Povertà educativa. Con i Bambini e Demopolis: “Quanto futuro perdiamo?”. Il ruolo della scuola e della comunità

Crescita delle disuguaglianze, oltre 80mila studenti bocciati per troppe assenze, strutture scolastiche troppo vecchie, preoccupazione per la violenza delle baby gang… Sono alcuni degli elementi emersi nel lavoro presentato in occasione della Giornata internazionale per i diritti dell'infanzia e dell'adolescenza. Per la maggioranza degli italiani “il nostro non è un Paese “a misura di bambini e ragazzi”. Per questo serve un nuovo patto di comunità

(Foto: ANSA/SIR)

“Nell’ultimo anno scolastico segnato dal Covid, oltre 80mila studenti non hanno maturato una frequenza a scuola sufficiente per poter essere scrutinati, cioè sono stati bocciati per troppe assenze: una città di studenti fantasma grande quasi come Brindisi o Como, ad aggravare il problema dell’abbandono scolastico che è un nefasto primato del nostro Paese”. Si tratta, per il 67% degli italiani, di un fenomeno “allarmante” e da affrontare con “urgenza”. A fronte di questo motivato allarmismo, “per il 61% degli italiani è comunque giusto bocciare per eccesso di assenze anche durante l’anno del Covid. Lo scarso apprendimento scolastico preoccupa il 62% degli italiani, quasi il 10% in più rispetto alla rilevazione del 2019”. Sono alcuni dei dati emersi dall’indagine promossa dall’impresa sociale “Con i Bambini” nell’ambito del Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile, realizzata dall’Istituto Demopolis in occasione della Giornata internazionale per i diritti dell’infanzia e dell’adolescenza che si celebra il 20 novembre. La presentazione dell’indagine “Quanto futuro perdiamo? Il ruolo della scuola e della comunità educante nel Paese” è avvenuta mercoledì 16 novembre, on line.

(Foto: Con i Bambini)

“Attraverso questa indagine sono emerse le criticità del sistema scolastico, ma anche le potenzialità che una comunità può esprimere – sottolinea Marco Rossi Doria, presidente di Con i Bambini –. Cresce tantissimo la consapevolezza del ruolo delle comunità educanti, ovvero di una responsabilità diffusa e condivisa della crescita dei nostri bambini e bambine, ragazzi e ragazze e che non possiamo lasciare indietro i ragazzi e i bambini delle troppe aree povere d’Italia”. “Senza mai citarlo esplicitamente – aggiunge -, quest’anno con l’indagine siamo entrati anche nel merito del merito: per la maggioranza degli italiani vanno supportate équipe stabili di docenti capaci di favorire didattiche innovative specialmente nelle aree più fragili, mentre per meno del 30% vanno premiati i singoli docenti capaci di favorire didattiche vincenti indipendentemente dai diversi contesti. Una tendenza a puntare sulla scuola che riduce i divari, che emerge chiaramente anche nella scelta degli italiani di sostenere con maggiori risorse le scuole che riducono le disuguaglianze tra studenti (72%) rispetto alla scelta di sostenere con più risorse le scuole con un alto tasso di risultati buoni o ottimi degli studenti per trainare il sistema di istruzione (20%)”.

Per gli italiani, “oggi i problemi della scuola riguardano soprattutto le strutture troppo vecchie (64%). Per il 58% i problemi sono relativi alla carenza di attività di recupero per i ragazzi in difficoltà, per il 56% dipendono dalla motivazione degli insegnanti. Ma anche per i fenomeni di abbandono e dispersione scolastica (53%). Questi ultimi, anzi, per circa 6 italiani su 10 sono fenomeni peggiorati nell’ultimo biennio, con una lieve differenza di percezione tra genitori (55%) e insegnanti (67%)”. Dall’indagine emerge che secondo gli italiani “i ragazzi purtroppo perdono la via di scuola soprattutto per la fragilità del contesto familiare di origine (74%) e per l’inadeguatezza della scuola rispetto a serie strategie di recupero (63%) e delle istituzioni locali nel prevenire o trattare il fenomeno (58%), ma anche per la vacuità del sistema di relazioni famiglia-scuola-istituzioni (57%). Solo per il 38% del campione l’abbandono scolastico è dovuto alla carenza di risorse specifiche e per il 26% per il contesto migratorio della famiglia di origine”.

“L’indagine Con i Bambini-Demopolis individua alcuni indici di un’Italia adulta che all’indomani dell’emergenza pandemica – spiega il direttore di Demopolis, Pietro Vento – si scopre ‘spaventata’ da alcuni fenomeni che riguardano una minoranza dei minori. Non a caso, la principale preoccupazione individuata dai cittadini, pensando ai bambini e agli adolescenti nel nostro Paese, è con il 76% di citazioni la diffusione della violenza giovanile e delle baby gang, ma anche gli episodi di bullismo o cyberbullismo e il consumo di alcol e droga per il 63% degli intervistati”.

Preoccupa, con un trend in crescita dal 2019, “anche la dipendenza di bambini e ragazzi da smartphone e tablet (73%), perché, per paradosso, le tecnologie digitali, che sono state l’antidoto principale alle dinamiche di confinamento imposte dall’emergenza Coronavirus, oggi si rivelano un limite grave nello sviluppo dei minori, forse anche nell’apprendimento. Il 62% degli intervistati, pensando a bambini e ragazzi, ritiene preoccupante proprio lo scarso apprendimento scolastico, con un dato cresciuto di 9 punti negli ultimi 4 anni”. Altro tema emerso dall’indagine riguarda il fenomeno delle baby gang. Secondo l’opinione pubblica, “per il fenomeno della violenza giovanile servirebbe innanzitutto un migliore controllo e una conoscenza maggiore dei genitori sulla vita dei figli (75%). Oltre la metà del campione sollecita anche una stretta legalitaria: un più efficace presidio delle forze dell’ordine (53%) e maggiore sorveglianza delle comunicazioni sui social e sulle chat da parte della Polizia postale (52%). Poco meno di 6 su 10, per contrastare derive violente, suggeriscono la necessità che i minori possano avere accesso più esteso ad attività ricreative, sportive o ludiche fuori dalla scuola”.

Per il 74% degli intervistati le disuguaglianze tra i minori in Italia sono aumentate nell’ultimo biennio. Le opportunità valgono spesso per pochi: poco più di 4 italiani su 10 ritengono adeguato il contesto in cui vivono in termini di strutture sportive, scuole, spazi verdi attrezzati. Solo un terzo può dichiarare di vivere in città dove cinema, teatri, librerie, asili nido e strutture per l’infanzia possano essere definiti adeguati:

“Non è – ed una maggioranza di cittadini ne è consapevole – un’Italia a misura di bambini e ragazzi”.

La responsabilità della crescita dei minori è di tutta la comunità, ne è oggi “consapevole l’85% degli italiani”: “Questa fondamentale consapevolezza sul ruolo della comunità educante è cresciuta dal 46% del 2019 all’85% odierno, con un incremento di quasi 40 punti in 4 anni (46% nel 2019, 67% nel 2020, 78% nel 2021, 85% nel 2022)”. Analogamente “si è affermata nell’opinione pubblica la chiara distinzione tra povertà educativa e povertà economica, seppur le due si alimentano reciprocamente. Per il 67% degli italiani, infatti, la povertà educativa consiste maggiormente nel limitato accesso a opportunità di crescita, per il 57% nel disagio sociale intorno al minore, per 52% per i bassi apprendimenti scolastici e solo per il 12% consiste nella povertà materiale”.

In un contesto di bisogni disattesi, “nella percezione della maggioranza degli italiani (51%) le risorse del Pnrr destinate ai minori sono insufficienti. E invece servirebbe valorizzare le grandi potenzialità connesse allo sviluppo del Piano, per restituire centralità ai più piccoli e alla comunità educante quali legittimi protagonisti dei processi di innovazione del Pnrr e del futuro dell’Italia. Investendo in una scuola ripensata e riprogettata con al centro i reali bisogni dei ragazzi (66%), ampliando l’offerta socio-culturale dei territori, con spazi sociali, luoghi di produzione e fruizione artistica e laboratoriale (61%), anche per sperimentare nuovi mestieri (54%). E poi serve puntare su città capaci di rigenerarsi ed aprirsi ai bisogni dei giovani (51%).

Serve un nuovo patto di comunità, con i bambini”.

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