L’ambiente, i diritti e il buon vicinato

“Non tutto ciò che è legittimo è anche buono e opportuno”. Iniziavo così l’editoriale de L’Azione del 7 marzo, commentando alcuni fatti occorsi in un comune della nostra diocesi, per ribadire il principio secondo il quale non tutte le richieste, sebbene legittime dal punto di vista legale, sono necessariamente anche buone ed etiche e, pertanto, da perseguire.

“Non tutto ciò che è legittimo è anche buono e opportuno”. Iniziavo così l’editoriale de L’Azione del 7 marzo, commentando alcuni fatti occorsi in un comune della nostra diocesi, per ribadire il principio secondo il quale non tutte le richieste, sebbene legittime dal punto di vista legale, sono necessariamente anche buone ed etiche e, pertanto, da perseguire.

Questo medesimo principio può essere invocato anche nel caso, tornato sotto i riflettori in questi giorni, del vigneto di Premaor nel Comune di Miane (Tv). In breve i fatti: nel luglio del 2019, un bosco trentennale che si trovava su una collina a ridosso del centro abitato di Premaor viene raso al suolo per fare posto ad un nuovo vigneto, presumibilmente per la coltivazione di Glera per il Prosecco. Si apre così un contenzioso che diventa presto anche giudiziario: da una parte, i proprietari del terreno, insieme al Comune di Miane e alla Regione Veneto (che avevano dato il via libera all’operazione); dall’altra, alcune famiglie di Premaor, preoccupate – oltre che della distruzione del bosco – anche dell’inevitabile deriva dei fitofarmaci, una volta messo a dimora il vigneto. La vertenza è arrivata ad un primo approdo lo scorso 7 dicembre, con la sentenza del Tar che si è espresso a sfavore della richiesta delle famiglie di Premaor di annullamento dell’opera di allestimento del vigneto e, conseguentemente, ha stabilito il risarcimento dell’altra parte in causa (proprietari, Comune e Regione) per un totale di 7.320 euro, più le spese processuali. Per le famiglie che hanno intrapreso l’azione legale si è trattato di una vera e propria doccia fredda, anche se hanno incassato il sostegno della comunità di Premaor e di diverse associazioni ambientaliste, tra le quali il comitato “Marcia stop pesticidi”. Con i fondi raccolti grazie a libere donazioni, le famiglie hanno fatto fronte alle spese e hanno deciso di portare avanti la loro battaglia, ponendo la questione al Consiglio di Stato.

Nei giorni scorsi, sul vigneto di Premaor, è intervenuto anche il parroco di Miane, don Maurizio Dassie, con un forte messaggio sul foglietto degli avvisi, di cui riportiamo due brevi passaggi: «Esprimo la mia personale e totale vicinanza e solidarietà alle quattro famiglie di Premaor che circa due anni fa hanno vissuto il taglio di un bosco alle spalle delle loro abitazioni. La “politica dei forti”, che è sempre “politica” dei vili, dice: “Se non vi va bene, cambiate casa”. Solidale e vicino a favore della vita, della salute, del creato, senza essere contro nessuno». «Ricordo poi – ha soggiunto – a chi e per chi si professa cristiano che la Parola di Dio è considerata sacra, e la prima Parola di Dio è la creazione; e chi, da “buon credente” inquina, sfrutta e distrugge la creazione va contro la parola di Dio».

Il “caso” Premaor invita a ripensare in profondità le modalità di approccio a questo tipo di problematiche. Non è sufficiente il ricorso al principio della proprietà privata (“sul mio, faccio quello che voglio”), né a quello della mera applicazione della legge (“la legge mi permette di farlo”). Che obiettivo può essere quello che si ottiene a costo di creare tensioni, sfiducia e opposizione nei propri vicini?

Nel messaggio per la Giornata per la custodia del creato 2021, uscito nei giorni scorsi, i vescovi italiani affermano che «il cambiamento si attiva solo se sappiamo costruirlo nella speranza, se sappiamo ricercarlo assieme: “insieme” è la parola chiave per costruire il futuro… è il bene comune che torna ad essere realtà e non proclama, azione e non solo pensiero ». Non si vede altra strada, pertanto, se non quella di avviare un dialogo reale tra le parti che sappia cogliere le esigenze di chi vuole mettere a frutto il proprio lavoro di coltivatore ma anche le preoccupazioni di chi ha a cuore la salvaguardia della salute e dell’ambiente. In quest’ottica di “bene comune”, le istituzioni e – come auspica don Maurizio – anche la comunità cristiana possono e debbono intervenire più coraggiosamente per definire delle “regole di buon vicinato” a tutela di tutti. La via del dialogo, lo sappiamo, non è affatto facile. Ma quella del ricorso soltanto al diritto e alla legge non è per nulla sufficiente.

(*) direttore “L’Azione” (Vittorio Veneto)

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