L’inflazione cresce in Italia e in Europa: puntare sulle riforme e sulla lotta al Covid

L'economia italiana deve continuare a crescere e deve consolidare questa crescita oltre il rimbalzo post-crisi. Solo così riusciremo a tenere in equilibrio i conti pubblici anche a fronte di un debito maxi. Ma il giudizio su questa crescita dipenderà in primo luogo dalla sua capacità di attivare tutte le energie presenti nella società e di ridurre quelle disuguaglianze e quelle fratture che la crisi pandemica ha reso ancora più dolorose di quanto già non fossero

(Foto ANSA/SIR)

Era dal settembre 2012 che l’inflazione non saliva a un livello così alto. L’aumento dell’indice dei prezzi al consumo registrato dall’Istat a ottobre e comunicato nei giorni scorsi – pari al 3% su base annua – arriva dopo quattro mesi consecutivi di aumenti e dopo la stasi dei primi cinque mesi dell’anno. A dicembre 2020 la variazione era risultata addirittura negativa. C’è stata dunque un’impennata riconducibile in larga misura ai prezzi dei beni energetici che – sottolinea l’Istituto di statistica – contribuiscono per più di due punti percentuali all’aumento dell’inflazione. Il fenomeno non riguarda soltanto il nostro Paese e suscita più di qualche apprensione nelle cancellerie della Ue e tra i vertici delle autorità monetarie. La presidente della Banca centrale europea, Christine Lagarde, si è detta comunque convinta che nel medio termine l’inflazione si attesterà sotto quel livello del 2% che è l’obiettivo da perseguire secondo la “dottrina” monetaria della Bce. Ma davanti alla commissione Affari economici del Parlamento europeo ha ammesso che per rientrare nei ranghi occorrerà più tempo di quanto previsto in precedenza.

Un aumento dell’inflazione era prevedibile in concomitanza con la vigorosa ripresa economica che è seguita al crollo provocato dalla pandemia e che ha moltiplicato la richiesta di energia e materie prime. Ma questo aumento è un male o un bene?

In termini estremamente semplificati, l’inflazione viene considerata “buona” quando è correlata e proporzionata alla crescita dell’economia, quando ne è allo stesso tempo un sintomo e un sostegno. La situazione si complica quando questo equilibrio si incrina, tanto più in un mondo fortemente interdipendente e pesantemente condizionato dai comportamenti dei diversi soggetti in campo, che siano gli Stati o i colossi economico-finanziari. Al momento nell’area euro il quadro sembra sotto controllo, ma già hanno rialzato la testa i fautori di politiche restrittive che vedono nell’inflazione il pericolo assoluto, vorrebbero ripristinare quanto prima i vincoli dell’era pre-Covid e premono per un aumento dei tassi di interesse con l’obiettivo di “raffreddare” l’economia. Sarebbe una scelta disastrosa per tutti, fermo restando che il nostro Paese – a causa dell’alto debito pubblico – sarebbe particolarmente esposto alle conseguenze di una risalita dei tassi sui mercati internazionali, con effetti non soltanto sui conti dello Stato ma indirettamente anche sui finanziamenti richiesti da famiglie e imprenditori.

Si tratta di scenari ancora tutti da verificare ma intanto l’aumento dell’inflazione ha ripercussioni anche nell’immediato.

La Coldiretti, per esempio, ha lanciato un allarme sull’incremento dei costi provocato da rincari del gasolio arrivati fino al 50%. Probabile traccia di questo andamento è nell’aumento dei prezzi dei beni alimentari, la seconda voce dopo i beni energetici nella rilevazione dell’Istat. Più in generale, il rapporto diffuso dalla Confesercenti nel corso della sua assemblea annuale stima in 9,5 miliardi i minori consumi dovuti alla crescita dell’inflazione nei prossimi due anni. Secondo questo rapporto, alla fine dell’anno in corso il reddito medio delle famiglie italiane sarà ancora inferiore di 512 euro rispetto ai livelli pre-crisi. Colpa della pandemia ma anche di una dinamica occupazionale e salariale del tutto inadeguata: se con la ripresa i prezzi crescono, dovrebbero crescere anche le retribuzioni e i posti di lavoro, altrimenti le conseguenze sociali rischiano di essere devastanti. Per il nostro Paese non ci sono alternative: l’unico modo per restare agganciati al treno della ripresa è completare nei tempi previsti il percorso delle riforme individuate dal Pnrr e proseguire con determinazione e senza ambiguità nella lotta al Covid. Non ci possono essere cali di tensione e le forze politiche devono farsi carico di questa responsabilità a cominciare dalla legge di bilancio in discussione al Senato e dalle prossime scadenze istituzionali.
“Il prodotto nazionale lordo della Repubblica è frutto del lavoro, non di astratte alchimie finanziarie”, ha detto recentemente il Capo dello Stato. E ha aggiunto: “La ricchezza di un Paese si misura sulle opportunità di lavoro che sa offrire ai suoi cittadini”. L’economia italiana deve continuare a crescere e deve consolidare questa crescita oltre il rimbalzo post-crisi. Solo così riusciremo a tenere in equilibrio i conti pubblici anche a fronte di un debito maxi. Ma il giudizio su questa crescita dipenderà in primo luogo dalla sua capacità di attivare tutte le energie presenti nella società e di ridurre quelle disuguaglianze e quelle fratture che la crisi pandemica ha reso ancora più dolorose di quanto già non fossero.

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