La vita di Eriksen

In un’esistenza c’è tutta l’umanità. Ce lo siamo detti più volte e nell’occasione vissuta in diretta sabato sera l’abbiamo sperimentato ancora. Ciò non significa che ci possiamo dimenticare di chi combatte ogni giorno per la propria esistenza

Con il fiato sospeso. Per oltre dieci minuti. Così sono rimasti milioni di telespettatori sabato pomeriggio quando un giocatore della nazionale danese, l’interista Eriksen, è caduto perdendo i sensi e rimanendo a terra a lungo con gli occhi sbarrati.

In campo, i compagni increduli e piangenti, gli hanno fatto scudo.

Hanno versato lacrime di disperazione e a mani giunte si sono rivolti al Cielo per invocare un miracolo. Gli spettatori sugli spalti hanno urlato il nome del calciatore, Christian Eriksen, come per svegliarlo dallo stato di apparente abbandono. Chi lo ha soccorso, a cominciare dal capitano della stessa Danimarca, Simon Kjaer, con prontezza e bravura, ha saputo come comportarsi. Alla fine, gli è stata salvata la vita, e una foto sui social che lo fa intravedere vigile ha sollevato milioni di cuori e rassicurato sportivi di tutto il mondo.

La vita di Eriksen è stata appesa a un filo. La notizia è corsa online. Chi non era collegato in diretta l’ha saputo subito. Un fremito ha attraversato i Paesi e i continenti per un ragazzo che stava giocando una partita ai campionati Europei di calcio, uno dei primi grandi eventi dopo un anno e mezzo di Covid.

Per Eriksen tutti abbiamo trepidato, giovani e anziani, appassionati e indifferenti al pallone. La tv e la Rete hanno amplificato l’apprensione per la sorte del talentuoso giocatore. Giustamente la partita è stata sospesa, ma poi, grazie a un rassicurante messaggio dello stesso Eriksen, si è tornati a giocare. Alla fine ha vinto la Finlandia, perché per i danesi la vera partita era già stata vinta. Il compagno di squadra ormai era fuori pericolo. E allora, cosa vale più di una vita?

In un’esistenza c’è tutta l’umanità. Ce lo siamo detti più volte e nell’occasione vissuta in diretta sabato sera l’abbiamo sperimentato ancora. Ciò non significa che ci possiamo dimenticare di chi combatte ogni giorno per la propria esistenza. Per i tanti Eriksen che lottano per sopravvivere nelle città, nelle periferie e accanto a noi. La vita va difesa, rispettata e tutelata, in ogni istante e comunque, dal concepimento alla morte naturale.

E per ogni vita ci battiamo, come abbiamo visto fare per Eriksen. Su un campo da calcio, in una camera di ospedale, in strada, in casa, in un ricovero per anziani, sul lavoro. Sempre e ovunque.

(*) direttore del “Corriere Cesenate”

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