“Esserci sempre!”. In questa breve affermazione di Martina Siebezzi, presidente del Consiglio centrale di Venezia della Società di San Vincenzo De Paoli, c’è il senso di cosa significa fare volontariato all’interno dell’Associazione. A Venezia sono operative 5 Conferenze, per un totale di 60 soci, 258 persone supportate e 82 famiglie assistite. Tra le nuove sfide, “la salute mentale dei giovani o le difficoltà collegate a depressione e Alzheimer”, afferma la presidente, secondo la quale “questo ci chiama a rinnovare le nostre modalità di contatto rispetto al passato. Proprio per questo a novembre scorso abbiamo organizzato un incontro formativo per i volontari e ne prevediamo un altro a fine marzo”. “Essere vincenziani mendicanti di luce” è il titolo del nuovo momento esperienziale e formativo, che si terrà il 22 marzo a Mestre e che ha come obiettivo riscoprire il carisma identitario vincenziano, risentire il suo richiamo spirituale e rigenerare la capacità relazionale.

(Foto Società San Vincenzo De Paoli)
Ascolto, formazione, supporto socio-economico, distribuzione di alimenti e vestiti, finanziamento di borse di studio e aiuto nel cercare un lavoro: l’Associazione ogni giorno cerca di rispondere alle innumerevoli fragilità della società odierna che “sono in crescita”, evidenzia Siebezzi. “L’incremento dei prezzi, oltre a quello delle bollette, ha portato a un ulteriore impoverimento della popolazione – rileva -. Dal punto di vista alimentare crescono le richieste di aiuto, anche da parte di famiglie giovani che si trovano in difficoltà non lavorando nell’ambito turistico”. La maggior parte delle Conferenze che si occupano della distribuzione sono associate al Banco alimentare europeo. “Il passaparola e l’aiuto garantito dalle comunità parrocchiali, anche in termini economici, giocano un ruolo fondamentale. Personalmente mi occupo anche di interfacciarmi con Ulss 3 o con il Comune per quelle situazioni particolarmente complesse”, chiarisce ha la presidente. Lo stato di precarietà investe anche molte madri sole, con figli. “Si tratta di donne abbandonate dai propri uomini ma anche immigrate che, seppur siano sposate e abbiano accanto un marito, devono occuparsi totalmente della famiglia”, dichiara Siebezzi.

(Foto Società San Vincenzo De Paoli)
Si cerca di raggiungere ogni persona. “Sono parte della nostra vita e quindi il bello è esserci, in ogni momento”, specifica la presidente del Consiglio centrale di Venezia. Tra i mondi raggiunti anche quello delle carceri. Per contribuire a riempire di senso la vita di chi è privato della libertà, i volontari della Società di San Vincenzo De Paoli lavorano a stretto contatto con il direttore della casa circondariale Santa Maria Maggiore di Venezia, Enrico Farina e con il nuovo cappellano, don Massimo Cadamuro: “Siamo riusciti a fare da ponte tra il carcere e il Convento di San Francesco della Vigna, dove abbiamo un nostro punto di distribuzione: sono stati assunti dai frati tre ristretti in regime di semi-libertà. Uno lavora in cucina, un altro è impiegato nella guardiania della chiesa del Convento e un ristretto è stato assunto dalla ditta che cura i vigneti dell’edificio religioso”, ricorda la presidente. Negli anni è stato realizzato un punto verde nel cortile della casa circondariale di Santa Maria Maggiore. Rientra nel progetto “Il cortile ri-creato”. “Si tratta di uno spazio che i detenuti curano per riacquisire quel senso di utilità che li aiuta a sentirsi parte del mondo. Inoltre – aggiunge Siebezzi – per accompagnare le persone private della libertà a esprimere il proprio io, conoscersi più a fondo attraverso i propri talenti, abbiamo organizzato un corso di arte”.
- (Foto Società San Vincenzo De Paoli)
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“Fare arte insieme: imparare a disegnare per riscrivere la nostra quotidianità” è il nome del progetto curato dalla coordinatrice Anna Gigoli. Un appuntamento settimanale, della durata di due ore. “Sono due anni che me ne occupo con una decina i ragazzi, alcuni dei quali sono in carcere da tanti anni”, racconta Gigoli. Attraverso il corso c’è chi esprimere il suo mondo interiore, chi rispolvera ricordi, chi ne approfitta per lasciarsi andare a confidenze che manifestano tanta sofferenza e disperazione. “Il carcerato matura la consapevolezza del reato e l’impossibilità di poter rimediare al danno compiuto. Questo genera un profondo senso di angoscia che sfocia nella disperazione. Infondere un po’ di speranza diventa fondamentale. E, in piccolo, attraverso le nostre iniziative cerchiamo di farlo – confida Gigoli -. Auspichiamo per la primavera, o al massimo l’estate, di far realizzare ai ristretti dei murales nello spazio esterno”. Non solo: “Due detenuti sono pronti a partecipare con i loro scritti alla XVIII edizione del Premio Carlo Castelli, che quest’anno si svolgerà nella casa circondariale ‘Canton Mombello’ di Brescia”, fa presente Gigoli. Il Premio letterario Carlo Castelli, organizzato dalla Federazione nazionale italiana Società di San Vincenzo De Paoli Odv, Settore Carcere e Devianza, è un concorso riservato ai detenuti di tutte le carceri italiane e di tutti gli Istituti per minori. La partecipazione è aperta a cittadini italiani e stranieri, senza limiti di età, condannati almeno con sentenza di primo grado. Quest’anno sarà sul tema “Mi specchio e (non) mi riconosco: non sono e non sarò il mio reato”.
Rispetto agli altri impegni futuri del Consiglio centrale di Venezia la presidente ricorda ciò che c’è da consolidare, come l’interazione con il carcere e con l’Ospedale civile. “Se arriveranno i fondi previsti, speriamo di mettere in campo un investimento dedicato ai campi estivi. Un’occasione per riunire bambini di qualsiasi etnia e religione: un’attività inclusiva!”, dice Sebiezzi.
Mentre a Roma si celebra il Giubileo del volontariato, quale frutto spera possa venire da quest’Anno Santo? “Di fronte a una società disumanizzata in cui trionfa l’egoismo – risponde la presidente del Consiglio centrale di Venezia – vorrei che l’uomo sappia riconoscere l’altro come dono, per il quale spendersi e dal quale, al tempo stesso, ricevere. Una reciprocità che nasce dalla consapevolezza di aver bisogno gli uni degli altri. Come ci dice Papa Francesco, nessuno si salva da solo”.

