Pace, guerra, migranti e… poveri

Alzi la mano chi non vuole la pace. Alzi la mano chi vuole la guerra. Alzi la mano chi vuole difendersi. Alzi la mano chi è disposto a difendere un altro o ad aiutarlo a difendersi. Tra questi inviti, in fondo banali o retorici, ai primi due nessuno alzerebbe le mani (tranne le lobbies delle fabbriche di armi, e forse i loro dipendenti…). Sugli altri due già le cose potrebbero differenziarsi tra i paladini della non-violenza e gli altri, o tra quanti sono diversamente indifferenti alle vicende altrui. Tutto ciò per dire quanto sia complicata la questione che dobbiamo affrontare, ad es., con la guerra in Ucraina.

(Foto: Salesiani)

Alzi la mano chi non vuole la pace. Alzi la mano chi vuole la guerra. Alzi la mano chi vuole difendersi. Alzi la mano chi è disposto a difendere un altro o ad aiutarlo a difendersi. Tra questi inviti, in fondo banali o retorici, ai primi due nessuno alzerebbe le mani (tranne le lobbies delle fabbriche di armi, e forse i loro dipendenti…). Sugli altri due già le cose potrebbero differenziarsi tra i paladini della non-violenza e gli altri, o tra quanti sono diversamente indifferenti alle vicende altrui. Tutto ciò per dire quanto sia complicata la questione che dobbiamo affrontare, ad es., con la guerra in Ucraina. Se le manifestazioni per la pace hanno certo valore (pur con interpretazioni contrapposte), occorre chiedersi come davvero si possa perseguire e ottenere la pace. Invitare al dialogo (cosa che si fa da nove mesi) a quanto pare non basta. Va chiaramente distinto (non solo idealmente) aggressore e aggredito – come sempre si ribadisce e come ha ribadito anche il card. Zuppi nel suo messaggio personale ad ogni partecipante alla manifestazione romana del 5 ottobre. Citando egli le parole di papa Francesco, già da noi riproposte, l’appello è prima al presidente della Federazione russa perché fermi questa “spirale di violenza e di morte” e poi a quello dell’Ucraina perché sia aperto a “serie” proposte di pace. Se ciò non bastasse l’invito del cardinale al manifestante è: “Chiedi la pace e con essa la giustizia”. “Non c’è pace senza giustizia” ribadiscono nei loro messaggi per l’1 gennaio già Paolo VI, fin dagli inizi, poi Giovanni Paolo II nel 2002 e papa Francesco nel 2015… In questa giornata mondiale dei poveri Francesco sottolinea che il quadro è diventato più “complesso” da quando una superpotenza ha inteso “imporre la sua volontà contro il principio dell’autodeterminazione dei popoli”, ricorda che i più poveri sono proprio le vittime della guerra, obbligati a scappare o deportati o sempre con il terrore delle bombe: i tanti poveri generati dalla “insensatezza della guerra”. La strada del dialogo s’è dimostrata fino ad ora impercorribile per la ipocrita disponibilità della Russia e per l’esigenza della legittima integrità territoriale dell’Ucraina. Quale soluzione? Le diplomazia stanno lavorando, si dice; il card. Zuppi lancia anche un appello all’ONU, ma si sa quanto “zoppa” sia questa “benemerita” organizzazione con il potere di veto delle superpotenze permanenti nel suo Consiglio di sicurezza. Manifestare ed esprimere il proprio desiderio di pace va benissimo, ma occorre qualcosa di più. Parlando dei poveri – e quindi anche di quelli provocati dalle guerre – papa Francesco mette in guardia dal pericolo dell’affievolimento dell’entusiasmo generoso iniziale. Ed è ciò su cui, in un discorso geopolitico, punta lo zar.
Nondimeno sono “poveri” i tanti che fuggono dai loro Paesi verso i nostri, i migranti per terra e per mare. Anche qui la questione è complessa: le posizioni preconcette e ideologiche sono deleterie. Il papa stesso ha più volte ribadito, anche nell’intervista in aereo al ritorno del Bahrein, che l’Europa deve farsene carico insieme. Ma l’UE sembra sorda o incoerente, anzi pretende di dare lezioni (insieme alle opposizioni interne) all’Italia. In senso diverso va finalmente la recente concessione di sbarco a una ONG a Tolone da parte della Francia; ma c’è chi ricorda che i confini dell’Europa sono a Lampedusa, non ai valichi alpini dove la Francia continua a respingere chi vi si avventura passando dal nostro Paese.
Tra i tanti poveri, anche i vicini di casa, verso i quali il nostro cuore deve aprirsi nella solidarietà e accoglienza, oggi emergono queste categorie: i perseguitati dalle guerre e dall’ingiustizia e quanti fuggono per questo o altro dai loro Paesi. Per loro servono poco gli appelli: occorre un’azione decisa che “costringa” al dialogo e a soluzioni di pace nella giustizia.

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