Scuola: ripartire dal buonsenso e dalla Costituzione

Nessuno oggi si preoccupa di riattivare il cosiddetto ascensore sociale, che come abbiamo potuto constatare nell’arco di quasi due secoli ha proprio nella scuola il suo propellente più importante. Ci si limita a fare il gesto dello struzzo, ovvero edulcorare i discorsi e la consapevolezza delle diseguaglianze crescenti. Che deve rimanere, per non disturbare il manovratore, un fatto statistico, e non curarsi nel concreto della vita delle nostre città e dei nostri quartieri. Salvo essere accettata come un dato fisso e inevitabile

Come sempre il polverone mediatico dura una settimanella e poi nessuno si occupa più di una questione di cui per qualche momento tutti parlano.
Proprio per questo è utile ritornare sul pasticciaccio dell’istituto comprensivo romano di “Via Trionfale”, i plessi di via Taverna, con i suoi “alunni appartenenti a famiglie del ceto medio-alto”, di via Assarotti, che “accoglie alunni di estrazione sociale medio-bassa e conta, tra gli iscritti, il maggior numero di alunni con cittadinanza non italiana” infine di via Vallombrosa “che accoglie, invece, prevalentemente alunni appartenenti a famiglie dell’alta borghesia assieme ai figli dei lavoratori dipendenti occupati presso queste famiglie (colf, badanti, autisti, e simili)”.
Il discorso sociologico, che è stato messo all’indice per la sua brutalità, ha comunque il merito di aprirci gli occhi. Ci dice con franchezza due cose: che le diseguaglianze ci sono, anzi crescono, e che ci si limita a prenderne atto. Che è il vero fatto grave: ma qui il discorso deve diventare politico.
Perché nessuno oggi si preoccupa di riattivare il cosiddetto ascensore sociale, che come abbiamo potuto constatare nell’arco di quasi due secoli ha proprio nella scuola il suo propellente più importante. Ci si limita a fare il gesto dello struzzo, ovvero edulcorare i discorsi e la consapevolezza delle diseguaglianze crescenti. Che deve rimanere, per non disturbare il manovratore, un fatto statistico, e non curarsi nel concreto della vita delle nostre città e dei nostri quartieri. Salvo essere accettata come un dato fisso e inevitabile.
Calato il polverone allora per l’utenza (come si dice nel gergo burocratese, ovvero gli alunni e le famiglie) di via Assarotti tutto resterà come prima, anzi, ringrazieranno per l’ulteriore penalizzazione. Basta un po’ di bianchetto informatico sul sito e tutto può procedere senza che nessuno si stracci più mediaticamente le vesti.
Però proprio in questi giorni la Caritas di Roma ha presentato, curata dal professor Mario Pollo, una ricerca su “Progetti e sogni di adolescenti e giovani romani” che reca un titolo raggelante: “Il futuro negato”: sono riportate le vive voci di decine di adolescenti delle scuole e delle parrocchie romane organizzati in 16 focus group. Possiamo toccare con mano il fossato che si sta creando proprio nelle scuole e tra le scuole, segno di una società che ha bisogno di interventi forti ed urgenti.
Ecco allora un programma semplice semplice. Utenze differenti, sia pure, ma bisogna che obiettivi e, almeno in tendenza, risultati siano uguali per tutti. Rifuggendo dalla tentazione di livellare tutti al basso, ma piuttosto all’alto e così valorizzando e promuovendo “capaci e meritevoli”, senza guardare al ceto sociale dei genitori. Basterebbe ripartire da qui: ovvero dal buon senso e dalla costituzione. Con indirizzi ministeriali chiari, controlli e interventi effettivi a livello regionale e locale. Smantellando urgentemente le troppe sovrastrutture imposte alla scuola di ogni ordine e grado da decenni di dibattiti inconcludenti.

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