Fiume Po in secca. Giorgi (Consorzio Terre dei Gonzaga): “Preservare l’acqua dolce che è diventata oro”

Quella che le statistiche indicano come la più grave siccità degli ultimi 70 anni sta provocando gravi conseguenze in agricoltura e nel settore idroelettrico. Forte l’impatto anche sulle biodiversità. Ne abbiamo parlato con Ada Giorgi, presidente del Consorzio di Bonifica Terre dei Gonzaga in Destra Po che gestisce un territorio di circa 55mila ettari

(Foto Siciliani - Cristian Gennari/SIR)

Il Po è in secca: quella che le statistiche indicano come la più grave siccità degli ultimi 70 anni sta provocando gravi conseguenze in agricoltura e nel settore idroelettrico. Forte l’impatto anche sulle biodiversità. Le immagini del corso d’acqua più importante di Italia – il suo livello è 3 metri sotto quello abituale – mostrano evidenti segni di desertificazione. Interi tratti del fiume sono oramai ridotti ad un rigagnolo se non addirittura scomparsi. Il cuneo salino, la risalita dell’acqua del mare nel Delta del Po, è previsto con un “livello d’intrusione” tra i 15 e i 20 chilometri e minaccia di contaminare anche le falde destinate a uso potabile. L’emergenza è solo all’inizio perché la richiesta di acqua per usi agricoli e industriali è in crescita, come denunciato dall’Osservatorio sulla siccità, e le riserve sono quasi finite. A condividere questa preoccupazione è Ada Giorgi, presidente del Consorzio di Bonifica Terre dei Gonzaga in Destra Po, il cui comprensorio include 19 comuni, 15 in Lombardia e 4 in Emilia Romagna, per 55mila ettari di territorio. “Il nostro Consorzio – precisa al Sir la presidente – non presenta problemi, cosa che invece registrano altri Consorzi. Questo si spiega con il fatto che il fiume Po non ha gli stessi livelli ovunque”.

Qual è la situazione nel suo Consorzio?
Nel nostro caso noi preleviamo l’acqua a Boretto, insieme ad un altro Consorzio. In questo momento stiamo mettendo in campo tutte le azioni possibili per fare in modo che le nostre pompe – ne abbiamo 28 che non usiamo mai tutte insieme – riescano a pescare nel fiume. E per pescare nel fiume devono avere l’acqua e non la sabbia. Quest’ultima si avvicina alle pompe mentre c’è il risucchio dell’acqua. Per questo abbiamo tre escavatori davanti la bocca del fiume che lavorano continuamente per spostare la sabbia che invade la porzione di canale dove preleviamo l’acqua. Questo ci causa un aggravio dei costi da sostenere. Il fiume basso, inoltre, porta ad una spesa maggiore perché c’è più sforzo per succhiare acqua e portarla al livello del canale che la distribuisce su tutto il nostro territorio che è di 55mila ettari, di questi poco meno di 52mila sono irrigabili. Fino ad ora siamo riusciti ad erogare la risorsa. Cosa che intendiamo continuare a fare, grazie agli sforzi dei nostri tecnici. Ma non è così per tutti. Come detto, ci sono dei consorzi che non hanno acqua.

Si parla già di un razionamento dell’acqua…
Se dovesse mancare l’acqua si potrebbe turnare alternando i giorni di prelievo, evitando di pescare in modo continuativo come adesso. Le turbine che aspirano l’acqua potrebbero essere sospese per alcune ore in base alle necessità. In questo caso verrebbero avvertiti gli agricoltori chiamati a prendere delle misure per garantire l’irrigazione. Irrigare costa molto: costa sia prelevare l’acqua dal Po, sia irrigare nell’azienda perché l’acqua nel canale deve essere pompata e poi irrorata sul terreno.

Usiamo l’acqua in modo cauto e non la sprechiamo.

Qual è l’impatto sull’agricoltura?
L’impatto è enorme: non abbiamo neve in montagna, non abbiamo acqua nei grandi laghi, Como e Maggiore. L’unico lago che ha un po’ di acqua – al 65% – è il Garda. Siamo nella stagione turistica e l’acqua non può essere consumata più di tanto. Questa è una siccità impensabile. La cosa che preoccupa di più è il fatto che si sta verificando in giugno. Nel 2003 la siccità si manifestò in luglio ma allora avevamo un po’ di acqua e i danni furono relativi. Da metà luglio in poi, infatti, le colture sono già in fase avanzata e irrigate. Ora, dopo che la terra è stata preparata, concimata e seminata, si dovrebbe irrigare per la prima volta ma l’acqua non c’è. E questo è un grave problema.

Trivellare dei pozzi, potrebbe essere una soluzione?
Non possiamo trivellare pozzi all’infinito. Servono decisioni di lungo respiro come realizzare dei piccoli laghi per stoccare l’acqua così da averla al momento del bisogno. Quello che stiamo vedendo, purtroppo, è il risultato dei cambiamenti climatici. Assistiamo a piogge torrenziali che provocano alluvioni seguite da lunghi periodi di siccità. La situazione è molto articolata e, come già detto, non risparmia gli ecosistemi, l’agricoltura, l’industria, gli acquedotti, le centrali elettriche.

Risale anche il Delta…
Il cuneo salino risale perché il Po ha meno portata. I danni sono alla fauna e alla flora ittica sono enormi. Quest’ultima soffre molto le quote basse dei fiumi e dei canali. Mi hanno riferito che i Consorzi di bonifica del Delta prelevano l’acqua quando c’è la bassa marea per non intercettare il cuneo salino e non rischiare di irrigare i campi con acqua salata che brucerebbe le colture.

Cosa fare se dovesse perdurare e peggiorare questa emergenza idrica?
Se la situazione dovesse peggiorare si organizzerà una cabina di regia dove tutti gli attori, a cominciare dall’associazione nazionale dei Consorzi (Anbi), fino agli elettrici e ai politici, riuniti attorno ad un tavolo per gestire in modo sostenibile la cosa, perché l’acqua sia garantita a tutti. Le decisioni politiche siano lungimiranti. Questo problema non si risolve nel giro di un anno. Per creare infrastrutture come gli invasi di cui parlavo prima occorrono anni.

È urgente preservare l’acqua dolce che è diventata oro.

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