Ce la farà Mario Draghi a ridare all’Italia un governo buono a gestire le gravi emergenze del momento, la campagna vaccinale, le sofferenze del lavoro, la crisi sociale ed economica, il crescere smisurato del debito pubblico?
L’euforia seguita all’incarico che Mattarella ha assegnato all’ex presidente Bce, non ha ancora trovato riscontro nella indispensabile disponibilità delle forze politiche che siedono in parlamento. Perché la sua scelta, che ha preso in contropiede i partiti, scompagina tanto la maggioranza quanto lo schieramento di centrodestra.
Solo nelle prossime ore si capirà se in parlamento, Camera e Senato, esiste una maggioranza disposta a sostenere l’esecutivo Draghi.
Il mondo politico non ha ancora elaborato il lutto della caduta del Conte 2, iniziata nell’incredulità generale e precipitata nel peggiore dei modi. Con la dichiarazione di fallimento delle forze politiche che l’avevano creato e sostenuto. A cominciare dal partito di maggioranza relativa, il Movimento 5Stelle che di governi Conte ne ha sostenuti due, per arrivare alla Lega di Salvini che non aveva l’alleanza con i 5Stelle nella prima parte della legislatura. Un doppio fallimento del populismo nato antieuropeista e ora costretto a reinventarsi europeista (o quasi) per sopravvivere a se stesso. Ma in tempi e modi diversi, tutte le forze politiche, Pd e Italia viva compresi, sono corresponsabili del fallimento. La responsabilità di Renzi nella caduta del governo è fuori dubbio, ma è altrettanto evidente che i temi da lui posti al centro del contenzioso erano e restano ineludibili. E che il Pd se li sia lasciati scippare del tutto proprio dal suo ex segretario, testimonia la debolezza del partito di Zingaretti.
Resta da capire se l’obbiettivo prioritario di Renzi non fosse proprio quello di mandare a casa Giuseppe Conte, rimasto abilmente in sella per 32 mesi. Alla guida di due maggioranze di segno e obbiettivi opposti è anche riuscito a raggiungere una notevole popolarità grazie alla buona gestione della prima fase della pandemia e alla ribalta europea dove l’Italia, con lui e la seconda maggioranza 5Stelle-Centrosinistra, ha recuperato affidabilità e una montagna di finanziamenti (ancora da incassare ma disponibili). Ma Conte è caduto anche lui vittima della presunzione di essere invulnerabile e indispensabile, autolegittimandosi a imporre le sue scelte senza troppo confrontarsi con le forze che lo sostenevano.
Quanto accaduto, per gli italiani oggi non ha molta importanza. Con motivata preoccupazione, guardano piuttosto al futuro. Ed è stato il presidente della Repubblica a interpretare con lucidità il sentire degli italiani. Rifiutandosi di mandare il Paese ad elezioni senza prima tentare di dar vita a un “Governo del Presidente” affidato a Draghi. Chiamando tutti i partiti alla responsabilità di sostenerlo per dare al Paese un governo autorevole e credibile nell’affrontare le emergenze in corso e condurre a buon fine il grande piano europeo finanziato dall’Unione.
Per il prestigio di cui gode sulla scena nazionale e internazionale, dove è riconosciuto come l’uomo che alla guida della Bce nel 2012 ha salvato l’Euro e l’Europa, Mario Draghi è la risorsa migliore che l’Italia può spendere. Mattarella lo ha scelto per questo. E nessuna forza politica può dubitare del senso di questa scelta o rispondere alla leggera.
Come Mattarella, gli italiani, in larghissima maggioranza contrari alle elezioni (su questo concordano tutte le rilevazioni e i sondaggi), hanno ben chiaro che prima di ogni calcolo politico deve essere posto l’interesse del Paese. Ora tocca al Parlamento e alle forze politiche che vi siedono, nessuna esclusa, decidere se allinearsi a questo interesse preminente oppure prediligere ancora una volta gli interessi di bottega.
Le vicende di queste ultime settimane o l’immediata presa di distanza di alcune forse politiche, come Fratelli d’Italia che già si è chiamato fuori chiedendo l’immediato ricorso alle urne, insegnano che non c’è nulla di scontato. Nemmeno per Draghi.
Nuovo governo o elezioni dunque, ma comunque vada, nulla sarà più come prima. Forze politiche e alleanze sono destinate a scomporsi e ricomporsi in modi del tutto imprevedibili. La fine del Conte 2 chiude definitivamente una fase politica e ne apre un’altra completamente nuova. Non necessariamente peggiore, non necessariamente migliore.
(*) direttore “La Guida” (Cuneo)

