Non solo parole gentili per i malati

In questi ultimi anni, sono le comunità e le istituzioni ad aver progressivamente rinunciato a garantire quella dignità e quel sostegno dovuto alle persone ammalate. Basti pensare alle liste di attesa che si sono allungate a dismisura e al costo delle cure per chi si trova costretto a cercare un’alternativa in strutture private. A livello individuale e di personale sanitario una parola gentile può fare moltissimo. Ma è l’apporto della collettività, attraverso le sue strutture sanitarie, a rimanere indispensabile

(Foto Siciliani-Gennari/SIR)

“Durante la malattia, le parole assumono un significato profondo. Chi soffre non ha bisogno di retorica, ma di empatia, ascolto e presenza”. Coloro che sono a contatto con una persona malata ne sono ben consapevoli. A ribadirlo è don Tullio Proserpio, cappellano dell’Istituto nazionale dei tumori di Milano, intervenendo sul Corriere della Sera con una riflessione sulla Giornata mondiale del malato, che si è celebrata martedì. Il sacerdote rimarca inoltre che ognuno nel suo piccolo può migliorare la vita di chi soffre. E conclude il suo intervento sottolineando che “comunità, istituzioni e cittadini sono chiamati a collaborare per garantire dignità e sostegno a chi affronta la malattia”. In questi ultimi anni, sono proprio le comunità e le istituzioni ad aver progressivamente rinunciato a garantire quella dignità e quel sostegno dovuto alle persone ammalate. Basti pensare alle liste di attesa che si sono allungate a dismisura e al costo delle cure per chi si trova costretto a cercare un’alternativa in strutture private. A livello individuale e di personale sanitario una parola gentile può fare moltissimo. Ma è l’apporto della collettività, attraverso le sue strutture sanitarie, a rimanere indispensabile.

(*) direttore de “La Vita Casalese”

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