Colombo (Università di Bologna), “le cure palliative riducono l’accesso a eutanasia e suicidio assistito”

A influenzare il giudizio dell’opinione pubblica e le scelte delle nazioni sono la possibilità di accedere alle terapie del dolore e quanto la regolamentazione sia legata all’esercizio della libertà di scelta individuale. Quando l’offerta delle cure palliative è adeguata e capillare, il ricorso a eutanasia e suicidio assistito, nei Paesi in cui è regolato da leggi, si riduce.

(Foto Siciliani-Gennari/SIR)

Quando l’offerta delle cure palliative è adeguata e capillare, il ricorso a eutanasia e suicidio assistito, nei Paesi in cui è regolato da leggi, si riduce. È uno dei risultati dello studio “Data and trends in assisted suicide and euthanasia, and some related demographic issues”, pubblicato a gennaio su Population and Development Review, a cui hanno lavorato i professori Asher Colombo, ordinario di Sociologia dell’Alma Mater, e Gianpiero Dalla Zuanna, ordinario di Demografia all’Ateneo di Padova. La ricerca si concentra su eutanasia e suicidio assistito, con un’analisi dei cambiamenti nell’opinione pubblica al riguardo nei Paesi sviluppati. In particolare, il lavoro ha osservato la diffusione e le tendenze negli anni, con un focus su Svizzera, Paesi Bassi e Belgio, dove è stato possibile considerare anche le connessioni con le cure palliative. Al Sir, il professor Colombo si sofferma su un risultato: contrariamente a quanto ci si potrebbe aspettare, in Europa, lì dove sono presenti adeguate terapie del dolore, le persone esposte a sofferenza fisica non si dicono più favorevoli nei confronti di eutanasia e suicidio assistito.

Professore, su eutanasia e suicidio assistito, le ricerche dimostrano che la loro diffusione rallenta se vengono offerte cure palliative adeguate.

Tutti i dati mostrano che c’è una crescita del ricorso alle due pratiche dove queste sono legalizzate. Negli Stati Uniti, i numeri sono più contenuti a differenza del Canada, dove la crescita è stata rapida. La dimensione è fortemente influenzata dal tipo di legislazione e dalle pratiche mediche offerte. Dove le due pratiche sono definite come scelte individuali e come esito dell’esercizio della libertà del singolo, il ricorso a suicidio assistito ed eutanasia è elevato; dove invece l’accesso è più ancorato a paletti, come ad esempio la presenza di dolori ritenuti intollerabili o l’essere nella fase terminale della malattia, il ricorso è più ridotto. Ed è ancora più basso dopo aver proposto altri percorsi medici per alleviare il dolore, come appunto le cure palliative. A livello aggregato, quindi, vediamo che quando l’offerta delle cure palliative è adeguata e capillare, il ricorso a eutanasia e suicidio assistito, nei Paesi in cui è regolato da leggi, è più limitato.

In Italia, purtroppo, la diffusione delle cure palliative è ancora scarsa poiché nello studio abbiamo visto come l’uso della morfina rispetto ad altri Paesi europei sia più basso.

Stupisce quindi il dato che avete rilevato in Europa: contrariamente a quanto ci si potrebbe aspettare, lì dove sono presenti cure palliative, le persone esposte a livelli elevati di sofferenza fisica non sono più favorevoli ad eutanasia e suicidio assistito.

Sì, questo è un dato che colpisce molto. A parità di altre condizioni, il fatto di versare in uno stato di salute peggiore riduce, anziché aumentare, il favore e il consenso nei confronti di entrambe le pratiche. Questo suggerisce che in generale la giustificabilità del suicidio assistito sia correlata alla percezione della propria sicurezza.

Avete osservato anche che il suicidio tradizionale è molto più diffuso tra gli uomini, mentre le differenze di genere scompaiono quando si parla di suicidio assistito. Quanto incidono in questi casi la religione e la fede?

Uno degli argomenti usati nelle proposte di legge a favore dell’eutanasia, per esempio quella che ha condotto alla norma in Canada, è stato dire che il suicidio assistito sostituisca il suicidio. I dati ci dicono che le cose non stanno così: Il numero dei suicidi assistiti si somma a quello dei non assistiti e dove è stata introdotta la norma non c’è stato un calo dei suicidi. Sono due fenomeni diversi. Ciò lo suggerisce la composizione delle persone che commettono suicidio. La più importante è la differenza di genere: tutti i dati nelle epoche storiche ci dicono che l’incidenza sia più alta fra gli uomini mentre nel suicidio assistito la differenza scompare. In Svizzera, inoltre, alcune ricerche mostrano come più una persona è religiosa e più è bassa l’incidenza dei suicidi. La religione e la fede sono infatti una protezione dal rischio di suicidio. Ma non nel caso del suicidio assistito: qui la differenza è più debole se non scompare addirittura.

Negli anni, in base ai sondaggi effettuati dalla Gallup, negli Stati Uniti, l’opinione su eutanasia e suicidio assistito è cambiata, sono notevolmente aumentati i favorevoli. Perché?

La tendenza si rileva in gran parte dei Paesi occidentali. La quota dei favorevoli è ampiamente maggioritaria anche se la crescita da alcuni anni si è arrestata. Il cambiamento è legato a fattori più generali che riguardano la crescita di riferimenti e valori basati sull’importanza della scelta individuale. Colpisce che l’accettabilità dell’eutanasia sia più alta di quella del suicidio assistito e che la quota dei cittadini che considera giustificabili le due pratiche cresca se le motivazioni passano per la scelta individuale.

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