La scuola Effetà di Betlemme dà voce a tutti i palestinesi, soprattutto a quelli con difficoltà uditive

Il viaggio dei giornalisti dei settimanali cattolici in Terra Santa, vincitori delle edizioni 2019 e 2020 del concorso giornalistico “Selezione nazionale ‘8xmille senza frontiere’”, organizzato dal Servizio per gli interventi caritativi per lo sviluppo dei popoli della Cei e dalla Fisc-Federazione italiana settimanali cattolici, ha fatto tappa a Betlemme per confrontarsi con il mondo della disabilità in Palestina, attraverso l’incontro con il progetto “Yalla!”, che aiuta a parlare bambini, ragazzi e giovani con difficoltà uditive insegnando loro a leggere le labbra e l’espressione del volto

foto SIR/Marco Calvarese

Il viaggio dei giornalisti dei settimanali cattolici in Terra Santa, vincitori delle edizioni 2019 e 2020 del concorso giornalistico “Selezione nazionale ‘8xmille senza frontiere’”, organizzato dal Servizio per gli interventi caritativi per lo sviluppo dei popoli della Cei e dalla Fisc-Federazione italiana settimanali cattolici, ha fatto tappa a Betlemme per confrontarsi con il mondo della disabilità in Palestina, attraverso l’incontro con il progetto “Yalla!”, che aiuta a parlare bambini, ragazzi e giovani con difficoltà uditive insegnando loro a leggere le labbra e l’espressione del volto. Le percentuali di persone con difficoltà uditive sono altissime in questo piccolo territorio, nel quale basta fermarsi un attimo sotto un tratto del muro di cinta innalzato da Israele attorno ai palestinesi e così difficile da superare anche attraverso i valichi militarizzati, per capire che quindi la possibilità di matrimoni eterogenei tra cugini è alta, ed è questa la causa di un numero così rilevante di persone con disabilità. Il progetto nasce dalla collaborazione tra Avsi e la scuola Effetà “Paolo VI”, gestita dalle suore Dorotee Figlie dei Sacri Cuori dal 1971, ed è finanziato in parte dalla Cei attraverso i fondi dell’8xmille alla Chiesa cattolica. L’intento è quello di favorire l’inclusione e migliorare il sistema scolastico, infatti a 460 tra bambine e bambini è garantito il pagamento della retta scolastica, 6 studenti meritevoli hanno diritto ad una borsa di studio universitaria, 6 bambini ricevono l’apparecchio acustico, 71 giovani hanno la possibilità di seguire corsi professionalizzanti, 28 studenti assieme ai genitori sono coinvolti nei work-shop e 20 educatori scolastici sono formati su e-learing, gestione delle classi e modelli educativi. “Noi vediamo l’educazione come motore primario dello sviluppo della persona pieno, completo, all’interno della società”, le parole di Francesco Buono, rappresentante di Avsi in Palestina, dove la fondazione è presente dal1993, mentre dal 2010 ha iniziato a collaborare e sostenere la scuola di Betlemme attraverso il sostegno a distanza con donatori dall’Italia, e progetti di finanziamento come quello della Cei:“Effetà è un luogo di educazione, un luogo dove si continua il miracolo di Gesù che apre le orecchie al sordo”.

Una scuola si insegna il linguaggio orale e non gestuale, e questo richiede tanto tempo e maggiore attenzione con logopedisti che seguono i bambini fin dalla scuola materna, aiutandoli a diventare grandi ed accompagnandoli fino alla maturità. “Nel 1964 è venuto in visita qui Papa Paolo VI ed aveva visto che in questa zona c’erano tanti ragazzi sordi, per questo aveva chiesto al patriarca Alberto Gori di avviare una scuola per sordi”, le parole di suor Carmela Dal Banco, che racconta come la scuola abbia aperto i battenti nel 1971 con 24 bambini, oggi ne conta 170 oltre a 32 insegnanti, e alle famiglie viene chiesto un contributo di circa 300 euro l’anno, ma molte di loro fanno fatica a pagare anche questi soldi. “Il governo non ci aiuta ma è molto contento del lavoro che facciamo. Ci sono degli aiuti che arrivano, anche dal Vaticano, ma si fa molta fatica a pagare le spese, compresi gli insegnati”.

Tra tutti gli iscritti solo uno è cristiano, tutti gli altri sono musulmani, un’evidenza della presenza della Chiesa senza però parlare di Gesù ma cercando di vivere quello che lui ci ha insegnato attraverso l’amore, l’educazione, la pazienza e la bontà. “Per i musulmani noi siamo pagani ma non abbiamo mai avuto problemi di religione con i genitori, anche se qualcuno è venuto a chiederci che Dio avessimo noi. Il mio Dio è il tuo Dio, è stata la mia risposta, e vogliamo il bene di tuo figlio come degli altri”. Queste le parole di suor Ginetta Aldegheni, che evidenzia il buon rapporto con le famiglie grazie al loro impegno in favore delle persone assistite, “lo scopo primario per i bambini che seguiamo da 0 anni fino alla maggiore età, è quello di toglierli dalla solitudine e dall’isolamento e dalla violenza che inconsciamente hanno perché emarginati ed incompresi. Un limite che non si vede e che li umilia”, aggiungendo, “quando arrivano a parlare, molti di loro dicono: adesso anch’io sono una persona”.

Ad assistere al progetto anche Ginevra Fioretti, responsabile Avsi del progetto “Yalla!”, e Annachiara Ruzzetta che si adoperano nell’offrire corsi extrascolastici utili alla formazione, lo svago e l’inserimento lavorativo per gli iscritti, oltre che quelli formativi per i docenti. “Quest’opera ci mostra quello che Papa Francesco continua a ripeterci nei messaggi per le comunicazioni sociali: non servono le orecchie e la bocca per ascoltare e parlare se non si usa. Il cuore, bisogna partire da qui”, le parole di Mauro Ungaro, presidente delle Fisc: “È troppo facile aspettare, anche noi dovremmo riuscire ad andare a intercettare le difficoltà, come fanno qui”.

Altri articoli in Mondo

Mondo