Fasano: “La crisi dei dazi non è solo economica”

Anna Fasano, presidente di Banca Etica, spiega che la crisi dei dazi nasce da dinamiche geopolitiche e finanziarie. Per ricostruire fiducia servono scelte responsabili di persone, imprese e istituzioni, orientate a un’economia più giusta e sostenibile

(Foto AFP/SIR)

Anna Fasano, presidente di Banca Etica, fa il punto sulla crisi scatenata dai dazi, chiarisce che si tratta di una questione più geopolitica e finanziaria che economica e ricorda l’importanza del ruolo delle persone, delle imprese e delle istituzioni per ricostruire un clima di fiducia.

Il presidente degli Stati Uniti d’America, Donald Trump, ha annunciato un passo indietro sulla questione dei dazi, tranne che per la Cina. Sembra di stare a folle velocità su una giostra. Quali saranno le ricadute a medio termine sull’economia?
Direi che fare una previsione a medio termine è quasi impossibile. La vera domanda è cercare di capire se in questo momento le scelte di Trump, più che degli Stati Uniti, sono delle boutade, cioè se l’applicare i dazi serve per poi poter trattare con una forza maggiore o vi sia un reale passo indietro. Provo a dare una chiave di lettura che è quella di

(Foto Corrado Farini Visual Crew)

contestualizzare questo conflitto economico all’interno di una guerra geopolitica e finanziaria. L’economia è lo strumento che viene utilizzato per evidenziare il potere, questa è un po’ la mission di Trump.

Le sue azioni danno due elementi: il primo restituisce il potere della finanza. Sembra che adesso potrebbe essere accusato di insider trading perché le fake news su mossa e contromossa sui dazi hanno fatto sì che ci fossero guadagni superiori al 2000% per alcune quotate in borsa. Altro elemento che evidenzia l’operazione è un limite già in essere nelle regole del commercio internazionale.

Di cosa si tratta?
L’ingresso della Cina su tutti i mercati con una sotto-regolamentazione rispetto a tutta una serie di temi, pensiamo a quello sociale e non solo ambientale, ha fatto sì che ora ci troviamo in una situazione di disequilibrio. Poi, perché Trump abbia applicato i dazi alla Cina e agli altri no, forse questo è più da intravedersi non tanto nel surplus commerciale Cina-Usa, ma ad esempio nel fatto che all’asta dei titoli americani la Cina non si sia presentata ed era quella che deteneva il maggior debito pubblico americano. Quindi vorrei riportare l’attenzione sul fatto che si tratta di una guerra non tanto economica purtroppo.

È una guerra che ha altri confini e obiettivi legati alla supremazia geopolitica.

Come sempre, coloro che ne fanno le spese sono i più fragili: penso a tutte le perdite dei fondi pensione. Le risorse in questo momento andate in fumo sono già tante e non sono quelle dei miliardari, ma quelle delle persone che fanno difficoltà. Lo si dimentica, ma è la finanza che governa i soldi.

Il valore “fiducia” ha fatto un passo indietro: si potrà recuperare?
In questo momento è venuta meno la fiducia verso gli Usa, ma si tratta di una sfiducia verso l’istituzione, tant’è che viene messo in dubbio anche il valore del dollaro come riserva. L’asta dei titoli del tesoro americano a 30 anni è andata deserta.

Non c’è più fiducia rispetto ad alcune istituzioni che però sono sempre state, nei 40 anni di economia più florida, simbolo di crescita. Abbiamo sempre guardato al sistema Stati Uniti per capire le riprese, le innovazioni e quant’altro.

Per recuperare fiducia è necessario non mettere sempre delle toppe, dobbiamo trovare una direzione. Se non ci sono obiettivi chiari le persone si sentono smarrite.

Per affrontare questa realtà cosa si può fare?
Decidere che tipo di società, di economia vogliamo e quale finanza mettiamo a servizio di questa economia, altrimenti rincorreremo bolla dopo bolla. Per raggiungere una sostenibilità reale dobbiamo guardare al medio termine e richiamare a una responsabilità sia singola che collettiva. Responsabilità delle istituzioni: i vincoli alla spesa pubblica sono un tema che va affrontato, soprattutto sulla questione delle armi. Una responsabilità singola delle persone che sappiano come consumare e dove investire. Una responsabilità delle imprese che, per competitività, non devono giocare al ribasso, altrimenti perderebbero anche gli elementi di eccellenza. Non è vero che non ci sono le leve, ci sono delle scelte da fare.

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