Sinodalità e vita

Ora, nella fase "profetica" si tratta di puntualizzare gli aspetti determinanti del cammino proponendo indicazioni e scelte comuni per il futuro delle nostre comunità

(Foto Siciliani-Gennari/SIR)

Circa mille persone, tra vescovi, invitati e delegati, riuniti insieme nell’aula Paolo VI in Vaticano nella prima metà di questa settimana (da lunedì 31 marzo a giovedì 3 aprile) per la Seconda Assemblea sinodale delle Chiese in Italia. L’esperienza precedente, vissuta da quasi tutti loro nella Prima Assemblea, forte dei contributi fatti pervenire dalle diocesi, ha portato all’elaborazione dello “Strumento di lavoro” affidato alle Chiese locali perché, ancora una volta, riflettessero e integrassero con le loro testimonianze e i loro suggerimenti il cammino sinodale attorno a tre dimensioni fondamentali: il rinnovamento missionario della mentalità ecclesiale e delle prassi pastorali, la formazione missionaria dei battezzati alla fede e alla vita, la corresponsabilità nella missione e nella guida della comunità. Siamo alla terza fase del progetto sinodale che ha visto impegnata la Chiesa universale su impulso di papa Francesco. Dopo quella “narrativa”, in cui si sono comunicate e documentate le luci e le ombre delle nostre comunità, e quella “sapienziale”, in cui si sono approfondite alla luce dello Spirito le questioni emergenti e le prospettive più essenziali, ora, nella fase “profetica” – che, come sottolinea il presidente del Comitato nazionale del cammino sinodale mons. Erio Castellucci – recupera le altre due fasi -, si tratta di puntualizzare gli aspetti determinanti del cammino proponendo indicazioni e scelte comuni per il futuro delle nostre comunità. I partecipanti all’assemblea, tra cui il nostro vescovo e con lui altri quattro tra sacerdoti e laici rappresentanti della diocesi clodiense, avevano in mano le “Proposizioni”, stese sulla base dei contributi pervenuti in quest’ultima fase dalle diocesi. La nostra ha focalizzato l’attenzione su tre dei numerosi aspetti suggeriti, uno per ognuna delle tre parti dello “Strumento”, e precisamente: “Sviluppo umano integrale e cura della casa comune”, “Rinnovamento dei percorsi di Iniziazione cristiana”, “Forme sinodali di guida della comunità”. La relazione elaborata dalla commissione sinodale diocesana e approvata dal vescovo Giampaolo ha fornito, insieme a quelle di tutte le altre diocesi, gli spunti per stendere le “Proposizioni”, cioè “proposte”, che in questa Assemblea sono state discusse e verranno rielaborate e ripresentate a una Terza Assemblea il 25 ottobre per essere poi affidate ai vescovi nella loro Assemblea, rinviata da maggio a novembre. Di là, ultima tappa del “discernimento” che metterà insieme carisma profetico e ministero istituzionale, uscirà il “testo finale” che sarà donato alle nostre Chiese locali e che ci auguriamo possa offrire anche qualche risposta concreta ed efficace, almeno su alcuni punti. L’orizzonte complessivo e ispiratore – ribadiva nel discorso introduttivo all’Assemblea di questi giorni mons. Castellucci – è “la missione nello stile della prossimità, che diventa appello alla conversione personale e comunitaria, attraverso la formazione e la corresponsabilità”. Concetti – si direbbe – ascoltati e ripetuti più volte in questi anni, ma che richiedono un impegno costante e rinnovato per essere assimilati, vissuti e praticati. Potremmo anche chiederci in che misura questo impegnativo e ben strutturato e scandito “cammino sinodale” a livello di Chiesa universale, nazionale e locale, ha di fatto inciso sull’esperienza concreta dei nostri cristiani e delle nostre comunità. Credo si sia comunque percepito un atteggiamento di fondo, che è quello della comune appartenenza e responsabilità, tra ministri e fedeli, per una missione e un compito da condividere e da intensificare nel dialogo e nella reciproca stima e collaborazione. Al di là del percorso – che può essere sembrato anche eccessivamente “organizzato” e in qualche modo perfino troppo ciclico e quasi ripetitivo con quella sorta di “andirivieni” tra centro e periferia -, una mentalità nuova e una nuova disponibilità può essere stata maturata da molti. Ancora una critica, assolutamente falsa e ingenerosa, si è sentita a proposito di queste assise: “discutete e programmate; ma i poveri aspettano!”. Per 1000 convocati, milioni di altri continuano ogni giorno nella loro missione di testimonianza e di carità; e ancor più i delegati romani sono consapevoli di questo stesso compito da rilanciare per sé e per le proprie comunità. L’originale denominazione attribuita in diocesi alle diverse realtà locali, “Comunità cristiane sinodali”, non è altro che un’ulteriore spinta per vivere davvero insieme, ministri e fedeli, la missione evangelica nella comunione e nella più aperta fraternità.

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