Armenia

Scoppia un altro conflitto nel cuore dell’Europa orientale. Al centro del contendere, la regione autonoma del Nagorno-Karabakh, da decenni contesa tra l’Armenia (con capitale Erevan) e l’Azerbaigian (con capitale Baku). Ci si è scontrati anche in precedenza: ora le ostilità sono riprese. Non è un bel segnale, anzi è un bruttissimo segnale per l’Europa, già alle prese con il problema Ucraina.

Scoppia un altro conflitto nel cuore dell’Europa orientale. Al centro del contendere, la regione autonoma del Nagorno-Karabakh, da decenni contesa tra l’Armenia (con capitale Erevan) e l’Azerbaigian (con capitale Baku). Ci si è scontrati anche in precedenza: ora le ostilità sono riprese. Non è un bel segnale, anzi è un bruttissimo segnale per l’Europa, già alle prese con il problema Ucraina.
L’enclave del Nagorno-Karabakh (o Artsakh) è un territorio separatista dell’Azerbaigian, sostenuto dall’Armenia in quanto abitato in gran parte da armeni e da cristiani (il cristianesimo è la religione prevalente in Armenia, mentre gli azeri sono musulmani). La sua indipendenza è stata riconosciuta da Erevan, ma non da Baku, circostanza che ha innescato tensioni tra le due capitali culminate in un primo conflitto nel 1992-1994 e poi ancora nel 2020.
Oggi la situazione si è di nuovo deteriorata. “Non lasciateci soli, non abbandonateci”, la supplica di mons. Mikael Bassalé, amministratore apostolico dei cattolici di rito armeno dell’Europa dell’Est. “Quello che sta succedendo è una cosa terribile. Il governo azero ha attaccato la nostra gente, hanno colpito anche i bambini e gli anziani. Tanti sono morti. Tanti sono dispersi. È un genocidio”. Fonti cattoliche in Armenia confermano che centinaia di armeni sono stati rapiti, feriti e uccisi.
Ma il timore è che l’attacco in Nagorno Karabakh sia solo l’inizio. “La capitale Erevan non è stata ancora toccata, ma aver attaccato l’Artsakh non significa che gli azeri non attaccheranno l’Armenia in un futuro non lontano”, dice sempre l’amministratore apostolico. “C’è una possibilità grandissima” e nel caso accadesse “sarebbe una catastrofe. Non penso che l’Armenia possa resistere da sola e non credo che di fronte a un attacco azero il nostro Paese possa continuare a esistere, specialmente ora con la Russia impegnata in una guerra”.
Parole terribili. Il popolo armeno dopo il genocidio perpetrato dall’Impero ottomano tra il 1915 e il 1919 con circa 1,5 milioni di morti, che l’ha costretto a lasciare la Turchia e a costituire un suo piccolo Stato (con il quale Ankara ha da sempre chiuso le frontiere) ora rischia un nuovo pesante attacco che ne metterebbe a rischio la sopravvivenza. È l’incredibile storia di un popolo da cento anni perseguitato.

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