Francesco nelle parole dei “curas villeros”: “Tutto il popolo lo sente vicino, nelle ‘villas’, nelle carceri, nelle strade e nelle piazze”

Se in tutta l’Argentina, come chiesto dalla Conferenza episcopale, si tengono nei giorni immediatamente precedenti o seguenti il 13 marzo numerose messe, veglie, momenti di preghiera, ciò accade a maggior ragione in ogni quartiere, in ogni “villa miseria”, in ogni cappella della periferia di Buenos Aires. Il Sir ha intervistato padre José Maria “Pepe” Di Paola, coordinatore dei “curas villeros”, parroco nella comunità di San Giovanni Bosco, a Villa Carcova, oltre che coordinatore nazionale della Pastorale delle dipendenze

(Foto Vatican News)

Il “popolo di Papa Francesco” fa sentire tutto il suo affetto e il suo entusiasmo. Sono molti, in tutto il mondo a celebrare il decimo anniversario di pontificato, ma forse nessuno con la stessa gioia, intensità, comunanza di sentimenti del “popolo” delle “villas” di Buenos Aires, dei quartieri periferici e più poveri della zona metropolitana della capitale, oggetto di una particolare cura e attenzione da parte del cardinale Jorge Mario Bergoglio, quando era arcivescovo di Buenos Aires.

Se in tutta l’Argentina, come chiesto dalla Conferenza episcopale, si tengono nei giorni immediatamente precedenti o seguenti il 13 marzo numerose messe, veglie, momenti di preghiera, ciò accade a maggior ragione in ogni quartiere, in ogni “villa miseria”, in ogni cappella della periferia di Buenos Aires. Inoltre, gli “Hogares de Cristo”, le strutture di ascolto, accoglienza e prevenzione dedicate ai giovani per prevenire e affrontare la piaga delle dipendenze, festeggiano contemporaneamente i quindici anni della propria istituzione e i dieci anni di pontificato di Papa Francesco con una celebrazione nazionale che si tiene l’11 marzo nella basilica di Luján. Insomma, l’aspetto celebrativo di unisce all’attualità di un impegno, e alla scommessa sul futuro costituita da questa rete di attenzione ai giovani, come mette in evidenza il primo dei quattro “curas villeros”, cioè i sacerdoti delle “villas” di Buenos Aires, che il Sir ha intervistato per l’occasione: padre José Maria “Pepe” Di Paola, coordinatore, appunto, dei “curas villeros”, parroco nella comunità di San Giovanni Bosco, a Villa Carcova, oltre che coordinatore nazionale della Pastorale delle dipendenze. “Gli Hogares de Cristo 15 anni fa sono stati fortemente voluti dall’arcivescovo Bergoglio. Oggi sono una realtà diffusa non solo nella capitale, ma in tutto il Paese. Negli ultimi mesi abbiamo fatto un pellegrinaggio in tutti gli angoli dell’Argentina, per sensibilizzare sul tema delle dipendenze. E la conclusione dell’iniziativa, l’11 marzo, a Luián, è anche una festa per i dieci anni di pontificato. Vogliamo continuare a lavorare per una Chiesa ‘in uscita’ e ‘ospedale di campagna’, come dice spesso Francesco”.

Padre Pepe torna, con la memoria, a quel 13 marzo del 2013: “Dico la verità, per me fu una grande sorpresa. Avevo avuto qualche aspettativa e speranza in occasione del precedente conclave, quello del 2005. Invece, nel 2013, il cardinale Bergoglio aveva già compiuto 75 anni, e già pensavo al fatto che, da arcivescovo emerito, avrebbe avuto ancora più occasioni per visitare le nostre ‘villas’. Invece, fui raggiunto da questa grande notizia”.

Di una cosa, padre Pepe è certo: “A Roma ha portato la sua esperienza vissuta nei nostri quartieri, a contatto con i settori più poveri della popolazione. Nelle omelie sempre fa riferimento agli ‘scartati’, con precisi riferimenti alle schiavitù di oggi, come quella della droga”. In definitiva, “ha messo tutta la Chiesa nella prospettiva del Vangelo. E ha saputo arrivare al cuore di chi vive ai margini della comunità ecclesiale, e di chi non è cristiano. Direi che è un leader planetario, un po’ come lo sono stati Gandhi e Martin Luther King”. Un messaggio forte, che arriva fino all’Argentina. “Qui purtroppo – conclude padre Pepe – le sue parole vengono spesso manipolate, lette con il filtro della lotta politica locale. Invece siamo chiamati a capire in profondità la direzione che ci sta mostrando”.

“L’augurio che faccio a Papa Francesco – afferma padre Adrián Bennardis, parroco della chiesa dell’Immacolata, a Villa Soldati – è che continui a mostrare Gesù, come sta facendo. Vogliamo dire, con tutto il nostro popolo, che siamo vicini al Papa, che gli vogliamo bene”. Proprio la parola “vicinanza”, secondo il sacerdote, è la “chiave di lettura” per capire la continuità tra l’esperienza dell’arcivescovo Bergoglio a Buenos Aires e quella attuale di Papa Francesco: “Viviamo una gran gioia, orgoglio ed emozione. Questa continuità è pienamente avvertita dalla gente più umile, da coloro che si ricordano bene quando l’arcivescovo Bergoglio veniva a battezzare i propri figli, o entrava nelle case a condividere il mate. Al di là dei festeggiamenti, delle celebrazioni di questi giorni, dell’emotività, resta questo legame solido della gente con il Papa, appunto questa vicinanza pastorale, che Papa Francesco continua a manifestare ogni giorno”.

Per padre Bennardis, il Santo Padre continua a dare il messaggio di una “Chiesa che si compromette”, un invito rivolto appunto a tutta la Chiesa, e particolarmente in Argentina. “Un impegno per i poveri, per il creato. Ha la capacità di essere un leader spirituale incredibile, autorevole in tutto il mondo, come si è visto durante la pandemia”.

Padre Toto De Vedia, altro “cura villero” particolarmente carismatico, parroco nella parrocchia di Caacupé, nella Villa Barracas, ricorda bene il giorno dell’elezione: “Eravamo nella mensa, con i professori della scuola secondaria. La notizia si diffuse subito, gli spazi della parrocchia, e poi la piazza si riempirono subito di gente. Fin da subito è stato avvertito da tutti, soprattutto dai più poveri, come ‘uno di noi’. La gente della ‘villa’ lo avverte così, e le cose non sono cambiate in questi dieci anni, nei quali Francesco ha avuto un impatto incredibile, essenziale, nella Chiesa di tutto il mondo”.

Anche a Caacupé ci si appresta a festeggiare i dieci anni di pontificato, insieme ai 15 anni dell’Hogar de Cristo e ai vent’anni della scuola professionale. Tutte iniziative, spiega padre Toto, “che hanno ricevuto all’epoca un grande impulso dall’arcivescovo Bergoglio” Cosa resta, soprattutto, di questi dieci anni? “L’idea di una Chiesa povera con i poveri. Molti di noi abbiamo sognato una Chiesa vicina alla gente e la direzione è questa”.

Questo sogno, “il sogno di Papa Francesco”, si sta facendo realtà, è la convinzione di padre Tano Angelotti, parroco di San José, a Villa la Matanza: “Il sogno di una Chiesa povera, di mettere la periferia al centro, con i gesti prima che con le parole. Davvero con lui capiamo che la fede è rivoluzionaria”. Per questo, anche nella Villa La Matanza, “tutto il popolo lo sente vicino, nelle ‘villas’, nelle carceri, nelle strade e nelle piazze”.

Anche padre Tano conferma “la grande attesa” per la celebrazione a Luján, che riunirà tutti gli “Hogares de Cristo” per dire no alla droga e alle dipendenze. Ed è convinto che le parole del Papa siano sempre attuali per l’Argentina: “Ci invita a non dimenticarci dei poveri, in un momento in cui qui l’inflazione è al 50%, e a lavorare sempre per l’unità”.

(*) giornalista de “La vita del popolo”

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