Compie 30 anni il Premio giornalistico nazionale “Natale Ucsi”, (www.premioucsi.it), promosso dalla sezione veronese dell’Unione Cattolica Stampa Italiana e intitolato al giornalista veronese Giuseppe Faccincani. Trenta anni trascorsi a dare visibilità alle ‘buone notizie’ e ai giornalisti che sanno farsi voce del “bene che c’è e che non si dice” ma soprattutto a dare dignità di notizia a tanti fatti che spesso passano sotto silenzio. Per l’occasione il Sir ha intervistato Stefano Filippi, presidente Ucsi Verona.
Presidente, può fare un bilancio di questi 30 anni del Premio?
È il bilancio di una manifestazione partita a livello locale e che ha raggiunto una dimensione nazionale per numero di partecipanti, per qualità dei colleghi premiati e dei lavori presentati. L’intuizione dei fondatori del premio non è stata solo quella di premiare, come dire, le buone azioni su piccola scala, ma di far capire a tutto il mondo della comunicazione che queste cosiddette ‘buone notizie’, in realtà, sono il racconto della vita quotidiana delle persone fatta di gratuità, di aiuto, di sostegno, di solidarietà e di accoglienza. Valori che tempo fa erano meno presenti sui giornali, sulla stampa, in televisione, ma che col passare del tempo lo sono diventati. Gli iniziatori volevano premiare quelle notizie che, in dialetto veronese, raccontavano ‘il ben che non se dise’, cioè il bene che non si dice. Non si dice perché avvolto da un alone di riservatezza, di pudore e di rispetto per le persone. Ma il racconto di questo ‘bene’ è contagioso: vedere che sui giornali non ci sono solo notizie negative ma anche buone notizie è contagioso, ha un effetto moltiplicatore. Io credo che questo sia un risultato importante di questi primi 30 anni del Premio. La “buona notizia” intesa come forza “emulatrice” positiva.
Un giornalismo che dà dignità di notizia a tanti fatti che spesso passano sotto silenzio va un po’ in controtendenza. Questo premio è la prova che il ‘bene’ fa ancora notizia?
Che vada un po’ in controtendenza questo è sicuro, basti ricordare il famoso adagio, sempre valido, ‘fa più rumore un albero che cade che una foresta che cresce’. Raccontare la foresta non è ‘un di meno’. Nell’arco di questi anni siamo passati dallo scegliere storie personali, notizie di bene compiuto singolarmente, che è quello forse meno noto al pubblico, al raccontare il bene come fatto sociale, come costruzione di una socialità diversa. L’impatto sociale del bene è una notizia. Purtroppo, bisogna dirlo, non è sempre facile trovare spazio a queste notizie sui media e il giornalista che le scrive deve ‘battagliare’ per ottenerlo.
‘Genio della donna’ è una delle cinque sezioni che compongono il premio (le altre quattro sono Stampa, Tv, Radio e Targa Athesis per collaboratori under 30, ndr.). Da dove nasce questa scelta?
La sezione ‘Genio della donna’ non era tra quelle originali del premio. È stata introdotta da qualche anno non per una questione, diciamo così, di ‘quote rosa’, ma per valorizzare storie raccontate che non potevano avere come protagoniste se non delle donne. Ricordo che un anno abbiamo premiato una collega di un settimanale, non ricordo quale adesso, che pubblicò la storia di due donne, una era la madre di un appartenente alle Forze dell’ordine ucciso dal figlio dell’altra mamma. Le due donne si sono riappacificate, hanno fondato un’associazione e oggi vanno nelle scuole a raccontare che perdonare è possibile. Solo due mamme potevano fare un gesto di questo tipo. Questa è una di tante storie di bene con donne protagoniste che fanno risaltare l’impegno femminile nella tutela dei valori legati alla solidarietà e alla convivenza civile.
Dopo 30 anni, quale sviluppo attende il Premio? Ci sono già idee e novità in cantiere per il futuro?
Aver raggiunto i 30 anni, per noi che siamo un gruppo di giornalisti di provincia, non era scontato. Abbiamo un gruppo di sostenitori, tra questi la Fondazione cattolica, che ci aiuta da sempre, che dobbiamo ringraziare perché è gente che crede nei nostri stessi valori incarnati nel Premio. Per il futuro vorremmo cercare di capire sempre di più e confrontarci con le nuove tecnologie e le reti sociali. Le questioni che l’intelligenza artificiale e, più semplicemente, i social sollevano sono legate anche al rispetto delle persone, alla verità dei fatti, all’incontro che spesso viene a mancare se ci si limita solo al contatto virtuale tipico dei social. Capire dove si nasconde il bene anche in questi ambiti e in questi strumenti, potrebbe essere una delle piste di lavoro futuro.
Per partecipare al premio. Le candidature dovranno essere proposte compilando il modulo on line sul sito www.premioucsi.it alla voce relativa, entro il 31 ottobre 2024. Tre i premi principali e due i riconoscimenti speciali che la giuria – composta dal presidente Filippi e da soci dell’Ucsi di Verona, Veneto e Trento – assegnerà ai vincitori. Il premio Ucsi – Fondazione Cattolica alla Stampa, il premio Ucsi – Fondazione Cattolica alla Televisione e il premio Ucsi – Fondazione Cattolica alla Radio vanno rispettivamente al migliore articolo pubblicato su quotidiano, periodico o testata online regolarmente registrata e al miglior servizio televisivo e radiofonico che affronti i temi del premio. Il Gruppo editoriale Athesis attribuisce il riconoscimento speciale “Targa Athesis” al miglior servizio sui temi del premio realizzato da un giovane giornalista o collaboratore con meno di 30 anni; il premio “Il genio della donna” della Fondazione Banca Popolare di Verona è destinato, invece, al/alla giornalista che abbia valorizzato l’impegno femminile nella tutela dei valori legati alla solidarietà e alla convivenza civile. La giuria conferisce, infine, il riconoscimento speciale “Giornalisti e società: la professione giornalistica al servizio dell’uomo” sostenuto dall’Ufficio Comunicazione Sociali della Conferenza Episcopale del Triveneto (Cet). La premiazione si terrà sabato 14 dicembre 2024, ore 11, in sala Arazzi di palazzo Barbieri, sede del Comune di Verona.