Aids. In Italia risalgono i casi. “Hiv, ne parliamo?”, la campagna contro stigma e pregiudizio

Vivere bene con l'Hiv oggi si può. Come? Seguendo correttamente le terapie, conoscendo e affrontando le problematiche legate alla propria condizione, ma soprattutto parlandone con il proprio medico, giorno dopo giorno. Eppure in Italia, nonostante i progressi nelle terapie, permangono ancora stigma e pregiudizio verso i malati di Aids. In occasione della Giornata mondiale che ricorre oggi, prende il via una campagna di informazione e sensibilizzazione con testimonianze di pazienti e influencer

(Foto ANSA/SIR)

Dopo oltre un decennio di trend in costante discesa, nel biennio post-Covid si è registrato un nuovo aumento dell’incidenza Hiv: 1.888 nuovi casi segnalati nel 2022, +32% rispetto al 2020. A renderlo noto, in occasione della Giornata mondiale per la lotta contro l’Aids che ricorre il 1° dicembre, è l’Istituto superiore di sanità avvertendo, tuttavia, che l’incidenza in Italia rimane al di sotto della media osservata tra gli Stati Ue (3,2 vs 5,1 nuovi casi per 100mila). Vivere bene con l’Hiv oggi si può; eppure, secondo un’indagine sul vissuto di 500 pazienti realizzata da Elma Research, l’infezione, nonostante gli importanti progressi terapeutici, ha ancora un impatto determinante sulla qualità di vita dei pazienti. Di qui la campagna di sensibilizzazione Hiv. Ne parliamo?, promossa da Gilead Sciences con il patrocinio di 16 associazioni italiane di pazienti, della Società italiana di malattie infettive e tropicali (Simit) e dell’Italian Conference on Aids and Antiviral Research (Icar).

Abbattere stigma e pregiudizio. Il 40% delle persone che vive con Hiv, si legge nell’indagine, apprende dell’infezione casualmente, e ben 2 su 10 rimandano la comunicazione per timore di essere giudicati ed emarginati. Parlare di Hiv è allora il primo passo per abbattere stigma e pregiudizio e per aiutare le persone che hanno contratto il virus a vivere con maggiore serenità, senza rinchiudersi in sé stesse. A pesare sulla qualità di vita, anche la mancata aderenza alle terapie che interessa oltre un terzo dei pazienti.

Foto Gilead Sciences

Tornare a parlarne. “Il 95% delle persone comunica l’infezione in modo molto parziale, spesso escludendo familiari e amici – spiega Gabriella d’Ettorre (Dipartimento Sanità pubblica e malattie infettive, Sapienza Università di Roma) – perché c’è ancora una forte componente di stigma e ‘autostigma’ che pesa sulla vita delle persone che scoprono la sieropositività al virus”. Di qui l’importanza di “un dialogo aperto con il proprio medico”, del supporto delle associazioni di pazienti, di “tornare a parlare di Hiv, perché chi scopre l’infezione non si senta ‘messo da parte’ né si autoescluda sul piano affettivo, sociale o relazionale”. Tornare a parlarne è inoltre importante per “promuovere l’accesso al test volontario” per “favorire la diagnosi precoce”.

L’importanza della diagnosi precoce. “Il contrasto all’Hiv – spiega Andrea Gori (Dipartimento malattie infettive, Ospedale Luigi Sacco, Università di Milano e presidente Anlaids Lombardia) – può infatti contare su strategie terapeutiche efficaci, in grado di azzerare la carica virale, soprattutto se assunte il più precocemente possibile rispetto al momento dell’infezione”. Tuttavia, evidenzia Gori, “l’aderenza alla terapia resta il punto chiave, sebbene – come emerge dall’indagine – circa il 30% dei pazienti non riesce a rispettarla”.

Percorso multidisciplinare. Non sempre, osserva Alessandro Lazzaro (Dipartimento Sanità pubblica e Malattie infettive, Sapienza Università di Roma) “viene data la giusta attenzione alla salute mentale e al benessere psicologico”, eppure “sono numerose le persone con Hiv che presentano sbalzi d’umore, insonnia, ansia, depressione”. Diverse le cause: “Lo stigma sociale è una delle principali – spiega l’esperto -. Ma dietro alcuni di questi disturbi può esserci una causa biologica, legata agli effetti del virus o della stessa terapia antiretrovirale”. In tale contesto, dunque “il dialogo medico-paziente ha un ruolo cruciale per prendere consapevolezza e affrontare queste problematiche”, ma anche “per indirizzare chi ne ha bisogno verso un percorso integrato di tipo multidisciplinare”.

“Hiv. Ne parliamo?”. La campagna non si rivolge solo alle persone che vivono con Hiv, ma intende alimentare il dialogo e rispondere a dubbi e domande della popolazione generale. Centrale la testimonianza di pazienti che racconteranno le proprie storie di disagio, stress, isolamento e paura, ma anche di speranza, forza, empatia e solidarietà, accanto ad alcuni influencer che attraverso i propri profili Instagram coinvolgeranno le loro community sensibilizzandole sull’importanza di parlare di Hiv.

Due testimonianze. “Vivo con l’Hiv ormai da diversi anni – racconta Teresa – e posso dire che chi mi ha allontanato è perché non conosceva o non voleva conoscere, comprendere. E questo, tutto sommato, è anche un buon modo per capire chi vale la pena di frequentare e chi no, chi ti vuole bene”.​ “C’è molta differenza – precisa – fra quella che era la situazione delle persone Hiv positive negli anni Novanta e quella di oggi, ma sembra che la maggior parte delle persone sia rimasta ferma a quelle informazioni”.  “Quando è toccato a me – la testimonianza di Luigi – ho capito che non dovevo stravolgere la mia vita ma solo modificarla un po’ e aggiungere una terapia che serviva a curare una malattia cronica. Nonostante questo, soprattutto all’inizio è stato importante incontrare persone che vivevano la mia stessa condizione e fare domande, condividere preoccupazioni, dare sfogo alle frustrazioni”. Luigi ha partecipato ad un gruppo di auto aiuto, ed oggi dice: “Quando incontro una persona che vive questo disagio cerco sempre di raccontare la mia esperienza e di far capire che se sei consapevole di te, se accetti la tua condizione, saprai circondarti anche di persone che comprendono e accettano”.

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