Fra ottimismo e realismo

In taluni recenti interventi, le due più alte cariche dello Stato, il Presidente della Repubblica Mattarella e la Premier Meloni, oltre a mettere in luce la specificità dei loro ruoli, hanno evidenziato due diversi modi di guardare ai problemi del Paese.

(Foto di Paolo Giandotti - Ufficio Stampa per la Stampa e la Comunicazione della Presidenza della Repubblica)

In taluni recenti interventi, le due più alte cariche dello Stato, il Presidente della Repubblica Mattarella e la Premier Meloni, oltre a mettere in luce la specificità dei loro ruoli, hanno evidenziato due diversi modi di guardare ai problemi del Paese. Il Capo dello Stato ha invitato a “misurarsi con le difficoltà di governare, a riconoscere la complessità, a esercitare la responsabilità delle scelte”, la Premier, motivata anche dal successo politico ottenuto, ha auspicato “che il 2023 sia un anno di vittorie, di ripresa, costruito dall’orgoglio e dall’ottimismo degli italiani”. Si tratta di due prospettive che guardano entrambe al bene del Paese, anche se da angolature diverse. La Premier punta sull’ottimismo; il Capo dello Stato, guarda a “una realtà sempre più caratterizzata da fenomeni globali: dalla pandemia alla guerra, dalla crisi energetica a quella alimentare, dai cambiamenti climatici ai fenomeni migratori”. Una realtà che non si può affrontare con la retorica – “o si fa l’Italia o si muore”, come ha affermato la Meloni in una manifestazione politica. Una realtà, ancora, che dovrebbe guidare – sempre – chi è chiamato a governare, se non altro, per meglio misurare le risorse con le quali affrontarla. La fretta con la quale, in meno di due mesi, la Premier è stata costretta a fronteggiare le prime urgenze non si è rivelata una buona consigliera. Diversi i provvedimenti prima annunciati e poi modificati per incompletezza o mancata copertura finanziaria. La Meloni sta sperimentando come il governare sia diverso dal fare l’opposizione: lei che prometteva, ad esempio, la cancellazione delle accise sulla benzina, ora si accorge di non poterlo fare. Messa, comunque, al sicuro la legge finanziaria, ora la Premier può affrontare con meno stress quell’ambizioso programma che, a sua detta, deve imprimere al Paese un radicale cambiamento, a iniziare dalla “testa” del sistema. Infatti, le prime misure annunciate dalla Meloni- riforma costituzionale, autonomia regionale e giustizia – sono di una portata tale da impegnare, non solo, un’intera legislatura, ma da richiedere la più ampia convergenza fra tutte le forze politiche. Convergenza che su talune riforme – in particolare sull’autonomia regionale – allo stato attuale, non si riscontra neppure fra le stesse forze di maggioranza. Vi è, infatti, un diffuso timore che, da una revisione delle competenze delle regioni, ne possa derivare una accentuazione delle distanze fra il Nord e il Sud, con un peggioramento delle condizioni in cui vivono le popolazioni del meridione.Fare sognare e guardare con ottimismo al futuro, oltre alle riforme, richiede un’attenzione al “sentiment”, allo stato d’animo, cioè, di una comunità e ai suoi bisogni reali. Come, peraltro, affermavano, dall’opposizione, gli stessi partiti oggi al governo. Il 2023 si è aperto con i peggiori scenari: recessione, inflazione, aumento dei tassi d’interesse, fenomeni tutti, che danneggiano più i poveri che i ricchi. I beni che stanno crescendo di prezzo sono, infatti, quelli di cui non si può fare a meno: gli alimentari, i mutui, il riscaldamento. Il ritratto che emerge dal Rapporto Censis del 2022 vede, infatti, gli italiani “malinconici, spaventati, rassegnati; una popolazione sempre più povera e più vecchia, preoccupata sia dal presente che dal futuro”. Occorre, allora, rimuovere, prima di tutto, quegli ostacoli che negano una vita serena e dignitosa. A iniziare dalla sanità, dove disfunzioni e lunghe liste di attesa costringono i cittadini a rinunciare a curarsi o a ricorrere a strutture private. All’inizio del 2023 gli italiani ”sognano”, essenzialmente, un Paese “normale” dove vi sia, prima di tutto, una macchina amministrativa che funzioni, che sia in grado di realizzare, utilizzando i fondi europei del Pnrr, le opere strutturali tanto necessarie. E che obblighi tutti, in base alle loro sostanze, a pagare le tasse. Il momento per rimodernare la macchina burocratica è quello favorevole. In questi giorni il governo sta provvedendo, attraverso lo “Spoils System”, a sostituire, con propri collaboratori, come hanno fatto tutti in passato, gli alti funzionari dello Stato. L’auspicio è che la scelta non cada su persone “fedeli”, ma su persone competenti. Sarebbe una prima bella prova di cambiamento!

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