Effetto Coronavirus. Banco Alimentare: “+40% cibo distribuito, nuovi poveri in aumento”

L'emergenza sanitaria per il Coronavirus, con le conseguenze del lockdown, si sta rapidamente  trasformando in emergenza sociale: “Abbiamo raggiunto il picco di aumento del 40% come media nazionale, con punte sicuramente più alte in Campania, Calabria e Sicilia”: a parlare al Sir è Giovanni Bruno, presidente nazionale del Banco Alimentare, la rete nazionale che da 30 anni raccoglie cibo da aziende e cittadini e lo distribuisce alle persone in difficoltà

In tutta Italia è boom di richieste e distribuzione di cibo a persone e famiglie in difficoltà. L’emergenza sanitaria legata al Coronavirus si sta velocemente trasformando in emergenza sociale, dai risvolti ancora più preoccupanti nel lungo periodo: “Abbiamo raggiunto il picco di aumento del 40% come media nazionale, con punte sicuramente più alte in Campania, Calabria e Sicilia”: è l’allarme lanciato oggi al Sir Giovanni Bruno, presidente nazionale del Banco Alimentare, la rete nazionale che da 30 anni raccoglie cibo (prodotti a lunga conservazione e freschi) da aziende e cittadini e lo distribuisce alle persone in difficoltà in tutta Italia. Sono 21 le sedi territoriali e almeno 7.500 le strutture caritative convenzionate che usufruiscono dei suoi servizi.  Normalmente vi operano 1800 volontari ma con il lockdown sono venuti meno gli over 65. Ora sono circa 1200-1300, grazie alla disponibilità dei giovani, tra cui molti che si sono avvicinati per la prima volta al volontariato. Fino ad un mese fa il Banco alimentare arrivava a soddisfare il bisogno di 1 milione e mezzo di persone in povertà. Oggi questo numero è destinato, purtroppo, a crescere ancora, con l’ingresso di persone e famiglie che mai prima d’ora avevano sperimentato questa condizione.

Giovanni Bruno, presidente nazionale del Banco Alimentare

Decine di telefonate al giorno. “Prima al nostro centralino nazionale arrivavano una o due telefonate di singoli cittadini – racconta Bruno -. Ora ogni giorno ci chiamano decine di persone. Sono preoccupate perché non sanno a chi chiedere aiuto, non sanno come sfamare i figli. Si vergognano di trovarsi per la prima volta in difficoltà”. Secondo Bruno l’uscita dalla crisi sanitaria non porterà automaticamente alla soluzione dei problemi sociali. Anzi, il contrario:

“Le cifre sono destinate ad aumentare. Bisogna tenere alta l’attenzione a lungo termine, altrimenti è a rischio la coesione sociale”.

Aumentano le richieste ovunque. Il Banco alimentare, come la Caritas e tante altre organizzazioni del terzo settore che operano nei territori, sono le prime realtà ad accorgersi dei mutamenti sociali.

A Cosenza, ad esempio, dalle 60 persone aiutate normalmente si è passati in due settimane a 600.

In Lombardia, ed è tutto dire, il Banco alimentare ha consegnato alle 60 strutture caritative convenzionate il 100% del cibo raccolto, pari a un centinaio di strutture. I nuovi poveri sono coloro che hanno perso il lavoro e non possono utilizzare lo smart working; le persone impiegate nel sommerso che non godranno di particolari sussidi o aiuti governativi e non hanno risparmi accantonati. Agli oltre 5 milioni di poveri registrati negli ultimi dati se ne stanno aggiungendo infatti molti altri, tra quei 3,7 milioni di persone che Istat stima come lavoro irregolare. Come pure i lavoratori a termine, saltuari, con attività domestiche, cifrati in 2 milioni. E tanti bambini che fino a qualche settimana fa facevano almeno un pasto regolare al giorno nelle mense scolastiche e oggi vanno ad accrescere la domanda di cibo richiesto ai Banchi.

Le persone sono smarrite. L’emergenza sanitaria, il lockdown, hanno prodotto anche grande disagio psicologico oltre che economico. “Le persone sono smarrite, non hanno punti di riferimento e non sanno a chi chiedere aiuto – spiega Bruno -. Per questo nelle prossime fasi sarà importante che il terzo settore sappia organizzarsi in partnership per dare risposte ai diversi bisogni, con il sostegno del profit e delle istituzioni”.

In partenariato con i Centri operativi comunali. Aumentano anche le realtà che si rivolgono al Banco alimentare per fare solidarietà nei rispetti territori. “Su questo punto siamo molto rigorosi, chiediamo grande serietà e facciamo verifiche – puntualizza il presidente -. Non tutti possono accreditarsi con noi: ad esempio se fanno discriminazioni sulle persone da aiutare o non devono soddisfare bisogni reali”. In questo periodo di emergenza la metodologia è un po’ cambiata perché è stato chiesto al Banco alimentare di conferire parte del cibo ai Centri operativi comunali (Coc) all’interno dei quali ci sono anche Protezione civile e Croce rossa italiana, “per cui non c’è il nostro controllo”.

A Palermo, ad esempio, in due settimane hanno conferito al Coc prodotti alimentari “pari a 75.000 euro in più rispetto al solito”.

Tutti ricordano gli episodi di alcune settimane fa, con gli assalti ai supermercati. E iniziano le file delle persone davanti ai Banchi dei pegni.

Tanta solidarietà. Il Banco alimentare ha perciò lanciato raccolte fondi e sollecitato le grandi catene di distribuzione a promuovere iniziative come la “spesa sospesa”. “Le industrie alimentari che solitamente contribuiscono hanno risposto con grande generosità – afferma Bruno -, aumentando le quantità. E sono arrivate aziende nuove, che prima non collaboravano. Non abbiamo avuto difficoltà a reperire cibo”. Tra le tante storie belle è in corso

la solidarietà dei detenuti nelle carceri, che hanno raccolto soldi per donare alimenti

tramite il Banco Alimentare. L’auspicio del presidente è che “una volta spenti i riflettori, come dopo i terremoti, la solidarietà a lungo termine non venga meno. La dimensione del cibo non è secondaria se si lavora in una logica di inclusione e coesione sociale”.

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