90.000 eroi invisibili: cosa accadrebbe se sparissero per un giorno?

Nel terzo e ultimo capitolo del “Natale distopico”, l’Italia immagina un giorno senza i suoi 90.000 volontari: un Paese improvvisamente senza mense, dormitori, Empori e unità di strada. In 24 ore, il silenzio prenderebbe il posto della cura: migliaia di persone senza pasto, senza riparo, senza qualcuno che tenda la mano. Il valore economico del loro lavoro — oltre 150 milioni l’anno — impallidirebbe davanti al vuoto umano lasciato dalla loro assenza. Questo capitolo chiude la trilogia mostrando l’essenziale: non sono le strutture a reggere il Natale dei fragili, ma le persone che ogni giorno lo rendono possibile. Senza di loro, l’Italia scoprirebbe quanto sia sottile la linea che separa la sicurezza dal caos

(Foto SIR/Marco Calvarese)

Cosa succederebbe se, per 24 ore, tutti i volontari della rete solidale sparissero? Niente mense, niente Empori, dormitori chiusi, unità di strada ferme. Uno schiocco di dita e la macchina che sostiene il Natale dei più fragili si interrompe. La rete che regge migliaia di persone senza risorse economiche e sociali, azzerata in un giorno. I volontari Caritas in Italia sono circa 90.000, con un valore economico stimato in oltre 150 milioni di euro annui. Ogni giorno coordinano mense, distribuiscono cibo e vestiario, assistono anziani soli, gestiscono dormitori e unità di strada, portano aiuto nelle periferie dimenticate. Il loro lavoro non è retribuito, ma ha un impatto concreto misurabile, tangibile e fondamentale.Se sparissero, le conseguenze sarebbero immediate: centinaia di persone dormirebbero all’aperto senza riparo, migliaia rimarrebbero senza pasto, nessuno distribuirebbe medicine o coperte, e i Comuni non potrebbero sostituire questa forza lavoro nemmeno volendo. Il collasso della rete di assistenza sarebbe rapido, evidente e misurabile, dimostrando quanto sia fondamentale la componente umana nella gestione della fragilità. Questo scenario ipotetico, per quanto drammatico, ci ricorda una verità semplice: l’Italia regge grazie a chi lavora gratis. È una forma di infrastruttura invisibile, indispensabile, quotidiana. E non è retorica:

senza volontari, molti cittadini rimarrebbero senza aiuto, e l’apparente sicurezza del Paese crollerebbe in poche ore.

Nel periodo natalizio, tutto questo diventa ancora più evidente. Non sono luci, regali o panettoni a fare la differenza: sono le persone che scelgono di dare il loro tempo, la loro attenzione e la loro fatica a chi altrimenti sarebbe solo. Senza di loro, il Natale perde gran parte del suo significato: non perché manchino i doni, ma perché sparisce la rete che garantisce dignità, calore e sicurezza a chi ha più bisogno. Potremmo tirare le somme di questo Natale distopico, allargando l’ipotesi ad un panorama più ampio: la chiusura generale dei servizi per mancanza di risorse economiche e umane. Nel breve periodo significherebbe il crollo dei servizi essenziali — mense, dormitori, empori — con centinaia di posti pasto e posti letto che svanirebbero in pochi giorni. Seguirebbe un aumento immediato delle emergenze sanitarie, con più accessi ai pronto soccorso, e una rapida saturazione dei servizi sociali comunali, travolti da richieste oltre ogni capacità. Nel giro di mesi, lo Stato sarebbe costretto a sostituire le attività oggi garantite dal Terzo settore, affrontando costi molto più elevati per personale, logistica e strutture con un aumento della spesa pubblica diretta. Intanto, senza quel lavoro di ascolto e accompagnamento si avrebbe una riduzione della capacità preventiva, aumenterebbero sfratti, micro–reati legati alla sopravvivenza ed esclusione sociale. Su un orizzonte di anni, crescerebbero marginalità e povertà cronica, aggravando i percorsi di inclusione lavorativa e sanitaria. L’effetto domino colpirebbe la spesa pubblica — più emergenze da gestire, meno entrate fiscali, più costi abitativi e sanitari — intaccando non solo il bilancio dello Stato ma la coesione stessa delle comunità. Questa conclusione chiude il cerchio del nostro “Natale distopico”: la rete delle Caritas e degli enti benefici non è un semplice ornamento solidale, ma un’infrastruttura sociale che sostiene, previene e alleggerisce.

Immaginare un mondo senza di essa significa immaginare un Paese più fragile, più solo e irrimediabilmente più ingiusto.

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