Riforma politiche anziani e non autosufficienti: varato il disegno di legge dal Consiglio dei ministri

In Italia gli ultrasessantacinquenni sono circa 14 milioni, 3,8 milioni i non autosufficienti, 10 milioni se si calcolano anche tutti coloro che sono impegnati nella cura di queste persone. In un Paese “vecchio” come il nostro è agevole immaginare la rilevanza di una riforma come questa, atteso ormai da almeno vent’anni. E per passare alla fase operativa si dovrà aspettare ancora, ma in virtù del Pnrr (nella cui cornice il provvedimento si inserisce come uno degli obiettivi da raggiungere per ottenere i finanziamenti) ci sono delle scadenze precise

Il Consiglio dei ministri ha varato il disegno di legge delega che riforma profondamente le politiche per gli anziani, in particolare per quelli non autosufficienti, introducendo finalmente un sistema nazionale organico che prevede – tra l’altro – una “prestazione universale”  graduata che dovrebbe unificare e assorbire i vari interventi oggi previsti. Viene spontanea l’analogia con quanto è stato fatto con l’assegno unico per i figli. In Italia gli ultrasessantacinquenni sono circa 14 milioni, 3,8 milioni i non autosufficienti, 10 milioni se si calcolano anche tutti coloro che sono impegnati nella cura di queste persone. In un Paese “vecchio” come il nostro è agevole immaginare la rilevanza di una riforma come questa, atteso ormai da almeno vent’anni. E per passare alla fase operativa si dovrà aspettare ancora, ma in virtù del Pnrr (nella cui cornice il provvedimento si inserisce come uno degli obiettivi da raggiungere per ottenere i finanziamenti) ci sono delle scadenze precise: entro marzo il Parlamento dovrà approvare il disegno di legge in cui sono fissati i criteri a cui il governo dovrà attenersi nell’emanare i decreti legislativi di attuazione; l’esecutivo avrà poi un anno di tempo per provvedere, quindi fino al marzo 2024. Solo allora si potrà dare una valutazione dettagliata che tenga conto anche delle risorse da investire (stimate in 7 miliardi), punto dolente di tutte le riforme sociali. Ma si è partiti con il piede giusto e con un percorso che lascia sperare una convergenza parlamentare ampia.

Va ricordato, infatti, che il ddl era stato licenziato in via preliminare già dal governo Draghi, il 10 ottobre scorso, nell’ultimo Consiglio dei ministri di quel gabinetto. Un risultato a cui si era arrivati coinvolgendo nell’elaborazione le 52 associazioni del Patto per un nuovo welfare sulla non autosufficienza. Il nuovo esecutivo ha ripreso l’impianto fondamentale di quel provvedimento, integrandolo e potenziandolo.

Il ddl – spiega Palazzo Chigi – “muove dal riconoscimento del diritto delle persone anziane alla continuità di vita e di cure presso il proprio domicilio e dal principio di semplificazione e integrazione delle procedure di valutazione della persona anziana non autosufficiente”. Grazie a tale semplificazione e all’istituzione dei “punti unici di accesso” (Pua) diffusi sul territorio, si potrà effettuare, in una sede unica, una valutazione multidimensionale finalizzata a definire un “progetto assistenziale individualizzato” (Pai) che indicherà tutte le prestazioni sanitarie, sociali e assistenziali necessarie per la persona anziana.
Il compito di coordinare gli interventi sarà affidato a un comitato interministeriale presieduto dal premier o sua delega dal ministro competente, ma i piani triennali (uno per tutti gli anziani, l’altro specifico per i più fragili) dovranno puntare al coinvolgimento di tutti i livelli territoriali. Tra gli elementi qualificanti della riforma la nota della presidenza del Consiglio indica “la promozione di misure a favore dell’invecchiamento attivo e dell’inclusione sociale, anche sostenendo il cosiddetto ‘turismo lento’; la promozione di nuove forme di coabitazione solidale per le persone anziane e di coabitazione intergenerazionale, anche nell’ambito di case-famiglia e condomini solidali, aperti ai familiari, ai volontari e ai prestatori di servizi sanitari, sociali e sociosanitari integrativi; la promozione d’interventi per la prevenzione della fragilità delle persone anziane; l’integrazione degli istituti dell’assistenza domiciliare integrata (Adi) e del servizio di assistenza domiciliare (Sad); il riconoscimento del diritto delle persone anziane alla somministrazione di cure palliative domiciliari e presso hospice; la previsione d’interventi a favore dei caregiver familiari”.

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