Natalità. De Palo: “Dobbiamo puntare a Quota 500mila nel 2033”

I dati Istat sulla natalità nel 2021 mostrano un ulteriore calo rispetto all’anno precedente. Il presidente del Forum famiglie chiede alla politica di porsi un obiettivo concreto, raggiungibile e verificabile e da realizzarlo attraverso misure serie, impattanti, non spezzettate

(Foto Vatican Media/SIR)

Ancora un record negativo per la natalità: nel 2021, ha certificato l’Istat nel report “Natalità e fecondità della popolazione residente”, i nati scendono a 400.249, facendo registrare un calo dell’1,1% sull’anno precedente (-4.643). La denatalità prosegue nel 2022. Secondo i dati provvisori di gennaio-settembre le nascite sono circa 6mila in meno rispetto allo stesso periodo del 2021. Il numero medio di figli per donna, per il complesso delle residenti, risale lievemente a 1,25 rispetto al 2020 (1,24), però negli anni 2008-2010 era a 1,44. A Gigi De Palo, presidente del Forum nazionale delle associazioni familiari e della Fondazione per la natalità, chiediamo di commentare i dati dell’Istat.

(Foto Siciliani-Gennari/SIR)

Ancora una volta l’Istat registra un record negativo per la natalità nel 2021 e non va meglio per i dati provvisori dei primi 9 mesi del 2022…

Faccio una previsione: il prossimo anno saranno ancora di meno i nuovi nati e commenteremo dati ancora più negativi. È come se ci fosse un’emorragia, ma non si interviene, eppure sappiamo che non si ferma da sola. E neppure un cerotto può bastare a bloccarla. Per la natalità serve, come diciamo da un po’ di tempo, darsi un obiettivo concreto, raggiungibile e verificabile di anno in anno. Un obiettivo di lungo periodo del Paese e anche un obiettivo di medio periodo per questa legislatura, ma anche l’unico che ci possa aiutare in questa fase così critica: 500mila nuovi nati entro il 2033.

Dobbiamo fare “Quota 500mila”, che significa arrivare tra dieci anni a 500mila nuovi nati.

Oggi siamo a 400mila, per cui dobbiamo fare un ragionamento in base al quale, attraverso politiche serie, impattanti, non spezzettate, ogni anno riusciamo a incrementare di 10mila nascite in più rispetto all’anno precedente. Il problema è che non vedo nessuno che si ponga questo obiettivo. E continuiamo a parlare di natalità in maniera “randomica”, come un principio astratto, ma, al contrario, è una necessità concreta. Se facciamo tante piccole cose, non producono un impatto.

Come Forum famiglie e Fondazione per la natalità quali passi chiedete per invertire il trend negativo?

È semplice, basta guardare chi è già riuscito a farlo in questi anni in Europa, come Francia e Germania. La Francia con una struttura fiscale che nasce dalla Seconda Guerra mondiale: e il Quoziente familiare alla francese funziona. Negli ultimi dieci anni anche la Germania ci ha mostrato che la natalità aumenta, se si fa un assegno unico davvero universale, se lo si rende sostanzioso e se vengono detassate le famiglie con figli. Oggi il Paese è tornato ai numeri della natalità del 1997. Se non vogliamo “copiare” pedissequamente le soluzioni degli altri, troviamo una via italiana. Il Forum da anni porta avanti una proposta che si chiama “Fattore famiglia”, che valorizza il numero dei figli in una famiglia.

L’importante è fare qualcosa, altrimenti i giovani scappano all’estero per realizzare la loro vita lavorativa e familiare.

E oggi le famiglie non ce la fanno ad arrivare alla fine del mese. La nascita di un figlio è la seconda causa di povertà. Non è più tempo di analisi, è il momento di fare sintesi. E non è una questione di destra o sinistra, riguarda tutti, nessun escluso. Chi ci rimetterà più di tutti saranno i più fragili, chi resterà senza pensione o assistenza sanitaria, perché saranno tagliati i costi del welfare.

Il reddito di cittadinanza può aiutare a rilanciare la natalità?

È una questione complessa. Negli ultimi anni in Italia abbiamo approvato delle leggi di Bilancio che vanno in controtendenza con la ricerca del bene comune. Abbiamo sempre pensato che il bene comune fosse la somma degli interessi individuali e particolari, ad esempio dei disoccupati, dei sindacati, dei pensionati, delle famiglie. Quindi viene divisa la cifra a disposizione tra tutte queste categorie, parcellizzando le risorse che già non sono tante. È il momento di fare una riflessione più ampia partendo dall’idea di Paese che abbiamo e ricalibrando tutte le politiche rivolte alle persone, tenendo conto del peso dei figli mentre oggi non viene fatto. E consideriamo chi non ha lavoro, chi ha una pensione da fame, chi ha dei figli che incidono negativamente nel bilancio familiare non solo per aiutarli ma per accompagnarli in una vita più dignitosa, evitando di cadere in una spirale di povertà. In questo modo si dà una risposta al ceto medio. Invece, oggi stiamo creando una situazione folle mettendo i disoccupati contro i pensionati, le famiglie contro i single, i sindacati contro le partite Iva, ma questo non è bene comune, quanto dividere il Paese che invece potrebbe camminare insieme. Piuttosto che spezzettare le risorse, la politica deve adottare una misura, che ad esempio in Francia si chiama Quoziente familiare, che tiene conto della composizione familiare; laddove, poi, hai delle difficoltà perché sei incapiente subentra lo Stato e ti aiuta. In generale, non si può ragionare a compartimenti stagni, l’un contro l’altro armato. Altrimenti sprechiamo soldi senza un reale vantaggio per il Paese, con una responsabilità verso le generazioni future, perché con questo approccio stanno aumentando i poveri e il divario tra i giovani e i vecchi. La mancata considerazione del peso dei figli nel calcolo delle tasse si paga negativamente in termini di natalità. Quindi, tornando alla domanda, il reddito di cittadinanza così com’è non sta portando frutto in termini di natalità, lo stesso vale per l’assegno unico. Vorrei dire un’altra cosa.

Ci dica…

Non possiamo accettare passivamente che il Pnrr non contempli la natalità.

Il Piano deve essere anche per il rilancio della natalità: se non si fa innovazione adesso su questo tema e non si dà una risposta anche a livello intergenerazionale, allora il Pnrr diventa un modo per finanziare progetti che erano già scritti e aiutano a star meglio la generazione precedente senza occuparsi di quelle future. Non si può pensare che il Pnrr in un Paese come l’Italia a nascite zero, che produce solo pensionati, non possa avere un impatto serio sulla natalità. Il futuro passa da questo tema in Italia, eppure il fatto che non ci sia niente nel Piano fa capire che forse non c’è una volontà politica. Ma se noi accumuliamo debito e i nostri giovani vanno all’estero, come pagheremo il debito? Dovremo svendere l’Italia! A chi mi dice che i fondi del Pnrr non possono essere utilizzati per la natalità rispondo che i soldi, che possiamo slegare dal Bilancio annuale su innovazione, tecnologia, sanità grazie all’utilizzo del Pnrr, possono essere utilizzati per investire sulla natalità. Nel suo discorso di insediamento, il presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha dato un segnale di attenzione alla famiglia e alla questione natalità, ma ora non possiamo aspettare un altro anno, perché un anno in demografia significa perdere opportunità in quanto diminuisce il numero delle donne in età fertile.

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