Covid: che cosa ha insegnato?

Istituita con la legge n.35 del 2021 la Giornata nazionale in memoria delle vittime del Covid-19 è entrata nel calendario nazionale con la data del 17 marzo. Le persone uccise dal virus sono state circa 157.000, non si conosce il numero di quelle che hanno subito conseguenze più o meno gravi a livello fisico o psichico

(Foto ANSA/SIR)

Istituita con la legge n.35 del 2021 la Giornata nazionale in memoria delle vittime del Covid-19 è entrata nel calendario nazionale con la data del 17 marzo. Le persone uccise dal virus sono state circa 157.000, non si conosce il numero di quelle che hanno subito conseguenze più o meno gravi a livello fisico o psichico.

La Giornata si aggiunge ad altre ricorrenze e forma una catena di pensieri e di immagini attorno a momenti che hanno segnato e segnano la storia di un popolo, nella storia del mondo. Non è quindi un anello a sé stante, con la sua specificità attraversa il tempo e lascia più di un messaggio.

Fare memoria dell’esperienza del Covid in un momento in cui il virus non è ancora sconfitto significa chiedersi che cosa l’uomo abbia imparato da quei giorni di isolamento e di paura ma anche di solidarietà e di coraggio.

La risposta è impegnativa e mette in discussione lo slogan “andrà tutto bene” non perché allora non avesse significato ma perché la realtà dice oggi che non tutto è andato bene. La solidarietà di medici, personale sanitario e volontari ha avuto riconoscimenti pubblici ma ha anche incontrato ostacoli nell’essere, senza salire in cattedra, una testimonianza educativa.

Quei gesti sono stati molte volte interpretati come eroismi cioè come atti straordinari e quindi possibili solo ad alcune persone mentre sono atti che fanno grande l’uomo che ogni giorno trasforma il dovere in un atto di amore.

Anche l’appello alla libertà a fronte delle misure di sicurezza sanitaria esige una rilettura. Su quali fondamenti, su quali valori, con quali obiettivi si costruisce e si sviluppa la libertà? Sono domande da riprendere con onestà intellettuale e con l’occhio alla Costituzione.

Infine, il tema della scienza intesa come una magia capace di risposte immediate e non come una ricerca mossa dall’intelligenza dell’uomo. La scienza non è arrogante, è umile, riconosce la propria forza e nello stesso tempo ammette i propri limiti. La scienza non si è posta e non si pone sul piedestallo dell’onnipotenza. Altri lo hanno fatto commettendo un errore.

La scienza è un dono ed è una responsabilità, coinvolge l’intelligenza e dialoga con la ragione. Ma quali sono le radici e le ali dell’intelligenza, della ragione e quindi della scienza? Quale posto occupa la fede in questo dialogo? La Giornata in memoria delle vittime del Covid lascia aperte molte domande e questo è un bene perché aiuta a valorizzare le lezioni del passato e a renderle generative di speranza, di futuro migliore.

Non sarà facile dar vita a un nuovo inizio anche guardando le atrocità di una guerra che si è innestata su una pandemia. Ben venga allora una Giornata che suscita domande, che provoca inquietudine, che indica le direzioni per incontrare le risposte, che affida alla coscienza il ruolo di bussola nel groviglio dei sentieri della vita. Ben venga una Giornata che a nome e per conto delle vittime inauguri un nuovo inizio aprendo le porte alla speranza che la malattia e il male hanno tentato e tentano di chiudere.

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