Naufragio nel Crotonese. Mons. Savino: “No a certi decreti governativi, servono politiche alte e altre”

Tra i presenti in prima linea la Caritas diocesana di Crotone-Santa Severina, che si è resa disponibile per ogni esigenza. Don Stefano Cava, direttore dell’Ufficio, insieme ai suoi collaboratori si è subito recato sul luogo del naufragio: "Domenica mattina abbiamo subito provveduto a portare indumenti al pronto soccorso e ci siamo resi disponibili anche per le prime necessità, cioè per la fornitura di cibo e acqua, ma ci hanno comunicato che i pazienti ricoverati in ospedale hanno prima bisogno di un intervento farmacologico, per cui il primo rifocillamento è stato affidato al nosocomio”. Di “naufragio dell’umanità” hanno invece parlato i vescovi calabresi

(Foto ANSA/SIR)

Il vento forte nell’aria calda che sferzava sabato sera la Calabria sembrava già un’anomalia. 25 febbraio, la colonnina di mercurio nella serata crotonese a registrare 17 gradi. Qualche ora dopo, quel vento così forte da far volare un po’ di tutto ha spezzato l’imbarcazione di fortuna che si aggirava nel Mediterraneo, generando distruzione e morte. Sessanta vittime, tra cui quattordici bambini, tragicamente rimbalzati sulla spiaggia di Steccato di Cutro (KR) o rimati a giacere nel mare che li ha inghiottiti. Un triste spettacolo, con indumenti e oggetti finiti sulla battigia, a dire ancora una volta la morte tragica. Tra la terraferma e il barcone, le onde alte come un muro invalicabile per tanti, troppi inermi. Chi è rimasto vivo, ha visto le acque inghiottire i propri bambini e i compagni di un viaggio nato nella speranza e finito nel dolore.

I soccorsi. Unanime il cordoglio delle Istituzioni per le vittime di un’area dello Jonio calabrese troppo spesso alla cronaca per i continui sbarchi di migranti. Il pensiero rivolto da Papa Francesco nel corso dell’Angelus è stato un balsamo nella difficile mattinata crotonese. A Steccato sono arrivati ambulanze, vigili del fuoco, Capitaneria di Porto e Guardia costiera, insieme per favorire le operazioni di soccorso, evidentemente non facili. In 60 sono stati portati presso il centro di accoglienza di Isola Capo Rizzuto, accompagnati da un’equipe di psicologi della Croce Rossa. Sbarcati, spaesati, impauriti. Lacrime e dolore a Cutro. Tra i presenti in prima linea la Caritas diocesana di Crotone-Santa Severina, che si è resa disponibile per ogni esigenza. Don Stefano Cava, direttore dell’Ufficio, insieme ai suoi collaboratori si è subito recato sul luogo del naufragio. “Ci stiamo adoperando per qualsiasi esigenza – ha detto al Sir -, appena avvenuta la tragedia abbiamo visto di persona la situazione nella zona del dramma: i morti sulla spiaggia, la presenza purtroppo di morti in mare”. In costante interlocuzione con le autorità che si sono occupati degli sbarchi, “la Caritas diocesana è pronta – ha detto don Cava -. Domenica mattina abbiamo subito provveduto a portare indumenti al pronto soccorso e ci siamo resi disponibili anche per le prime necessità, cioè per la fornitura di cibo e acqua, ma ci hanno comunicato che i pazienti ricoverati in ospedale hanno prima bisogno di un intervento farmacologico, per cui il primo rifocillamento è stato affidato al nosocomio”.

Intanto si è scatenata una vera e propria gara di solidarietà. Il comune di Isola Capo Rizzuto ha invitato i cittadini ad offrire con urgenza tutine, mutandine, pantaloni e quant’altro utile per i bambini. E molti crotonesi, spontaneamente, hanno raggiunto il nosocomio cittadino recando qualcosa di utile.

La vicinanza dei Vescovi calabresi. Questa mattina mons. Francesco Savino, vescovo di Cassano all’Jonio e vicepresidente della Cei – come preannunciato da un comunicato stampa dei vescovi calabresi – è sul luogo della tragedia in rappresentanza della Cei “per un momento di preghiera e per esprimere la prossimità e la vicinanza di tutta la Chiesa italiana”. Ieri sera, intanto, mons. Savino è già intervenuto sull’accaduto: “Dinanzi alla nuova tragedia che si è consumata causando decine di vittime, donne uomini e bambini, non possiamo stare zitti. È l’ora di svegliare le coscienze. È l’ora della profezia. È l’ora della politica, di politiche alte e altre. Diciamo di no a certi decreti governativi che di fatto ci mettono nella condizione di registrare sempre queste sciagure in mare”. Di “naufragio dell’umanità” hanno invece parlato i vescovi calabresi in un comunicato stampa. “Esprimiamo il profondo dolore e lo sconcerto per l’ennesima tragedia che si è consumata nel mare della nostra regione e invitiamo tutte le comunità cristiane a manifestare con la preghiera e la solidarietà, una concreta vicinanza alle vittime”, hanno affermato i presuli delle Chiese che sono in Calabria.

Ricordando che “nessuno può rimanere indifferente”, i vescovi hanno inteso “elevare un invito accorato rivolto a tutti, a non rimanere inerti, a immaginare nuove strade solidali che possano permettere al nostro Mediterraneo di non essere più uno scenario di morte”.

Da parte sua l’arcivescovo di Crotone – Santa Severina, mons. Angelo Raffaele Panzetta, di ritorno a Crotone da una visita pastorale, si è recato sul luogo della tragedia per una benedizione alle salme e, dinanzi alle gravi immagini del naufragio, ha parlato di “una speranza ridotta a brandelli”, confidando di avere “nel cuore una certa indignazione perché non c’è dubbio, che vedere quasi sessanta buste piene di esseri umani che avrebbero potuto essere accolti diversamente ci dà da pensare e riempie il cuore di tristezza”.

La denuncia di Migrantes. “Quella di domenica mattina è una tragedia annunciata, perché l’aver interrotto il lavoro delle Ong e i provvedimenti di Frontex significa non presidiare il mare e non permettere di recuperare le imbarcazioni e farle arrivare in sicurezza”. Lo ha detto al Sir Pino Fabiano, direttore dell’Ufficio regionale Migrantes. “L’appello è quello di provvedere ad evitare che questi eventi succedano ancora, e questo attraverso l’apertura di canali umanitari sicuri e di una presenza in mare di navi con un programma europeo”. Il dramma di Steccato di Cutro deve far alzare il livello di guardia anche per i fenomeni successivi. “Il recente terremoto in Turchia e Siria inevitabilmente provocherà un afflusso ulteriore di persone che arriveranno in Europa: si tratta solo di attrezzarsi per dare risposta alle esigenze. C’è bisogno di un nuovo tempo di fraternità, di una nuova scommessa, perché come cristiani non possiamo girarci dall’altra parte”.

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