Tre parole per noi

Ci asteniamo da un commento (che forse qualcuno si attendeva) sull'inverecondo spettacolo dello Studio ovale della Casa Bianca - dove due prepotenti hanno voluto umiliare un eroe in diretta TV - non tanto perché non sapremmo cosa dire, ma piuttosto consapevoli della preoccupante imprevedibile evoluzione degli eventi e confidando comunque in uno sviluppo meno indegno, verso una pace "giusta e duratura" per il popolo ucraino. Preferiamo dedicare le nostre poche righe alle parole che ci consegna il papa nel suo Messaggio per la Quaresima, il "tempo di conversione" che abbiamo appena iniziato, da lui firmato pochi giorni prima di ricoverarsi al Gemelli.

Ci asteniamo da un commento (che forse qualcuno si attendeva) sull’inverecondo spettacolo dello Studio ovale della Casa Bianca – dove due prepotenti hanno voluto umiliare un eroe in diretta TV – non tanto perché non sapremmo cosa dire, ma piuttosto consapevoli della preoccupante imprevedibile evoluzione degli eventi e confidando comunque in uno sviluppo meno indegno, verso una pace “giusta e duratura” per il popolo ucraino. Preferiamo dedicare le nostre poche righe alle parole che ci consegna il papa nel suo Messaggio per la Quaresima, il “tempo di conversione” che abbiamo appena iniziato, da lui firmato pochi giorni prima di ricoverarsi al Gemelli (da cui ci auguriamo tutti possa uscire il prima possibile, rinvigorito, per continuare la sua difficile missione): “Camminiamo insieme nella speranza” è il titolo che ha voluto dargli, in piena sintonia con l’anno giubilare che stiamo vivendo. Tre parole semplici, potremmo dire “ordinarie”, che diventano esortazione e impegno per la vita quotidiana di ciascuno e delle nostre comunità. Potrebbero esserlo – in senso più ampio – anche per l’umanità e per i suoi capi, se solo dessero un po’ più ascolto alle parole di uno dei pochi leader saggi rimasti a livello mondiale, che continua ad ammonirci contro la guerra invitando instancabilmente tutti alla pace nella giustizia anche dal letto di ospedale nei suoi mai interrotti interventi (per quanto solo scritti) all'”Angelus” domenicale. “Camminare”, prima di tutto: mai stare fermi, impigriti dalle comodità o paralizzati dalle paure, camminare da pellegrini che hanno chiara la meta e da viandanti nelle strade della vita; solidali con chi è costretto a fuggire “da situazioni di miseria e di violenza” e va “in cerca di una vita migliore per sé e i propri cari”. Non demorde, infatti, il papa da un richiamo costante all’attenzione verso i migranti che addirittura definisce essi stessi “missionari di speranza” nel tema scelto proprio in questi giorni dal Gemelli per la Giornata del migrante e del rifugiato, che si celebrerà quest’anno il 4-5 ottobre in coincidenza con il Giubileo dei migranti e del mondo missionario, poiché essi testimoniano speranza nel futuro pur vivendo nelle difficoltà e contribuiscono a promuovere il dialogo interreligioso su fondamentali temi comuni. E poi – seconda parola – “insieme”: qui è esplicito il cenno alla sinodalità, definita come “vocazione della Chiesa”. Non viaggiatori solitari, ma viandanti che procedono “fianco a fianco”, come “tessitori di unità”, mai propensi a “calpestare o a sopraffare l’altro”, vincendo ogni tentazione di “invidia o ipocrisia”, senza mai escludere qualcuno. Capaci di vincere la tendenza alla autoreferenzialità, protesi tutti – dai vescovi ai laici… – a lavorare e ad agire insieme nella concretezza: si tratta appunto della “conversione alla sinodalità”, che ci dispone ad aprirci verso tutti, nella Chiesa e nel mondo. Infine, “nella speranza”. Non poteva mancare, dato che è il timbro di questo anno santo; ma fa bene sempre e a tutti ripeterci questa parola e rafforzare questa virtù, che è anche sentimento e atteggiamento di pensiero e di vita. E’ una “speranza” santa quella che ci indica Francesco, la speranza che si radica nell’amore di Dio in Cristo Gesù, da cui nulla potrà separarci e che, fondata sulla fede nella risurrezione, punta direttamente alla “vita eterna” come grande promessa, ma che richiede anch’essa una conversione nella vita quotidiana. Tre parole, triplice conversione suggerita dal papa – mentre condivide con tante persone anche la sofferenza della malattia – a metterci in cammino verso la vera libertà, a vincere l’individualismo per vivere più uniti, a superare ogni delusione (anche quelle che sembrano rabbuiare il panorama internazionale in questi giorni) con la fiaccola della speranza. Per ognuna delle tre Francesco ci propone anche una sorta di questionario: una serie di domande provocatorie e insieme esortative, indirizzandoci ad un “buon esame” per interrogarci sulla nostra reale situazione personale e comunitaria. Val la pena ripeterci queste domande in questi quaranta giorni e cercare di dare risposte sincere, traendo motivo per un rinnovato impegno di cambiamento. Se in molti ci convertiamo, il mondo sarà più convertito. Vincenzo Tosello

Altri articoli in Mondo

Mondo