La patrimoniale fa paura? Almeno esaminiamola

Sembra che introdurre una tassazione patrimoniale faccia paura. Fa paura ai super agiati, fa paura ai Governi che la devono proporre, fa paura ai partiti che la devono approvare. Fa paura neanche a dirlo a chi la dovrebbe pagare ma anche a chi è ben lontano dai possessi milionari. Spaventa perché non è mai chiara e, in genere, si ferma prima di entrare nel merito. Con delle ambiguità di fondo perché viene scambiata con il prelievo forzoso sui conti correnti, come avvenne con il sei per mille del luglio 1992

Sembra che introdurre una tassazione patrimoniale faccia paura. Fa paura ai super agiati, fa paura ai Governi che la devono proporre, fa paura ai partiti che la devono approvare. Fa paura neanche a dirlo a chi la dovrebbe pagare ma anche a chi è ben lontano dai possessi milionari. Spaventa perché non è mai chiara e, in genere, si ferma prima di entrare nel merito. Con delle ambiguità di fondo perché viene scambiata con il prelievo forzoso sui conti correnti, come avvenne con il sei per mille del luglio 1992. Per la patrimoniale non si è mai arrivati al dunque con una proposta ben definita dove ognuno potrebbe valutare a priori costi privati e benefici pubblici. Ogni volta che si riaffaccia, come in questi giorni, resta nell’aria e respinta come una minaccia, una battaglia ideologica. Anche in Europa è così: la forte Germania riuscì a imporla dopo la caduta del Muro (SolidaritatZuschlag) per poi ridurla mantenendo un prelievo solo alla fascia di ricchissimi. I Governi preferiscono appesantire sottotraccia le singole imposte piuttosto che sfidare l’impopolarità sui possessi immobiliari, societari e liquidi. Chiederne l’introduzione fa parte della battaglia politica, manda segnali.

Di cosa si sta parlando in questo momento? Di un emendamento alla Manovra 2021 che prevede l’abolizione dell’Imu e dell’imposta di bollo su conti correnti bancari e deposito titoli.

Verrebbe introdotta un’imposta dello 0,2% per chi ha da 500 mila euro a un milione in attività immobiliari, societarie e liquidità, dello 0,5% fra uno e cinque milioni , dell’1% fra 5 e 50 milioni e del 2% oltre i 50 milioni.

La proposta viene da un gruppo di parlamentari di maggioranza, non è sposata dai rispettivi partiti e non ripresa dal Governo. È osteggiata dall’opposizione.

È stato proposto da altri parlamentari di maggioranza anche un prelievo diverso e alternativo, denominato “Contributo di solidarietà” pari all’1,5%, chiesto ai contribuenti con 1,5 milioni di patrimonio (immobiliare, azioni e investimenti, liquidità) non calcolando però la prima casa.

Chi è contrario alle nuove tassazioni ricorda che il patrimonio è proprietà delle famiglie e può essere frutto di più generazioni, che un versamento obbligato segnala una grande precarietà dei conti del Paese, porterà incertezza per gli anni successivi anche se si assicurasse l’opzione dell’una tantum. Spingerà i più abbienti a trovare professionisti in grado di ridimensionare l’impatto. In Italia coloro che hanno un patrimonio finanziario (quindi immobili esclusi) superiore ai 500mila euro sono circa 1,5 milioni.

Per i fautori della tassazione straordinaria l’impatto non sarebbe così devastante per i più possidenti, risponderebbe a un’emergenza sanitaria ed economica, più in generale rientrerebbe in un concetto di progressività fiscale che è richiamata nella Costituzione (art 53 ). Sarebbe un segnale etico in un momento di grave difficoltà economica e sociale. Trasferirebbe la tassazione dal lavoro al possesso.

La pandemia (come rileva anche il Censis) sta rapidamente allargando la distanza fra i più ricchi e i più poveri, tra i garantiti e i meno garantiti. Chi ha risparmi investiti in modo corretto sta reggendo meglio e ottiene una pur minima remunerazione dei depositi. La stessa accelerazione digitale – scuola, lavoro, sanità – rischia di perdere per strada milioni di italiani (stimati in circa 6 milioni) privi di pc o con scarse capacità di muoversi in rete.

Il rischio di ritrovare nel post-Covid società più divise, tra grandi città e zone interne, lavoratori dipendenti e precari, fra chi ha tenuto e chi è entrato in povertà dovrebbe consigliare il Governo ad affrontare misure di riequilibrio. Stroncando la vasta evasione fiscale che si regge su attività non contabilizzate, individuando le elusioni fiscali che sfruttano le maglie larghe delle leggi e anche, senza pregiudizi ideologici, affrontando una modifica delle aliquote marginali. In Europa gli scaglioni sono sempre 4 o 5 come da noi, di tanto in tanto riaffiora qualche “Impot sur la Fortune” o simili. In Spagna si è scelta una tassazione dell’1% sui patrimoni oltre i 10 milioni. I Governi in genere preferiscono però le strade meno vistose, meno impopolari, con aumenti diversi su singole voci. In Italia è accaduto con le imposte di bollo sulle attività finanziarie, l’estensione di Ici-Imu e la tassa di successione.

La patrimoniale è un tabù e non si dice.

Sottotraccia e parzialmente è stata fatta. ​

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