Assegno unico: la Camera approva il disegno di legge. Ecco cosa prevede

Il provvedimento viene da lontano. Il Forum delle associazioni familiari si batte per l'assegno unico da anni, con una tenacia che non è mai venuta meno di fronte ai continui rinvii e alle promesse non mantenute. Adesso la misura viene a inserirsi nella strategia complessiva che il Governo ha recentemente elaborato nel cosiddetto Family Act, di cui l'assegno rappresenta uno dei pilastri principali. Ma in sede parlamentare c'è stato il concorso di tutte le forze politiche, di maggioranza e di opposizione, e questo clima collaborativo induce a ipotizzare che il definitivo passaggio in Senato possa essere rapido e positivo. Dopo di che l'esecutivo avrà dodici mesi di tempo per esercitare la delega ricevuta dalle Camere, che hanno anche fissato i criteri a cui i decreti legislativi di attuazione dovranno attenersi

Foto Calvarese/SIR

La lunga marcia dell’assegno unico e universale per i figli segna una tappa che autorizza ad avere qualcosa in più di una speranza. La Camera ha infatti approvato il disegno di legge-delega (noto come Del Rio-Lepri dai nomi dei deputati che nel 2018 hanno preso l’iniziativa parlamentare) in virtù del quale il governo dovrà istituire l’assegno e una serie di altre misure per favorire la natalità, sostenere la genitorialità e promuovere l’occupazione, soprattutto femminile. L’approvazione è avvenuta praticamente all’unanimità, con una sola astensione e nessun voto contrario. E questo è un evento nell’evento.
Il provvedimento viene da lontano. Il Forum delle associazioni familiari si batte per l’assegno unico da anni, con una tenacia che non è mai venuta meno di fronte ai continui rinvii e alle promesse non mantenute. Adesso la misura viene a inserirsi nella strategia complessiva che il Governo ha recentemente elaborato nel cosiddetto Family Act, di cui l’assegno rappresenta uno dei pilastri principali. Ma in sede parlamentare c’è stato il concorso di tutte le forze politiche, di maggioranza e di opposizione, e questo clima collaborativo induce a ipotizzare che il definitivo passaggio in Senato possa essere rapido e positivo. Dopo di che l’esecutivo avrà dodici mesi di tempo per esercitare la delega ricevuta dalle Camere, che hanno anche fissato i criteri a cui i decreti legislativi di attuazione dovranno attenersi.

Come sempre è cruciale la questione delle risorse. Per il momento si può contare sui fondi attualmente distribuiti tra le otto forme di sostegno in vigore, che in prospettiva saranno assorbite nell’assegno. Ma si calcola che occorreranno almeno altri 6-7 miliardi per rendere effettiva la riforma e quindi già dalla prossima legge di bilancio bisognerà compiere delle scelte concrete in questo senso.

Il disegno di legge consta di cinque articoli. Tra i “principi e criteri direttivi generali” si stabilisce che l’assegno sia assicurato per ogni figlio a carico con criteri di universalità e progressività e che l’ammontare di tale assegno sia modulato sulla base della condizione economica del nucleo familiare (Isee), tenendo conto dell’età dei figli a carico e dei possibili effetti di disincentivo al lavoro per il secondo percettore di reddito nel nucleo familiare. L’assegno sarà ripartito in pari misura tra i genitori. In caso di separazione legale ed effettiva o di annullamento, scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio, l’assegno spetterà, in mancanza di accordo, al genitore affidatario. Nel caso di affidamento congiunto o condiviso l’assegno sarà ripartito, sempre in mancanza di accordo, nella misura del cinquanta per cento tra i genitori.
L’assegno sarà corrisposto in forma di credito d’imposta o di erogazione mensile di una somma di denaro: su questo punto la delega parlamentare lascia al Governo la possibilità di scegliere. Viene inoltre stabilito che al momento della registrazione della nascita l’ufficiale dello stato civile debba informare le famiglie sui benefici a cui hanno diritto. Per il monitoraggio sull’attuazione della riforma e sul suo impatto, sarà istituito un organismo ad hoc a cui parteciperanno le associazioni a tutela delle famiglie maggiormente rappresentative.

Per quanto riguarda i “principi e criteri direttivi specifici”, questi sono i punti salienti messi in evidenza dagli uffici di Montecitorio:

1) Riconoscimento di un assegno mensile per ciascun figlio minorenne a carico. Il beneficio decorre a partire dal settimo mese di gravidanza. Per i figli successivi al secondo, l’importo dell’assegno è maggiorato.
2) Riconoscimento di un assegno per ciascun figlio maggiorenne a carico, di importo inferiore a quello riconosciuto per i minorenni, fino al compimento del ventunesimo anno di età e con possibilità di
corresponsione dell’importo direttamente al figlio, al fine di favorirne l’autonomia. L’assegno è concesso solo in presenza di determinate condizioni, vale a dire nel caso in cui il figlio maggiorenne frequenti un percorso di formazione scolastica o professionale; frequenti un corso di laurea; svolga un tirocinio ovvero un’attività lavorativa limitata con redditi complessivi inferiori a un certo importo annuale; sia registrato come disoccupato e in cerca di lavoro presso un centro per l’impiego o un’agenzia per il lavoro; svolga il servizio civile universale.
3) Per ciascun figlio con disabilità, riconoscimento di un assegno maggiorato rispetto agli importi per i figli minorenni e maggiorenni in misura non inferiore al 30 per cento e non superiore al 50 per cento, con
maggiorazione graduata secondo le classificazioni di condizione di disabilità. Riconoscimento dell’assegno per maggiorenni, senza maggiorazione, anche dopo il compimento del ventunesimo anno di età,
qualora il figlio con disabilità risulti ancora a carico.
4) Mantenimento delle misure e degli importi in vigore per il coniuge a carico e per gli altri familiari a carico diversi dai figli minorenni e maggiorenni.
5) Per quanto riguarda le condizioni di accesso, il richiedente deve soddisfare cumulativamente i seguenti requisiti: essere in possesso della cittadinanza italiana, ovvero essere un cittadino di Paesi facenti parte dell’Unione europea, o suo familiare, in quanto titolare del diritto di soggiorno o del diritto di soggiorno permanente, oppure ancora essere un cittadino di Paesi terzi in possesso del permesso di soggiorno Ue per soggiornanti di lungo periodo o di un permesso di soggiorno per motivi di lavoro o di ricerca di durata almeno annuale; essere soggetto al pagamento dell’imposta sul reddito in Italia; vivere con i figli a carico in Italia; essere stato o essere residente in Italia per almeno due anni, anche non continuativi, ovvero essere in possesso di un contratto di lavoro a tempo indeterminato o a tempo determinato di durata almeno biennale. Si prevede comunque la possibilità di derogare a questi vincoli per casi particolari.

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