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Terremoto in Turchia. Padre Antuan Ilgit (Iskenderun): “Come capitani di una nave, rimaniamo qui, a fianco della gente”

La testimonianza da Iskenderun (Turchia) di padre Antuan Ilgit, vicario generale del Vicariato apostolico dell’Anatolia: “Come un capitano che non può lasciare la propria nave, anche noi ora non possiamo lasciare questa gente. Siamo qui. Siamo stanchi ma rimaniamo. Il Signore ci dà forza e ci aiuta. Anche il Papa ci sta seguendo da molto vicino, ci sta accanto e ci fa sentire la sua presenza. È una vicinanza che ci fa capire che non siamo soli e che siamo in comunione con tutta la Chiesa”

(Foto Antuan Ilgit)

“Abbiamo bisogno che questa vostra attenzione continui anche nei prossimi mesi, perché questa emergenza non finirà in poco tempo.  Sono  una emergenza e una precarietà che avranno bisogno di un anno o forse due per essere superate. Mi spaventa quando l’attenzione mediatica si sposta. Abbiamo bisogno del vostro sostegno continuo, perché qui tutto è crollato, tutto è rovinato, tutte le infrastrutture sono

Padre Antuan Ilgit, vicario generale del Vicariato Apostolico dell’Anatolia (Foto p. Ilgit)

venute giù, le strade sono spaccate, la gente è senza casa. Più di 3mila bambini in Turchia sono senza genitori. Non so come riusciremo a riprendere la vita. Ce la potremo fare solo con l’aiuto di Dio e l’aiuto di tutti”. A parlare da Iskenderun,

una delle città turche più colpite dal terremoto è padre Antuan Ilgit, vicario generale del Vicariato apostolico dell’Anatolia. “In questo momento – dice al Sir – abbiamo l’elettricità e grazie a questo funzionano le comunicazioni Wi-Fi. Ma non abbiamo gas e acqua potabile ma neanche l’acqua dai rubinetti che non funzionano”. E poi aggiunge subito: “Il terremoto mi ha insegnato una cosa: da questa tragedia è nata una buona collaborazione tra i Paesi. E’ questa la strada da percorrere: i grandi non devono scegliere la guerra e la divisione ma la pace e la collaborazione. Se questo avviene ce la possiamo fare. Questa tragedia dimostra che è possibile”.

Iskenderun, cattedrale rasa al suolo dal terremoto (Foto di p. Antuan Ilgit)

Padre Antuan ripercorre i primi momenti vissuti a Iskenderun dopo le primissime scosse del 6 febbraio. “Subito dopo il sisma sono uscito dalla mia stanza e siamo andati a vedere la cattedrale che era del tutto crollata. La prima cosa che ho fatto è stata quella di recuperare il Santissimo, perché l’abside era ancora in piedi. Mentre realizzavamo quello che era successo, ho visto i nostri parrocchiani arrivare e piangere. ‘Abbiamo perso la nostra casa’, dicevano. Pensavo si riferissero alla loro casa e invece parlavano della cattedrale che è la sede del vicariato apostolico dell’Anatolia, l’unica presenza della chiesa latina in questa città e quindi punto di riferimento importante per la vita e la storia di questa comunità cristiana. Abbiamo cominciato dal primissimo momento ad accogliere le persone”. Non si fa alcuna distinzione: ci sono i parrocchiani, ma anche siriaci, ortodossi e alcune famiglie musulmane. Se la cattedrale era un cumulo di macerie, l’episcopio era ancora agibile. Il refettorio ha un tetto di legno ed è diventato un luogo dove hanno trovato rifugio un centinaio di persone. Qui si dorme, si mangia, si celebra la messa. “E’ diventata la nostra cattedrale, il luogo dove svolgiamo tutta la nostra vita”, dice padre Antuan.

Iskenderun, refettorio del Vicariato Apostolico dell’Anatolia (Foto p. Antuan Ilgit)

“I primi due giorni – racconta il sacerdote – abbiamo condiviso tutto quello che avevamo nelle nostre dispense e nei frigoriferi ma le riserve hanno cominciato a finire e c’era il rischio di rimanere senza viveri e soprattutto acqua potabile. Poi attraverso l’aiuto e il lavoro che ha fatto il nostro vescovo che si trovava in Italia, mons. Paolo Bizzeti, abbiamo cominciato a ricevere aiuti”. In un primissimo momento sono arrivati attraverso la Marina spagnola, cibo, acqua e coperte. “Abbiamo utilizzato questi aiuti sia per le persone che si sono rifugiate da noi sia per le persone fuori”. Caritas Anatolia che già prima del terremoto lavorava per i poveri e i rifugiati, si è subito attivata ed oggi riesce non solo a dar da mangiare alle persone ospitate nel refettorio, ma anche a distribuire fuori 1.000 pasti al giorno. “Stiamo facendo con il nostro vescovo e padre padre John Farhad Sadredin, direttore di Caritas Anatolia, un lavoro di squadra. Siamo ricevendo tanti aiuti e ringraziamo tutti. Questo mi dà tanta speranza. Fin da primo giorno ho utilizzato l’immagine delle pietre vive. La cattedrale è crollata ma sono rimaste le pietre vive. Hanno perso tutto, la casa, familiari e amici, ma nonostante ciò, nessuno pensa a se stesso ma collabora per aiutare gli altri. Queste pietre vive che sono rimaste, saranno la via per ricostruire il nostro futuro”.

Iskenderun (Turchia), una delle città più colpite dai terremoti del 6 febbraio (Foto di p. Antuan Ilgit)

Grazie a Dio nella città di Iskenderun non fa molto freddo. C’è sole e una media di 7 gradi. Le previsioni dicono che per tutta la settimana sarà così e questo aiuta, anche se di notte la temperatura scende e per la gente che vive per la strada, è difficile. Tante case sono infatti inagibili e possono crollare da un momento all’altro. “Le scosse continuano”, dice padre Antuan. “Anche questa notte, mi sono svegliato alle 2 per una scossa, non sono riuscito a dormire fino alle 5. Mi sono riaddormentato ma subito dopo c’è stata un’altra scossa molto forte”. La vita quindi trascorre così, tra gli aiuti da coordinare, le persone da assistere e le scosse di terremoto che purtroppo non cessano di spaventare l popolazione. Padre Antuan si ferma nel racconto e commenta: “Come un capitano che non può lasciare la propria nave, anche noi ora non possiamo lasciare questa gente. Siamo qui. Siamo stanchi ma rimaniamo. Il Signore ci dà forza e ci aiuta. Anche il papa ci sta seguendo da molto vicino, ci sta accanto e ci fa sentire la sua presenza. E’ una vicinanza che ci fa capire che non siamo soli e che siamo in comunione con tutta la Chiesa”.

(Quattrokappa.it)

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