziativa di Sofia Scibelli, ha voluto impiantare un asilo gratuito che oggi ospita circa 50 bambini tra i 2 e i 6 anni, provenienti da famiglie in situazioni di povertà, con dipendenza da alcol e droghe, malattie e criminalità. Ed è qui che ha svolto la sua opera di volontariato Benedetta Ardizzone, 25 anni, studentessa di International Relations, all’Università di Bologna. In vista del Giubileo del mondo del Volontariato (8 e 9 marzo) abbiamo incontrato Benedetta alla quale abbiamo chiesto di raccontare la sua esperienza a Vrygrond.

Benedetta con i bambini dell'asilo di Vrygrond, Cape Town (Foto Efg)

Vrygrond, township di Città del Capo, in Sudafrica, è una baraccopoli abitata quasi esclusivamente da cittadini ‘non-bianchi’, sovraffollata, priva di servizi come acqua, fognature e smaltimento di rifiuti. La gente che vi abita è in larghissima parte disoccupata. È qui, tra degrado e sporcizia, che Educate For Good (Efg –https://www.educateforgood.org/#/) – progetto nato nel 2016 per iniziativa di Sofia Scibelli – ha voluto impiantare un asilo gratuito che oggi ospita circa 50 bambini tra i 2 e i 6 anni, provenienti da famiglie in situazioni di povertà, con dipendenza da alcol e droghe, malattie e criminalità. Lo scopo? Offrire un futuro migliore ai bambini garantendo loro un diritto che spesso viene dato per scontato, quello all’istruzione. Da nove anni, Efg collabora con il personale locale nella gestione della struttura e raccoglie fondi per garantirne la continuità. Ed è qui che ha svolto la sua opera di volontariato Benedetta Ardizzone, 25 anni, laureata in Scienze Internazionali e Diplomatiche a Forlì e attualmente frequentante la magistrale in International Relations, all’Università di Bologna. In vista del Giubileo del mondo del volontariato, che avrà luogo l’8 e il 9 marzo in Vaticano, e al quale sono invitati i volontari di ogni associazione e ong, abbiamo incontrato Benedetta a margine dell’evento “Il Volontariato in contesti di vulnerabilità: un viaggio dall’Italia al Sud Africa”, svoltosi il 1° marzo a Subiaco (Roma) per iniziativa di Efg e della Comunità di Sant’Egidio con il patrocinio del Comune locale.

Come nasce questa tua esperienza di volontariato, quali motivazioni  ti hanno spinto ad impegnarti in questo ambito?
Sono stata sempre una persona molto sensibile, di quelle che non si capacitano della sofferenza che c’è nel mondo. Per questo ho sempre voluto aiutare chi era nel bisogno. La mia esperienza nel mondo del volontariato inizia cinque anni fa quando studiavo all’università a Forlì. Subito dopo il lockdown del 2020 ho avvertito la necessità di rendermi utile, di conoscere storie e persone che vivono realtà diverse dalla mia. A Forlì sono stata volontaria alla mensa della Caritas diocesana, dove ho conosciuto senza tetto, immigrati, anziani soli, tossicodipendenti; tutti con la loro storia e la loro vita travagliata, da ‘invisibili’, ma pur sempre vita.

È stata un’esperienza che mi ha insegnato a non voltarmi dall’altra parte.

Cosa è successo poi?
Il mio percorso è continuato prima con la Comunità di Sant’Egidio, dove per alcuni mesi ho portato la cena ai senza fissa dimora e poi con l’esperienza in Educate For Good (Efg), un progetto nato nel 2016 per iniziativa di Sofia Scibelli, volto a sostenere l’unico asilo gratuito di Vrygrond, township di Città del Capo, Sud Africa. Mi sono avvicinata a questa associazione dopo che un mio collega di università ha postato sui social alcune foto della sua esperienza in un asilo in Sudafrica. Ero molto incuriosita dato che erano anni che volevo vivere un’esperienza di volontariato in Africa. Inoltre, è sempre stato un sogno per me andare in Sudafrica per conoscerne la cultura e la storia. Un Paese che è stato, fino ai primi anni ’90, sotto un regime razzista di apartheid e segregazione razziale dei ‘non bianchi’. Oggi continuo a essere una volontaria di Efg e spero di tornare presto nel nostro asilo di Vrygrond.

Asilo di Vrygrond, Cape Town (Foto Efg)

Quando è iniziata la tua esperienza in questo asilo sudafricano? Quali sono i tuoi compiti e mansioni?
Ho cominciato nell’aprile del 2024, ed ero di supporto alle maestre. Nella scuola ci sono circa 50 bambini dai 2 ai 6 anni, e solo 3 maestre. Aiutavo le insegnanti con i bimbi più piccoli, sia nelle attività didattiche sia nel gioco, davo loro da mangiare, cambiavo i pannolini, tenevo in ordine gli spazi dell’asilo. La giornata andava dalle 9 del mattino fino alle 18. In realtà l’asilo (e casa della maestra Lizzy) è sempre aperto per i bambini che hanno bisogno. Quando ero lì, grazie alla generosità di molti amici e familiari, abbiamo acquistato medicine e giochi.

Quali difficoltà hai dovuto affrontare?
Quella principale è stata sicuramente gestire così tanti bambini, perché a volte ero da sola con 20-30 di loro ed era difficile far rispettare le regole, soprattutto perché sono molto piccoli. Sicuramente, entra spesso in gioco la stanchezza, date le giornate lunghe, il caldo, però bisogna sempre pensare al bene che si sta facendo in quel momento. Poi l’affetto che ti esprimono questi bambini ti fa passare ogni stanchezza e difficoltà. A volte ci sentiamo un po’ dei pesci fuor d’acqua, visto che ci troviamo in un luogo con cultura e abitudini diverse dalle nostre. Ma anche in questo caso è importante porsi in ascolto e adattarsi al contesto il più possibile.

In questa esperienza che peso hanno avuto il tuo percorso di studio e la tua formazione umana e spirituale?
Non è necessaria una preparazione particolare per svolgere attività di volontariato, alla fine bisogna stare con i bambini e, per farlo bene, basta conoscere il linguaggio dell’amore e dell’affetto, che è quello che serve a tutti i bambini per sentirsi protetti e in un luogo sicuro. Bisogna avere spirito di adattamento, cercare di essere disponibili, aperti mentalmente. Sono esperienze, come tutte quelle di volontariato, in cui dobbiamo un po’ dimenticare le nostre esigenze per dedicarci a chi ha più bisogno. Sicuramente il mio percorso all’interno dell’Azione Cattolica e i valori trasmessi dalla mia famiglia di rispetto, ascolto, generosità, solidarietà, mi hanno aiutato molto.

Hai un aneddoto, una storia che più di altre, ti porti dietro da questa esperienza?
Quando ero in asilo, la mamma di una bambina ha scoperto di essere malata di cancro. Ciò che mi ha toccato molto è stata la sua paura di lasciare la figlia. Diceva: ‘se muoio, chi penserà all’istruzione di mia figlia?’ Il suo primo pensiero è andato all’educazione della bambina e non ad altro. Nella township il reddito medio è di circa 100 euro al mese. Sono persone che fanno fatica a fare la spesa, vivono in baracche di lamiera, e hanno enormi problemi per andare avanti.

Questo fatto mi ha ricordato quanto sia importante l’educazione per tutti i bambini, soprattutto in contesti di vulnerabilità, e avere la possibilità di andare a scuola e non stare per strada, poter studiare per avere un futuro migliore, magari fuori dalla baraccopoli.

Cosa ti dicono i tuoi amici e familiari quando condividi con loro questa tua esperienza?
La mia famiglia ha supportato questa mia decisione, ma non tutti erano sicuri che fosse una buona scelta. Le township non sono luoghi sicuri spesso governati da violenza, droghe, armi e gruppi criminali. Prima di andare in asilo ho svolto un tirocinio presso l’Ambasciata d’Italia in Sudafrica, e i miei colleghi e colleghe non erano molto d’accordo proprio per una questione di sicurezza. La mia famiglia ha accolto questa mia scelta, ma ripetendomi tante volte di essere prudente. Gli amici e le amiche erano incuriositi da questa mia decisione e sono stati felici per me. Tuttavia, c’è stato un mio amico che mi ha posto questa domanda: “perché fare volontariato in un luogo così lontano quando ci sono persone più vicine a te che ne avrebbero bisogno?” Mi ha fatto riflettere molto, ma penso che alla fine ognuno debba decidere cosa fare anche in base alla propria indole.

Asilo di Vrygrond, Cape Town (Foto Efg)

Cosa diresti a chi volesse fare una esperienza di volontariato?
Che sono esperienze che cambiano la vita. Fare volontariato è qualcosa di meraviglioso, ovunque, se fatto in Sudafrica, in Italia, nel proprio paese o in una grande città, non importa dove. È bello mettersi a disposizione dell’altro gratuitamente e donare il proprio tempo per una causa in cui si crede, nel mio caso l’educazione dei bambini in contesti vulnerabili, come le township, dimenticati da tutti. Sono esperienze che aprono il cuore e la mente, e sono in grado di curare anche le nostre ferite. Ci doniamo agli altri che hanno più bisogno, ma anche noi riceviamo molto in cambio.

Ovunque ci sia scambio reciproco c’è del bene che si muove e persone che portano luce ad altre persone.

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