Dialogo interreligioso. Le domande da farsi nell’ultimo libro di Adrien Candiard “per essere in pace non bisogna essere tutti d’accordo”

Il dialogo interreligioso è un argomento che si fa sempre più pressante nella società contemporanea dove, parafrasando Papa Francesco che dell’argomento ha fatto uno dei baluardi del suo pontificato, i confini geografici e sociali vanno sempre più lasciando il passo a ponti che necessitano incontro e discussione. Parte proprio da questa riflessione l’ultimo lavoro di Adrien Candiard, domenicano francese, islamologo che vive al Cairo, in Egitto, dal titolo “Tolleranza? Meglio il dialogo – Il caso Andalusia e il confronto tra le fedi”

Foto Calvarese/SIR

Il dialogo interreligioso è un argomento che si fa sempre più pressante nella società contemporanea dove, parafrasando Papa Francesco che dell’argomento ha fatto uno dei baluardi del suo pontificato, i confini geografici e sociali vanno sempre più lasciando il passo a ponti che necessitano incontro e discussione. Parte proprio da questa riflessione l’ultimo lavoro di Adrien Candiard, domenicano francese, islamologo che vive al Cairo, in Egitto, dal titolo “Tolleranza? Meglio il dialogo – Il caso Andalusia e il confronto tra le fedi” (ed. Lev 10 euro), presentato il 26 ottobre a Roma nella Sala Marconi di Palazzo Pio in un incontro al quale hanno partecipato Marco Impagliazzo, presidente della Comunità di Sant’Egidio, e Lorenzo Fazzini, responsabile editoriale della Libreria editrice vaticana. “Facciamo un errore pensando che per essere in pace bisogna essere tutti d’accordo, penso che questo sia un po’ totalitario. È interessante quando posso prendere sul serio la cosa che uno mi dice”, ha dichiarato Candiard durante la presentazione, spiegando che la parte interessante del dialogo arriva sulle tematiche sulle quali non si è d’accordo.

foto SIR/Marco Calvarese

“C’è una differenziazione da fare tra identità religiosa e pensiero religioso”, ha proseguito lo scrittore francese sottolineando come non si possa ridurre la religione ad un fatto culturale, cioè alla sola identità, che ad esempio porta una persona nata in Italia ad avere più motivi di essere cattolica al confronto con una nata in Afghanistan: “Ci sono opinioni, credenze, dottrina, un pensiero. Per quanto riguarda le identità ci possiamo conoscere, fare festa assieme, questo è bello, gentile e tranquillo, però non possiamo dire a qualcuno: tu sei afghano e hai torto, ho ragione io che sono italiano. Questo non ha senso, quindi non entra in discussione”. Per questo motivo il dialogo assume un carattere interessante nel momento in cui si entra nel merito delle convinzioni. “Io penso che Dio è uno e trino, questa è una convinzione che va discussa. Capisco che un mussulmano non è d’accordo, ma non è un’offesa personale. Se lui mi rimprovera di essere francese non possiamo andare avanti ma se lui mi dice che il mio discorso sulla trinità non ha senso, è l’inizio di una possibile discussione, proprio perché parliamo di convinzioni, di opinioni, allora posso dare qualche argomento, posso spiegarmi”. Adrien Candiard ha posto l’accento sul rispetto che è alla base del dialogo costruttivo:“La sfida della nostra società non è quella di essere tutti d’accordo ma quella di accettare, di trovare i metodi quando non siamo d’accordo. Il rispetto, quello vero, è tra chi non va d’accordo, altrimenti non è rispetto ma è soltanto amore dello stesso. L’importante è trovare il modo razionale, perché condividiamo la stessa umanità, di discutere e cercare insieme la verità”. Nella ricetta del dialogo interreligioso c’è la componente della conoscenza ma, soprattutto, è importante cercare di conoscere Dio. “L’oggetto del dialogo interreligioso non sono le religioni, è Dio”, le parole dello scrittore che chiede di “arrivare con la propria fede, mettendosi in ascolto degli altri, delle loro ricchezze, diversità e dottrine per arricchire la realtà di Dio”. Nell’intervento di Candiard non è mancata la citazione di Papa Francesco, ringraziato per “aver dato un viso, un’immagine pubblica a questo dialogo”, elogiato per il metodo utilizzato che, attraverso simboli e gesti, “il Papa è riuscito a far capire all’intero mondo che c’è una possibilità di dialogo fondato sull’amicizia”. Dialogo siglato con il documento di Abu Dhabi firmato congiuntamente e amicizia tra religioni testimoniata al mondo anche attraverso la foto con Ahmed Al-Tayeb, Grande Imam di Al-Azhar, presa ad esempio anche da Marco Impagliazzo: “Io credo che in questi ultimi anni, dal Concilio Vaticano II in poi, con il magistero dei papi, il dialogo tra le religioni ha fatto dei grandi passi avanti soprattutto con lo spirito di Assisi. I mondi religiosi oggi vivono rapporti di maggiore amicizia, basata sull’amicizia e sul rispetto, di quanto invece di meno lo vivano gli stati e le nazioni, bloccati nelle loro identità. Quindi oggi il dialogo tra le religioni è un esempio su una via di amicizia tra le nazioni per superare tanti conflitti e guerre”.

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