I percorsi di formazione della Fondazione Migrantes. Mons. Baturi (Cei): “La conoscenza fa parte dell’accoglienza”

Continua il percorso di formazione giuridica promosso dalla Fondazione Migrantes e rivolto ai direttori diocesani e regionali e ai loro collaboratori impegnati nella pastorale migratoria nelle diocesi italiane. Nel pomeriggio dell’11 dicembre il confronto è stato sull’impatto della legge 50, il cosiddetto “Decreto Cutro”, nel sistema d’accoglienza in Italia. Per la Migrantes è importante la formazione per rispondere ai cambiamenti legislativi

foto SIR/Marco Calvarese

Con un nuovo appuntamento svoltosi nei giorni scorsi è proseguito il percorso di formazione giuridica, promosso dalla Fondazione Migrantes, rivolto ai direttori diocesani e regionali e ai loro collaboratori impegnati, nelle rispettive diocesi, nella pastorale delle migrazioni. Al centro dell’ultimo incontro, svoltosi nei giorni scorsi, il confronto sull’impatto della legge 50, il cosiddetto “Decreto Cutro”, nel sistema d’accoglienza in Italia. Secondo Migrantes è importante puntare sulla formazione indispensabile per rispondere ai cambiamenti legislativi. L’idea sorgiva di questi momenti – ha spiegato mons. Pierpaolo Felicolo, direttore generale di Migrantes – è quella di “gettare un iniziale piccolo seme di opportuna formazione. Un seme che va seguito, curato con continuità e lasciato crescere. È importante infatti – ha proseguito – approfondire, anche dal punto di vista giuridico, alcune tematiche sia per la salvaguardia della dignità delle persone, sia per contribuire a costruire un’opinione pubblica maggiormente informata”. Presente all’incontro anche il segretario generale della Cei, mons. Giuseppe Baturi, il quale, aprendo il meeting, ha ribadito che

la “conoscenza fa parte dell’accoglienza”.Sottolineando poi l’importanza dell’iniziativa, mons. Baturi ha riproposto le parole di Papa Francesco ricordando che “i migranti sono volti, non numeri; sono persone che non si possono semplicemente classificare, ma che occorrerebbe abbracciare”.

La disamina del testo è stata quindi affidata a Paola Scevi, direttrice del master in Diritto delle migrazioni nell’Università degli studi di Bergamo e docente di Diritto penale nello stesso Ateneo. Nel suo intervento, ha sottolineato come “gran parte delle categorie analitiche tradizionalmente utilizzate (migrante economico, profugo, richiedente asilo, vittima di tratta, migrante irregolare, clandestino) sono poco efficaci nell’interpretare percorsi migratori multiformi e complessi, all’interno dei quali si intrecciano negazione di diritti, esperienze di sfruttamento ed emarginazione, progettualità, talvolta in violazione dell’interesse pubblico all’integrità dei confini e al controllo dei flussi migratori”.Nella sua relazione la docente si è poi soffermata sul terribile fenomeno della tratta, evidenziando che traffico e tratta di essere umani “sono spesso strettamente correlati, poiché entrambi sono contraddistinti da una parte dall’avvantaggiarsi di chi specula sui migranti, dall’altra dalla vulnerabilità di tutte quelle persone in cerca di protezione internazionale o di accesso al mercato del lavoro all’estero”.

Ad aprire il primo incontro di formazione svoltosi lo scorso febbraio il card. Matteo Zuppi, presidente della Cei. Nelle sue parole il desiderio di sottolineare la bontà e l’utilità del servizio degli operatori pastorali, perché“chi si fa migrante tra i migranti è aiutato a stringere relazioni e stabilire tante alleanze, collaborazioni per portare a soluzione vicende spesso difficili e purtroppo prolungate nel tempo e che tante volte diventano delle vere e proprie patologie”. “Le persone con le quali vi siete messi in cammino – ha ribadito in quell’occasione rivolgendosi ai direttori e collaboratori degli uffici Migrantes delle diocesi italiane – ci aiutano a camminare e arricchiscono le nostre chiese e ci spingono a farci un po’ migranti”. C’è bisogno di formazione anche giuridica: “Tante volte ci sono novità normative peggiorative e che non affrontano i veri problemi e spesso limitanti rispetto all’evidenza delle situazioni che voi tutti i giorni vivete”.

Sulla validità dei corsi di formazione è intervenuto infine mons. Gian Carlo Perego, presidente dell’organismo pastorale della Cei. “I corsi sulla formazione giuridica della Migrantes, attivi da dieci anni – ha spiegato l’arcivescovo di Ferrara-Comacchio –,

sono uno strumento importante per l’azione di informazione e di advocacy che le Migrantes diocesane sono chiamate a realizzare. Dalla interpretazione delle leggi, dalla giurisprudenza nascono, infatti, percorsi di tutela dei migranti e richiedenti asilo”. Per mons. Perego la legislazione sulle migrazioni in questi anni è “cambiata, in particolare in questo ultimo anno, con decreti (come il cosiddetto decreto Cutro) e leggi che hanno modificato le forme di protezione internazionale in particolare, che chiedono alle Migrantes di lavorare sulla informazione (spesso ideologica) e sulla formazione degli operatori pastorali”.

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