Tor Vergata, respirare con il battito di Dio

Una riflessione sulle giornate del Giubileo dei giovani. Il senso di appartenenza dei ragazzi, l’indicazione del Papa sulla centralità di Cristo e l’orizzonte della santità: "Non accontentatevi di meno"

(Foto Siciliani - Gennari/SIR)

«È stata una bellissima esperienza vivere queste giornate insieme a tante persone che respirano con lo stesso battito di Dio». Credo che queste parole di uno dei partecipanti al Giubileo dei giovani, conclusosi ieri, 3 agosto, possano restituire meglio di ogni altra considerazione il senso di un convenire e di un condividere tempo, speranze, sorrisi, sogni e fatiche che ha avuto il momento culminante nella due giorni a Tor Vergata con Leone XIV. Parole che forniscono un orientamento a chi si chiede di cosa fossero alla ricerca tutti quei ragazzi che hanno pacificamente invaso Roma per una settimana e anche a chi si domanda se abbiano ancora senso i grandi raduni mondiali di giovani.

Ciascuno dei ragazzi portava dentro di sé un desiderio, dal sogno di pace di coloro che provenivano da Paesi in guerra come l’Ucraina all’attesa per i peruviani di Chiclayo venuti a salutare il “loro” Papa, al “miracolo” di Renata, arrivata da una favela brasiliana e «abbracciata dalla grazia» a Tor Vergata. Solo alcuni esempi di ciò che muoveva questi ragazzi, e in loro è maturato in queste giornate un senso di appartenenza a un “popolo” che davvero respirava con lo stesso battito di Dio. A Tor Vergata, ha detto un altro ragazzo, «si è sentita una fratellanza che non si può vedere in nessun altro posto».

È l’importanza dell’esperienza di «una compagnia affidabile», come Benedetto XVI definiva la Chiesa, che già altri giovani più grandi di età e i loro educatori avevano sperimentato in altre occasioni, dalla Giornata mondiale della gioventù del 2000 ad analoghe situazioni. I ragazzi di Tor Vergata del 2025 sentono che l’appartenenza «non è lo sforzo di un civile stare insieme», come cantava Gaber, «non è il conforto di un normale voler bene, l’appartenenza è avere gli altri dentro di sé». Seongmee, giovane sudcoreana, durante la notte di Tor Vergata, si era addormentata profondamente e non si era neppure resa conto dell’acquazzone improvviso; i suoi amici l’hanno coperta con alcuni teli e grazie al loro aiuto ha potuto dormire bene. «Avere gli altri dentro di sé», appunto.

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